La Francia rimanga in Francia!
Alain Finkielkraut su Causeur riflette sui guasti multiculturali e da immigrazione
"I feroci nazionalisti che, nella tradizione di Maurras, cantano ‘la Francia ai francesi’, considerano che uno può essere solo francese per nascita. Chiedere alla Francia di rimanere in Francia non è affatto la stessa cosa”. Così scrive Alain Finkielkraut.
“In un libro-inchiesta su un sobborgo di Parigi, Manon Quérouil-Bruneel evoca il caso di Alice, una graphic designer che ha scelto, con il suo compagno, di comprare un appartamento in un quartiere. La delusione di Alice fu immediata: ‘Siamo andati al panificio sotto casa, ho chiesto dello strutto, il ragazzo mi ha guardato come se fossi un alieno!’. Nel momento in cui includiamo i bistrot parigini nel patrimonio mondiale dell’umanità, il panino con il burro e prosciutto non è più un emblema, è una bestemmia. Porvi fine e garantire che la Francia resti la Francia dovrebbe essere una preoccupazione prioritaria per tutti i partiti politici nel nostro paese. Invece, questa preoccupazione è criminalizzata".
"Primo argomento: la Francia non è definita dalla morale, ma dai valori, non è un’identità, è un’idea, la bella idea dei diritti umani. Spetta quindi a essa mettere in pratica questa idea rispettando il dovere dell’ospitalità e se limita l’immigrazione la Francia cessa di essere la Francia. Secondo argomento: l’insicurezza è una fantasia, il numero di stranieri è stabile nel nostro paese. Terza discussione, i nuovi arrivati rigenereranno il nostro paese, la trasformazione di una società tetraplegica in una società multietnica è ciò che può accadergli di meglio. Nessuno di questi argomenti regge. Il nuovo mondo ha un volto feroce. Il compito della politica è quindi di preservare il vecchio e mantenere viva la civiltà francese in modo che la Francia possa ancora suscitare il desiderio. Oggi questo non è più il caso: la Francia, che era un faro, è diventata un ostacolo per i paesi dell’Europa centrale. Non diventare Marsiglia è l’obiettivo indicato dalla Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e ora la piccola Repubblica slovena. Ma al di là di questo contrasto geografico tra est e ovest, due sensibilità stanno emergendo e si affrontano in tutta l’Europa. Ci sono quelli per i quali la sovranità popolare è il bene supremo e coloro che difendono l’estensione dei diritti umani. Sotto lo stesso nome di democrazia, alcuni vogliono garantire la salvaguardia della comunità politica e culturale, gli altri vogliono proteggere le libertà individuali. A ogni opzione il suo rischio”.
Il Foglio internazionale