Vi racconto McCain come l'ho conosciuto
Niall Ferguson era amico e consigliere del leader repubblicano. Lo ha ricordato sul Boston Globe
"Nessun americano che ho incontrato mi ha impressionato più profondamente del senatore John McCain, al cui servizio funebre a Washington ho assistito”, scrive lo storico Niall Ferguson. “E’ stata un’occasione edificante, come si addice a un vero eroe americano, e sono felice che mio figlio di sei anni sia stato al mio fianco per testimoniarlo ed esserne ispirato. Ho conosciuto John poco dopo aver iniziato a insegnare negli Stati Uniti. Avevo appena pubblicato la mia breve storia dell’Impero britannico e, piuttosto con mia sorpresa, mi ha invitato a incontrarlo nel suo ufficio a Capitol Hill. Da avido lettore di storia, mi ha chiesto di suggerirgli alcuni libri da leggere durante i suoi voli regolari tra Washington e l’Arizona. Uno dei miei ricordi più cari di John è di essergli stato seduto accanto alla conferenza di sicurezza di Monaco del 2007, un evento a cui partecipava regolarmente. Quello fu l’anno in cui il presidente russo, Vladimir Putin, pronunciò un discorso straordinariamente infiammatorio, denunciando la politica statunitense in medio oriente e l’espansione della Nato nell’Europa orientale. Mentre Putin parlava, l’effetto su John era sismico. Potevo percepire un’eruzione, anzi, potevo vederlo mentre quel volto segnato dalla battaglia diventava di un rosso acceso. Non appena Putin si è seduto, John è balzato in piedi. ‘Non posso lasciarlo passare’, sibilò. ‘Ho bisogno di fare una dichiarazione’. Consapevoli che intendeva candidarsi per la nomination repubblicana l’anno seguente, io e altri cercammo di dissuaderlo”.
Ferguson ricorda quindi com’era visto e descritto, sulla stampa, il senatore repubblicano. “Il New York Times, in comune con il resto dei media liberali, ha avuto poche parole gentili da dire su McCain durante la sua campagna presidenziale del 2008. A quel tempo, il New York Times lo descriveva come ‘aggressivo’ e ‘irregolare’. Numerosi commentatori hanno insistito sul fatto che fosse troppo vecchio per il lavoro. Ora che è morto, naturalmente, il New York Times può ricordarlo con affetto come un eroe. La mia opinione è che la passione di McCain fosse una forza, non una debolezza, in un potenziale presidente. Aveva dimostrato una moderazione sovrumana nell’Hilton di Hanoi, rifiutando un rilascio anticipato da parte del Vietnam del Nord che gli avrebbe risparmiato anni di torture e privazioni. A quel tempo, la sua rabbia era inseparabile dal suo coraggio. Dopo che i vietnamiti del nord si resero conto di aver catturato il figlio di un ammiraglio, inviarono una delegazione per offrire a McCain un biglietto di ritorno. Se fosse stato eletto presidente – nel 2000 o nel 2008 – gli Stati Uniti e la democrazia in tutto il mondo si troverebbero in uno stato migliore di quello in cui sono oggi. McCain ha personificato l’ideale della repubblica romana e americana, il cittadino-guerriero. Ci mancherà. Ma vedremo di nuovo suoi simili”.
Il Foglio internazionale