Un Foglio internazionale
Al correttismo non replichi la stoltezza
“Basta con il pentimento memoriale e decoloniale”. Intervista al filosofo Rémi Brague
Emmanuel de Gestas, del mensile francese L’Incorrect, ha incontrato il filosofo Rémi Brague. L’intervista è stata pubblicata il 14 settembre.
L’abbattimento delle statue di grandi uomini europei come Colbert, Saint Louis, De Gaulle o Napoleone, e i tentativi di riscrittura della storia di Francia attraverso la lente razziale da parte dei movimenti decolonialisti vicini a Black Lives Matter sono dei segni di barbarie?
Non so se sia utile scomodare una nozione come quelle di barbarie per descrivere questi comportamenti. La parola “stoltezza” non è forse sufficiente? La stoltezza è sempre semplicistica, e quando passa all’azione si fonda sempre su un “non bisogna fare altro che, dobbiamo…”. La stoltezza elementare consiste nel ridurre un individuo o un gruppo a una sola delle sue dimensioni. Se si andrà fino in fondo, tra l’altro, ci sarà un bel lavoro da fare: bisognerà sbattezzare il Mali, paese che ha preso il suo nome da un impero schiavista; bisognerà ricordare che Spartaco, nell’insediamento di gladiatori fuggitivi che aveva fondato, possedeva degli schiavi; bisognerà cancellare alcune opere di Marx, ciò che ha scritto sui polacchi, etc. La peggior stoltezza è quella degli intellettuali (…), quelli che riducono l’infinita complessità della storia a un unico fattore: lotta di classe, dominanti e dominati, e ora bianchi contro neri. È così semplice: nessun bisogno di approfondire, di informarsi, di studiare la storia, il cretino di base è convinto di aver capito tutto. E nessun bisogno di uno sforzo morale per essere un po’ meno cattivo: basta essere di un certo colore di pelle (bianco una volta, nero oggi), o rivendicarsi come tale per credersi dal lato giusto.
In fondo, cos’è che differenzia un barbaro da un civilizzato? La cultura? La religione? Il nomadismo? Il rispetto degli antichi? Cos’è in realtà la barbarie?
“Barbaro”, si sa, è anzitutto un’onomatopea. Quando si ha a che fare con una persona di cui non si capisce la lingua, pensiamo che emetta dei suoni privi di senso: “br, br”. I greci chiamavano barbari coloro che non parlavano greco “come tutti”. La parola non aveva a quei tempi la connotazione negativa che poi ha assunto (selvaggio, brutale, etc.). La dimensione linguistica è interessante, ma a condizione di ribaltarla: il barbaro non è colui che non riesce a farsi capire da un auditore considerato civilizzato, quanto piuttosto colui che rinuncia a provare a capire, colui che non capisce che c’è qualcosa da capire. Il civilizzato coglie un significato lì dove il barbaro sente solo rumore. La cultura? Sì, ma a condizione di rispettare la natura che essa, come indica la parola, coltiva e conduce alla sua evoluzione. La religione? Sì, ma appunto solo se non è esclusivamente religione, senza cioè asservire l’intelligenza umana. Il rispetto degli antichi? Sì, ma non perché sono antichi, bensì perché hanno accumulato un tesoro di esperienza e di saggezza che mantiene il suo valore, un tesoro per ogni circostanza. Il nomadismo? Non so bene cosa intende, e dove situa la linea che separa i barbari dai civilizzati. Un tempo era il beduino saccheggiatore che passava per cattivo, e il lavoratore sedentario per buono. Oggi, è piuttosto l’anywhere che passa per persona più civilizzata del somewhere, fatto che mi lascia perplesso. La cultura non ha molto a che vedere con la sofisticazione tecnologica.
In che modo bisogna lottare contro i barbari senza diventare a propria volta come loro?
Effettivamente, può manifestarsi la tentazione di ricorrere a misure stupide per contrastare dei metodi che lo sono già abbastanza. Il contrario della stoltezza non è una stoltezza in senso contrario. Non ci si libera dalla dittatura del cosiddetto “politicamente corretto” andando sistematicamente contro di esso. Alcuni spiriti leggeri si lasciano trarre nella trappola della provocazione. Dunque, non bisogna perdere la pazienza, anche se la stoltezza è particolarmente irritante, e bisogna ristabilire la verità lì dove è stata calpestat.
Cos’è che può ancora salvare la nostra civiltà dalla barbarie?
Anzitutto una cosa molto semplice: delle misure di polizia severe per impedire l’abbattimento delle statue e punire coloro che commettono tali atti. Bisognerebbe che quelli che ci dirigono non siano più paralizzati dai dubbi sulla loro legittimità. Alcuni mostrano addirittura una certa compiacenza nei confronti degli abbattitori di ogni genere. Si può imbrattare con un tag una statua senza farsi vedere. Ma come si può giustificare il fatto che in pieno giorno qualcuno possa abbattere impunemente alcune di queste statue in mezzo a una folla? Quanto alle misure di fondo, serve un vasto programma: bisogna smettere di insegnare la nostra storia riducendola a una successione di crimini, riposizionando i fatti nel contesto mondiale. E se vogliamo assumerci le nostre responsabilità, battiamoci noi il petto piuttosto che battere quello dei nostri antenati, che non possonopiù difendersi. (Traduzione di Mauro Zanon)
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