Gigante economico e nano in politica estera. Perché Merkel conta sempre meno
E’ Emmanuel Macron il nuovo signore in Europa. La cancelliera tedesca appare sempre più come una insegnante a scuola
Il partito di Emmanuel Macron non ha ancora un seggio al Parlamento europeo, ma quando il presidente francese è apparso nella sala plenaria del corpo a Strasburgo martedì scorso, sembrava già che ne avesse il controllo”. Così lo Spiegel in una inchiesta sulla debolezza senza precedenti della Germania in politica estera. “Macron ha stretto la mano a Federica Mogherini, il capo diplomatico dell’Unione europea, e a Jean-Claude Juncker, l’entusiasta presidente della Commissione europea, mentre alcuni parlamentari gli hanno fatto una standing ovation. Altri, nel frattempo, si sono nascosti dietro i cartelli che castigavano il presidente francese per aver partecipato agli attacchi missilistici in Siria. Nel frattempo, quasi esattamente nello stesso momento, la cancelliera tedesca stava cercando l’approvazione per le sue proposte politiche molto più modeste. Neanche cinque anni sono passati dall’ondata di saggi e articoli sul potere egemonico della Germania sul Continente. La fredda realtà, scriveva l’Economist, è che ‘la Germania è il potere in Europa che conta di più. Gli ottoni di Bruxelles, o Parigi, possono suonare quanto vogliono, ma finché la signora Merkel non è d’accordo, non succede nulla’.
E oggi? La Germania si ritrova di nuovo nel ruolo di spettatore nella politica internazionale. Il governo tedesco ha dovuto combattere per un posto al vertice anti-Assad che si terrà a Bruxelles. Quando si è arrivati alle sanzioni contro la Russia in risposta all’avvelenamento dell’agente russo Sergei Skripal, la Germania non aveva voce in capitolo. E nella Ue, Macron è ora al posto di guida. E’ più che simbolico che il presidente francese venga accolto a Washington con grande pompa, mentre la Merkel farà solo una breve ‘visita di lavoro’ alla Casa Bianca. Negli ultimi anni, la Merkel ha dissipato gran parte del suo capitale politico, in particolare con le politiche dei rifugiati che erano un affronto a quasi tutti gli alleati della Germania. Il paese sta attualmente vivendo una strana forma di regressione. Durante la crisi ucraina, è stata Merkel e non gli Stati Uniti ad aver preso l’iniziativa. Trump era stato appena eletto nel novembre 2016 quando il New York Times ha iniziato a descrivere la Merkel come essenzialmente l’ultimo difensore dell’occidente liberale.
La cancelliera ha ripetutamente respinto tali nozioni e in una certa misura ha avuto ragione a farlo. Dopotutto, è un paese che tiene lunghi dibattiti in Parlamento prima di poter schierare un solo soldato che difenda l’occidente. Quando Macron parla dell’Europa, lo fa con impegno, trasmettendo energia e passione. Balla come un pugile sul ring e sul leggio ci sono sei bicchieri pieni d’acqua. Durante la serata, ne berrà cinque e mezzo. Merkel, ovviamente, sente che sta avvenendo uno spostamento di potere. Le caricature in Grecia la raffiguravano con i baffi di Hitler durante la crisi del debito e le bambole della Merkel venivano bruciate in effigie. Ma era anche vista come una persona che non poteva essere aggirata se si voleva ottenere qualcosa in Europa. In questi giorni è Macron a cui tutti vogliono parlare”.
La Germania non c’era nello strike contro la Siria. “Macron non ha usato la stessa formula che aveva usato Obama quasi sei anni prima, il presidente francese ha lanciato missili contro Assad in seguito al presunto uso di armi chimiche all’inizio di aprile a Douma. Merkel è pienamente consapevole dello stato fatiscente della Bundeswehr, le forze armate tedesche, e sa che il popolo tedesco non vuole rimanere invischiato nei conflitti del mondo. Il pragmatismo di Merkel è sempre stato la fonte del suo successo. Fu solo quando mostrò un lato apparentemente idealistico durante la crisi dei rifugiati che la sua popolarità cominciò a scivolare. La cancelliera tedesca manca anche del chiaro talento di Macron per la drammaturgia. Merkel non avrebbe mai tenuto un discorso di vittoria di fronte a un simbolo nazionale come fece Macron la sera delle sue elezioni presidenziali, quando parlò di fronte alla piramide di vetro del Louvre, sostenuto dall’inno europeo, l’Inno alla gioia di Beethoven. L’ascesa di Merkel per diventare la regina d’Europa non fu affatto orchestrata – era un prodotto della logica della crisi dell’euro. Era la donna con più soldi, che le conferiva il potere a Bruxelles. Ha anche affrontato la crisi nello stesso modo in cui si comporta con gli altri: senza un piano generale, ma con una notevole comprensione dei dettagli. Alla fine, alla Grecia è stato permesso di rimanere nell’eurozona e l’Europa ha ottenuto un fondo di salvataggio.
Macron ha appena creato una nuova forza politica da zero e decimato i due partiti tradizionali della Francia, i socialisti e i conservatori, che per decenni hanno determinato il destino del paese. Quell’esperienza ha dato a Macron una fiducia in sé posseduta da pochi leader francesi dopo Charles de Gaulle. Se è stato in grado di rivoluzionare la Francia, allora perché non sarebbe in grado di fare lo stesso per l’Ue, l’Europa e, sì, le strutture di potere occidentali? Il presidente francese è riuscito a posizionarsi sia come antitesi del presidente Usa sia come il suo più stretto alleato. Fino a poco tempo fa, Merkel era stata considerata la donna che poteva sfidare uomini con ego esagerati come Erdogan, Putin e Trump, con la sua mente acuta, la sua attitudine ‘niente cazzate’ e il suo approccio a tenere le emozioni fuori dalla politica nella misura possibile. Ma anche le emozioni hanno un ruolo nella politica globale. Trump non ha dimenticato come Merkel lo abbia tenuto a lezione mentre si congratulava con lui per la sua elezione, ammonendolo a non perdere di vista valori come democrazia, libertà e dignità umana. Ora è Macron che è suo amico e la Merkel è rimasta l’insegnante della scuola. La cosa più importante è che la Germania deve rispondere a questa domanda: chi siamo?”
(traduzione di Giulio Meotti)
Il Foglio internazionale