Il "momento Weimar" della Germania
Perché siamo arrivati alla più intrattabile crisi della storia politica tedesca recente. Il punto della New York Review of Books (4/12)
Il recente stallo nelle discussioni sulla coalizione di governo, a Berlino, ha inaugurato la più intrattabile delle crisi politiche tedesche dell’epoca moderna” ha scritto sulla New York Review of Books lo storico di Harvard Charles Maier. “Nonostante tutte le salvaguardie istituzionali del sistema post bellico tedesco, progettate per impedire a partiti estremisti di entrare in parlamento, i risultati delle elezioni di settembre ricordano distintamente quelli dell’elezione per il Reichstag del settembre 1930.
Sia chiaro: Berlino non è Weimar, se non altro perché la costituzione post bellica non prevede in nessun caso il governo per decreto. Questa legislatura, o quella che verrà in seguito a nuove elezioni (mal viste da tutti i maggiori partiti) deve fondarsi su una coalizione, che in ogni caso sarà fragile. La costituzione di Bonn del 1949 fu progettata per assicurare la stabilità centrista della politica tedesca. Nel corso dell’evoluzione delle condizioni della Germania unita, tuttavia, si è prodotto qualcosa che ricorda da vicino le tendenze elettorali degli ultimi anni dell’èra Weimar”.
Proprio come allora, si ha un centro democratico frammentato tra i cristiani più o meno conservatori, i social democratici e i partiti delle classi medie e dei lavoratori indipendenti: i verdi e i liberali. Ci sono poi le ali di destra e sinistra radicale (Die Linke e Afd) in crescita, proprio come allora lo erano i comunisti e i nazionalsocialisti (Maier specifica che pur avendo dei membri che simpatizzano con il neonazismo, l’Afd non è assimilabile al vecchio Nsdap).
“Decenni di governi liberal democratici, nel dopoguerra, hanno fornito un potente esempio di stabilità politica. Tuttavia, i partiti dell’estrema sinistra e dell’estrema destra si vedono come vittime: Die Linke rappresenta quelli che nell’ex Germania dell’est si sentono tagliati fuori dall’unificazione; i membri dell’Afd, anch’essi radicati principalmente negli stati della vecchia Ddr, si sentono minacciati dagli immigrati – sopratutto musulmani – e dalle élite cosmopolite. I critici di Weimar stigmatizzano la repubblica come ‘il sistema’.
Nel loro furore contro Bruxelles, che vedono come un’istituzione che consente a una sradicata élite cosmopolita di sopprimere le legittime comunità nazionali, la destra e la sinistra radicale odierne sono ostili a quello che potremmo definire un ordine paneuropeo di costituzionalismo liberale. Non conosciamo la destinazione finale delle forze populiste sprigionate nelle recenti elezioni. Forse nuove elezioni riveleranno che i risultati del 2017 erano un fuoco di paglia, destinato a brillare per un attimo per poi spegnersi. Nessuna analogia storica può predire cosa ci aspetta, ma il confronto con Weimar ci ricorda che le istituzioni democratiche non sono immuni al risentimento, alla demagogia e alla polarizzazione”.
Il Foglio internazionale