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“Noi siamo l'istante, l'islam è eterno”

Henri Rey-Flaud analizza l’antagonismo tra l’occidente e la civiltà islamica

Un Foglio internazionale: ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera a cura di Giulio Meotti, con punti di vista che nessun altro vi farà leggere


  

Nel libro “La France s’éteint, l’Islam s’embrase…” (Puf), Henri Rey-Flaud, psicanalista e critico letterario, analizza l’antagonismo tra l’occidente e la civiltà islamica in termini di usi e costumi. Il peggio deve ancora arrivare? 

  

Causeur – Perché ha messo la maiuscola alla parola “Islam” nel titolo del suo libro? 

Henri Rey-Flaud – Perché l’islam con la minuscola è una religione, mentre l’Islam con la maiuscola è un movimento culturale e di civiltà che considero prodigioso. La grande differenza tra Islam e Europa occidentale è che quest’ultima si è costruita in venticinque secoli circa, mentre l’islam si è costruito in quattordici secoli. 

 

Emmanuel Macron ha ragione quando, in occasione del discorso a Les Mureaux (comune dove il presidente francese, lo scorso ottobre, ha tenuto il discorso di presentazione del progetto di legge contro il separatismo islamico, ndr), dichiara che bisogna “far emergere una migliore comprensione dell’islam”?

Quasi tutti gli esponenti politici non si rendono conto dell’attuale posta in gioco. Emmanuel Macron non ha la minima idea delle immense problematiche generate dall’incontro tra Islam e Occidente. Il re del Marocco, Hassan II, che era una mente superiore, è andato subito al cuore del problema! “I marocchini non saranno mai dei francesi”, ha detto in occasione di un’intervista con la giornalista Anne Sinclair. Lo stesso discorso vale per i tunisini, per gli algerini e per i turchi. Queste persone non saranno mai francesi, non perché ci sia un rifiuto da parte della Francia, bensì perché sono due culture antinomiche. Per riassumere il mio pensiero trovo appropriata una frase di Freud: “L’orso e la balena non si sono mai scontrati perché non si sono mai incontrati”. L’Islam e l’Occidente sono l’orso e la balena. 

 

Lei utilizza questa personificazione nella sua opera, e utilizza anche la metafora dell’“incerto matrimonio tra l’olio e l’aceto” (un riferimento al discorso di De Gaulle del 1959: “Cercate di integrare l’olio con l’aceto. Agitate la bottiglia. Dopo un secondo, si separano di nuovo. Gli arabi sono arabi e i francesi sono francesi”, ndr). Leggendo il suo libro, questo matrimonio sembra essere più che incerto…

Nutro una profonda ammirazione per la cultura musulmana e per l’Islam, penso tuttavia che il futuro della Francia non prometta bene. Prendiamo l’esempio del Marocco, che è un paese che amo molto e che conosco bene. Tra i miei amici e colleghi marocchini c’è un nocciolo duro che non può essere toccato. Scambiamo opinioni su molti temi, ma c’è sempre una sorta di parete di vetro che non permette di instaurare ciò che io definirei una comunicazione assoluta. L’Islam è una civiltà della certezza. 

 

Proprio su questa questione, può dirci qualcosa in più sull’opposizione che lei avanza tra il dubbio cristiano e la certezza islamica? 

La civiltà occidentale è stata fondata sull’esame di sé. “So di non sapere”, diceva Socrate. “Penso dunque sono”, diceva Cartesio. Freud diceva che i nostri pensieri non provengono da nessun altrove al di fuori della nostra persona. L’islam proviene dalla parola di Maometto, da ciò che gli è stato dettato dall’arcangelo Gabriele. Chiunque metta in discussione la parola di Allah è un bestemmiatore. E il sacro è ovunque nel mondo islamico, qualsiasi cosa si tocchi è dunque sacra. Gli arabi, nel loro intimo, sono animati da questa certezza. Ciò è radicalmente all’opposto del dubbio e dell’incessante esame di se stessi che sta alla base dell’Occidente. 

 

Qualcuno potrebbe sospettare che lei sia essenzialista…

Non so cosa bisogna intendere con questa parola. Ciò che ho scritto e che ribadisco è che l’avventura di Maometto è l’avventura più prodigiosa di tutta l’umanità. Un solo uomo ha creato uno slancio spirituale che ancora oggi si diffonde. 

 

Alcuni dicono che ciò è avvenuto attraverso la conquista…

La conquista avviene allo stesso tempo attraverso le armi e gli spiriti, le due cose sono completamente legate.  

 

In che cosa questa conquista sarebbe più prodigiosa di quella delle Americhe da parte di Hernan Cortés e Francisco Pizarro?

La conquista delle Americhe è stata realizzata da persone che andavano a conquistare delle terre che non conoscevano, mentre ciò che anima nel profondo la conquista islamica è che ogni terra è in attesa di essere annessa all’islam. Ne “Les Droits de l’homme selon l’islam”, testo presentato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, c’è scritto che “l’islam ha vocazione a diventare la religione universale dell’umanità”. Ciò significa che secondo questo testo il giorno in cui l’umanità condividerà la fede musulmana avremo raggiunto la fine della Storia. Maometto era un misero capo tribù in un paese desertico. Lui e i suoi successori hanno compiuto una conquista inaudita in pochissimo tempo. Basta vedere gli splendori di Cordoba per capire che questa civiltà è fantastica e non erano unicamente dei guerrieri. Colombo, Cortés e compagni, invece, erano soltanto degli avventurieri. 

 

Veniamo alla questione degli usi e costumi. “Quando sei a Roma, vivi come i romani”, avrebbe detto Sant’Ambrogio a Sant’Agostino. Questa massima non è valida per qualsiasi nazione del mondo, e in particolare per la Francia?

Gli arabi non vi diranno mai che in Francia vivranno come i francesi. Tahar Ben Jelloun ha scritto che tutte le nazioni arabe possono vivere in armonia con la Repubblica. Ciò significa che la Repubblica è talmente vasta da permettere a diverse forme di cultura di poter trovare in essa un luogo di accoglienza. Ma la Repubblica non è una conchiglia vuota! Adoro l’Italia e il Marocco. Mi sento più a casa mia in Italia che nel nord della Francia. Quando sono in Marocco, invece, faccio attenzione perché sono in un’altra cultura. 
 

Appunto, le persone che vengono dall’Islam non dovrebbero adattarsi alla cultura francese?

Non ci riescono proprio! De Gaulle diceva che non si poteva dare la cittadinanza francese agli algerini perché se si dava questa cittadinanza, gli algerini, allora francesi, sarebbero venuti in Francia. E ne ricavava la famosa formula, “il mio paese non si chiamerebbe più Colombey-les-Deux-Eglises, ma Colombey-les-Deux-Mosquées”. All’epoca, c’erano dieci milioni di algerini di discendenza e un milione di pieds noirs. Oggi l’Algeria ha quaranta milioni di cittadini, la popolazione è quadruplicata. Di questo passo, gli algerini saranno presto settanta milioni, e la popolazione in Algeria sarà più numerosa di quella francese in Francia. I sostenitori dell’Algeria francese erano completamente accecati, la partita era persa in partenza. Il generale De Gaulle, invece, era un visionario. 

 

Veniamo all’identità francese. La Francia è ancora colpita dal senso di colpa?

La Francia è in crisi di identità. Lo stesso vale per l’Italia. E anche l’irrigidimento identitario che osserviamo in Ungheria e in Polonia è rivelatore di una crisi d’identità. L’Europa non è riuscita a creare un’identità europea. All’epoca di Valéry Giscard d’Estaing o di Jacques Delors si pensava che fosse possibile. Oggi, penso che il grande slancio europeo sia esaurito. E la Francia si spegne, basta vedere il modo in cui i francesi vivono oggi il Covid. Lo slancio identitario che si è verificato in Francia ai tempi della Prima guerra mondiale non è nemmeno immaginabile oggi. Questi quattro anni sono stati terribili. Oggi, se dite alle persone che non potranno festeggiare il Natale, ritengono che sia liberticida. Non so in quale direzione stia andando la Francia, ma penso che avremo un grande colpo di scena prima delle elezioni presidenziali del 2022. Di che tipo? Non ne ho la minima idea, ma non accadrà sicuramente ciò che ci aspettiamo. 

 

Lei sottolinea un rischio di apartheid in Francia, ma non è già in corso?

È vero, è già cominciato. L’ideologia multiculturale si è sviluppata, ci sono state molte vigliaccherie e Emmanuel Macron ha esteso il ricongiungimento familiare ai fratelli e alle sorelle dei minori rifugiati. Anche il Consiglio d’Europa ha voce in capitolo sul ricongiungimento familiare.  I paesi come l’Ungheria, che sono particolarmente anti immigrazione, stanno per essere condannati per questo. In Francia, c’è stata l’ideologia cosiddetta umanitaria. Ci sono francesi di origine maghrebina che sono sempre più legati al loro paese d’origine. Parliamo di persone che hanno trenta, quarant’anni. 

 

Lei scrive che “fintanto che gli arabi parleranno arabo in Francia, nessuna integrazione sarà possibile nella comunità nazionale”. Ma le vecchie generazioni di nordafricani che non necessariamente parlavano bene francese danno l’impressione di essere più integrate dei giovani di cui lei parla…

Le persone di cui parlo mi hanno detto che i genitori avevano detto loro che la Francia era un paese che li accoglieva, che bisognava assolutamente imparare la lingua, gli usi e i costumi dei francesi, fondersi nella popolazione e essere riconoscenti verso il paese d’accoglienza. Parlano un francese impeccabile, senza nessun accento. Ma si sono sentiti sempre più maghrebini nel corso degli anni, sempre più stranieri nel loro paese e i loro figli sono totalmente ostili alla Francia. Ci stiamo dirigendo verso una scissione. 

  
C’è la possibilità di una guerra civile?

Siamo in una situazione totalmente instabile. La Francia si è spenta, ha perso la fede in se stessa e in Dio. La grande forza dell’islam è il fatto di essere una fonte di slancio. Oggi, in Francia, l’islam è praticamente l’unica sorgente di spiritualità. Si sviluppa perché sotto c’è un terreno fecondo. L’orizzonte proposto da De Gaulle è completamente scomparso, l’unica cosa che mobilita i giovani oggi è la festa. Noi viviamo nel godimento dell’istante, mentre l’Islam è proiettato nell’eternità. Ciò vale anche per il resto dell’Europa. Venezia, Firenze, Roma e Parigi sono città museo, mentre l’islam è vivo. Temo che l’islam sia la vena feconda nel territorio francese. E credo che una popolazione animata dalla spiritualità sia quasi sicura di vincere contro una popolazione i cui giovani non pensano ad altro che a godere dell’istante.  

 

Traduzione di Mauro Zanon

 

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