Un Foglio Internazionale
Metodi di arruolamento dei giovani da parte dell'Impero del Bene
Dove arriva la cancel culture. La profonda frammentazione degli Stati Uniti ha ripercussioni in tutte le società occidentali, scrive Causeur
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La profonda frammentazione degli Stati Uniti, che colpisce le differenze etniche, generazionali e di genere, ha ripercussioni in Francia e in tutte le società occidentali. Lo spiega Olivier Amiel, secondo cui i regimi totalitari hanno sempre avuto l’ambizione di imporre la loro ideologia ai giovani, al fine di proporre una società nuova. Fermenti di tutti i deliri destinati a essere perenni, i corpi e gli spiriti dei bambini devono essere plasmati dai programmi scolastici del regime e dalla propaganda culturale di massa. Questo obiettivo di modellizzazione fin dalla tenera età si ritrova sia nella Hitlerjugend (gioventù hitleriana) sia nella Komsomol (gioventù comunista dell’Unione sovietica), così come in tutte le loro rielaborazioni. E oggi? Un nuovo totalitarismo non fa eccezione alla regola di questo adescamento dei giovani a fini ideologici. Si tratta dell’autoproclamato progressismo liberale, quello dell’“Impero del Bene” profetizzato da Philippe Muray.
Una mira imperialistica per imporre il Bene contro il Male: “Tutto ciò che ha definitivamente ragione contro tutto ciò che ha per sempre torto”. Questo totalitarismo è portato dai Woke. Poiché ritengono di essere i soli a essere coscienti delle discriminazioni che riguardano le origini (loro preferiscono parlare di razza…), i generi e i presunti dominati, pensando di avere il diritto di imporre una sola verità, la loro verità. Dimenticando la lezione dell’alterità come mezzo per mettersi nei panni dell’altro e in questo modo capirlo, preferiscono paradossalmente, in nome dell’alterità come fonte di scontro, voler mettere al bando l’altro se ha la sfortuna di pensarla diversamente da loro, e dunque non “pensare bene e come si deve”. Infatti, l’arma di questo totalitarismo moderno, anzi diciamo piuttosto contemporaneo, è quella di cancellare tutto ciò che non è conforme alla sua ideologia attraverso la pratica che da alcuni anni viene chiamata cancel culture e che Philippe Muray aveva già descritto nel 1991 come “il linciaggio” che “ora indossa maschere progressiste” (…) Cosa si cancella nell’attuale Oceania per plasmare i nostri bambini e silenziare il loro spirito critico? Anzitutto bisogna proteggerli dalle opere culturali del passato. Disney aggiunge avvisi a tutto spiano: “Questo programma include alcune rappresentazioni negative e/o trattamenti sbagliati nei confronti di alcuni popoli e culture”. Ciò riguarda per esempio gli indiani in “Peter Pan”, i gatti siamesi – dunque asiatici – negli “Aristogatti” e “Lilli e il vagabondo”, e persino i corvi in “Dumbo”, che sono razzizzati – come dicono i Woke – e rappresentano dunque uno stereotipo afro-americano.
Questa settimana, sei album del Premio Pulitzer e autore di libri per ragazzi molto popolare negli Stati Uniti, Dr Seuss, sono stati ritirati dalla vendita perché veicolerebbero dei pregiudizi razziali. Per le opere attuali, la paura di campagne denigratorie e la condivisione dell’ideologia dominante da parte di quelli che hanno i soldi per produrre contenuti – ossia i giganti di internet come Amazon, Netflix, etc. – genera un’autocensura molto efficace. Così, talvolta, si tenta di spingersi ancora più in là, come il New York Times, piccolo telegrafista dell’Impero del Bene, che si chiede senza ridere se bisogna cancellare Chase, il piccolo cane poliziotto eroe coraggioso della serie di cartoni animati per bambini “Pat Patrol”, perché “far conoscere la brutalità della polizia significa anche eliminare l’archetipo del bravo poliziotto che regna in televisione”. Bisogna inoltre proteggere i bambini non solo dalle opere, ma anche dai loro autori “malvagi”. La creatrice dei romanzi di Harry Potter, J.K. Rowling, diventa così un’orribile transfoba che bisogna boicottare perché ha osato affermare che una donna è una persona che ha il ciclo mestruale! (…) Come in tutti i fascismi, il presunto e autoproclamato progressismo vuole plasmare la gioventù al fine di perpetuare la sua ideologia. Iniziata molto tempo fa negli Stati Uniti, la battaglia sembra già persa oltreoceano. Forse non è ancora persa in Francia, dove la questione suscita dibattiti a monte di cambiamenti che sarebbero irreversibili. A “Cordicopolis”, città del monopolio del cuore, Philippe Muray ricordava che i francesi fortunatamente erano i “cattivi studenti”. Trent’anni dopo il suo pamphlet, si tratta di una pia illusione o di una speranza per combattere questo Impero del Bene che vuole fare del male ai nostri bambini?
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