un foglio internazionale
Equità contro uguaglianza
La nuova visione progressista, scrive il Wsj, crea solo nuove disuguaglianze
Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, a cura di Giulio Meotti
"Nel suo primo giorno da presidente, Joe Biden ha diramato un ‘Ordine esecutivo per promuovere l’equità razziale e il sostegno alle comunità discriminate’. Adesso l’amministrazione Biden deve spiegare se questo impegno per ‘l’equità’ significa che intende abolire ‘il trattamento uguale davanti alla legge’”. Così inizia l’articolo di Charles Lipson sul Wall Street Journal: “Le loro risposte non fanno altro che aumentare la confusione. Il senatore dell’Arkansas Tom Cotton ha esplicitamente sollevato questo tema nelle audizioni dei membri dell’amministrazione. Merrick Garland, che è stato designato come attorney general, ha dato questa risposta: ‘Penso che la discriminazione sia moralmente sbagliata. Assolutamente’. Marcia Fudge, designata per guidare il Dipartimento delle politiche abitative e dello sviluppo urbano, ha dato una risposta molto diversa. ‘Giusto per essere chiari - ha chiesto Cotton - sembra che l’equità razziale significa trattare le persone diversamente sulla base della propria razza. Questo è corretto?’. Fudge ha risposto: ‘Non sulla base della razza, ma potremmo basarci sull’economia, potremmo basarci sulla storia della discriminazione che esiste da molto tempo’.
La risposta candida di Fudge ricorda le parole di un video e tweet postati da Kamala Harris poco prima delle elezioni e visualizzati da 6.4 milioni utenti: ‘C’è una grande differenza tra l’uguaglianza e l’equità’. Harris e Fudge hanno ragione. C’è una grande differenza. E’ la differenza tra il trattamento uguale e gli esiti uguali. L’uguaglianza significa trattamento uguale, competizione giusta ed esiti determinati in modo imparziale. L’equità significa esiti uguali, conseguiti se necessario attraverso un trattamento impari, una competizione limitata e un trattamento preferenziale. Quelli che spingono per l’equità hanno nascosto queste differenze cruciali per una ragione. Non sono meramente impopolari, ma sfidano il principio cardine americano secondo cui tutti dovrebbero essere trattati ugualmente e giudicati come individui, non come appartenenti a gruppi. La volontà di ottenere esiti uguali contraddice mille anni di legge anglo-sassone ed evoluzione politica.
Questo mina il principio dell’illuminismo che prevede lo stesso trattamento per individui appartenenti a diverse religioni o ranghi sociali. I padri fondatori americani presero spunto da queste radici intellettuali quando dichiararono l’indipendenza, dicendo che ‘è autoevidente’ che tutti ‘gli uomini vengono creati uguali’. Questa cultura, oltre alla mancanza di un’aristocrazia ereditaria, è il motivo per cui la parità di trattamento è radicata così profondamente nella storia americana. E’ il motivo per cui l’intento di trattare le persone in modo impari viene sepolto in lunghe disquisizioni che lodano l’equità e la giustizia sociale. Così vengono anche nascoste le misure illiberali necessarie a ottenere degli esiti egalitari. Solo un governo centrale forte può imporre i programmi, intensi e costosi, di intervento sociale, rieducazione ideologica e redistribuzione economica. Solo una burocrazia intrusiva può stabilire le regole per le aziende, le istituzioni pubbliche e le organizzazioni civiche. Queste implicazioni infelici sono il motivo per cui i paladini dell’equità sono così determinati a nascondere il significato reale di questo termine. Gli americani hanno chiesto a tutti i livelli di governo di non concedere più un trattamento preferenziale ai ricchi e ai potenti. Questa è semplicemente una richiesta di uguaglianza. Allo stesso modo, loro riconoscono che la parità di trattamento dovrebbe iniziare presto, ad esempio investendo nell’istruzione dei bambini.
Fin dai tempi del New Deal, la maggior parte degli americani hanno sostenuto una forma di protezione sociale per i poveri e gli svantaggiati. Ma questa rete di protezione non prevede che i minatori rimasti disoccupati ricevano lo stesso stipendio di chi lavora. Il dibattito è sempre stato su quanto dovesse essere ampia e prolungata questa rete di protezione per ogni beneficiario. Sono tutti d’accordo che nessun lavoratore deve essere licenziato sulla base della propria razza, genere o religione. Ancora una volta, questo va nella direzione dell’uguaglianza di trattamento. Ciò che stiamo vedendo adesso è diverso. Si tratta dell’idea che il trattamento ingiusto ai danni dei propri antenati o forse un’infanzia difficile diano il diritto di essere trattati in modo speciale da adulti o da giovani adulti. La maggior parte degli americani, che sono sia generosi che pragmatici, sono stati disposti a estendere alcune forme di protezione a chi si trova ai margini e per periodi limitati. Loro non vogliono trasformare queste concessioni in diritti acquisiti e permanenti, dando così un trattamento iniquo a diversi gruppi, anche se questi hanno subìto delle ingiustizie storiche. Una delle misure per giudicare il grado di impopolarità di questi programmi impari è la frequenza con cui i loro promotori gli cambiano nome. Le ‘quote’ sono state ribattezzate in ‘azione positiva’. L’obiettivo era sempre quello di concedere benefici ad hoc ad alcuni gruppi per ottenere gli esiti sperati. Ora anche l’‘azione positiva’ è diventata tossica, ed è stata ripudiata di recente dagli elettori della California ultra progressista. Ecco perché è stato coniato un nuovo nome, ‘equità’. Anziché esporre il loro scopo in modo aperto e onesto, i paladini dell’equità preferiscono nascondere il loro obiettivo radicale per ridisegnare la società attraverso la coercizione. Se i risultati non arrivano, come è d’altra parte inevitabile, il rimedio è ovvio: più soldi, più regole e più indottrinamento. Perché non ci dite chi riceverà questi benefici ad hoc e per quanto tempo? A spese di chi? Chi amministrerà questi programmi? Chi giudicherà se gli esiti sono abbastanza giusti? E quando avrà fine tutto questo? Dato che l’obiettivo finale è ottenere esiti egalitari, queste mancate risposte ci riportano alla domanda più difficile. L’equità non è solamente un nuova etichetta per descrivere il programma più vecchio per ottenere esiti egalitari? Il suo nome è socialismo”.
(Traduzione di Gregorio Sorgi)
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