Un Foglio internazionale
Un cardinale contro la “dolce morte”
"Una volta accettata la fine della vita per una certa misura di sofferenza, ci si troverà sempre di fronte alla domanda se non si debba permetterla anche per una sofferenza che è solo un po’ inferiore". L’arcivescovo di Utrecht Eijk sul pendio scivoloso dell’eutanasia
In un’intervista alla Catholic News Agency (Cna), il cardinale olandese Willem Eijk, arcivescovo di Utrecht, ha osservato che i criteri per la cessazione della vita sono diventati “sempre più estesi” nel suo paese a partire dagli anni Settanta. Ha detto di temere che, dopo le elezioni parlamentari di marzo, un nuovo governo possa accettare un disegno di legge che permetta il suicidio assistito a persone che credono semplicemente che la loro vita sia “compiuta”.
Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio internazionale, l'inserto a cura di Giulio Meotti con le segnalazioni dalla stampa estera in edicola ogni lunedì
“Questo implica che il rispetto per il valore essenziale della vita di un essere umano è stato sempre più eroso nell’ultimo mezzo secolo, il che era inevitabile – ha detto – perché, una volta accettata la fine della vita per una certa misura di sofferenza, ci si troverà sempre di fronte alla domanda se non si debba permetterla anche per una sofferenza che è solo un po’ inferiore”.
I commenti dell’arcivescovo di Utrecht sono arrivati quando l’ufficio dottrinale del Vaticano ha pubblicato una lettera che riafferma che l’eutanasia è “un atto intrinsecamente malvagio, in ogni situazione o circostanza”. Il documento, “Samaritanus bonus”, stabilisce anche le linee guida per i sacerdoti che offrono cure pastorali a coloro che sono determinati a porre fine alla loro vita per eutanasia o per suicidio assistito. Eijk ha citato la previsione di un esperto olandese di eutanasia che questo mese ha detto di credere che i casi raddoppieranno nei prossimi otto anni. “Se la sua previsione si rivelerà corretta, il numero annuale di casi di eutanasia arriverà nel 2028 a ben oltre 12.500, più dell’8 per cento del numero annuale di tutti i decessi. Non è improbabile che la sua previsione si avveri. Storicamente e culturalmente parlando, si può osservare un pendio scivoloso, nel senso che i criteri per la cessazione della vita sono diventati sempre più laschi nei Paesi Bassi a partire dagli anni Settanta. Alla fine degli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta l’eutanasia, senza alcuna aggiunta sempre definita come volontaria, ha cominciato a essere considerata accettabile nella fase terminale di una malattia somatica incurabile. Nel corso degli anni Ottanta si cominciò a considerarla eticamente accettabile anche prima della fase terminale. A metà dei Novanta ha cominciato a essere eseguita anche nei casi di malattie psichiatriche e demenza. Dopo il 2000, l’interruzione della vita ha avuto luogo anche nei neonati gravemente handicappati”.
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