un foglio internazionale
Alla nostra società manca la voglia di continuare a esistere e perseverare
Per il filosofo francese Pierre Manent gli errori della campagna vaccinale ci ricordano la nostra debolezza strutturale
Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, a cura di Giulio Meotti
Mentre il Regno Unito, gli Stati Uniti e Israele vaccinano senza sosta, l’Unione europea sembra soltanto gestire la penuria di vaccino. La crisi sanitaria sta forse demolendo l’idea secondo cui in gruppo si è più forti. “Se siamo così impacciati, è semplicemente a causa della complessità del dispositivo europeo” dice al Figaro Pierre Manent, direttore di ricerca onorario a l’Ehess. “L’Europa reale è un insieme di ventisette nazioni sovrane che hanno deciso di collaborare in vari campi, ognuna con le proprie risorse, le sue mancanze e i suoi modi di fare. Su questa realtà primordiale, abbiamo costruito la scenografia di un’Europa sognata, con in particolare una Commissione sprovvista di qualsiasi credito politico, ma che ufficialmente è incaricata dell’“interesse generale” europeo.
La sanità non apparteneva al suo mandato, ma la logica burocratica e ideologica ha fatto sì che si incaricasse di un compito che ha affrontato con i suoi metodi e secondo i suoi criteri, che non includono la rapidità. Lo stesso vale per il piano di rilancio Next Generation Eu da 750 miliardi di euro, che deve naturalmente essere ratificato dai parlamenti nazionali e di cui non è ancora stato versato nulla. L’Europa agisce in conformità con la propria struttura. Ciò che sorprende, è che ci si sorprenda”.
Più in generale, la pessima gestione della campagna vaccinale appare rivelatrice della debolezza dell’Europa. “Dalle sue origini, l’Unione europea si guarda come un processo indefinito che ha la benedizione della Storia. Procediamo come se avessimo l’eternità davanti a noi… Le contingenze e i rischi dell’azione non ci riguardano. Mai l’Europa ha accettato di far fronte a un’urgenza pratica, a un obbligo di agire, a una necessità di ottenere un risultato in un lasso di tempo ristretto. Gli insuccessi della campagna vaccinale non ci dicono nulla che non sapessimo già a proposito della sua debolezza strutturale”.
Si tratta di trovare le cause profonde di questo declino. Sono economiche, strategiche, politiche, di civiltà? “Ancora una volta, quand’è che l’Unione europea ha agito in maniera coerente, rapida ed energica? Si agisce energicamente quando si ha la sensazione che sia in gioco la sorte comune, che si è responsabili davanti ai concittadini che vi danno fiducia. E’ nel quadro delle nazioni che questa alleanza tra la fiducia dei cittadini e la responsabilità dei governanti si crea o non si crea. Prendete l’esempio della Brexit. Le negoziazioni tra il Regno Unito e l’Unione europea si stavano trascinando in maniera deplorevole. Gli esperti, gli informati, i ragionevoli prevedevano che l’eternità brussellese avrebbe avuto la meglio su quegli sbadati. Ma improvvisamente, rianimando l’energia e il buon senso del grande popolo politico, Boris Johnson ha deciso che era giunta l’ora di mettere in pratica ciò che aveva deciso: “Get Brexit done”! Gli elettori, in massa, gli hanno dato la loro fiducia. Ecco un esempio di governo rappresentativo! I paesi dell’Unione europea non vogliono più questa libertà né questa responsabilità. Custodiscono la loro impotenza perché garantisce la loro innocenza”.
La Francia appare particolarmente in ritardo e fra i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu è la sola a non aver prodotto il suo vaccino. E’ un fallimento congiunturale o anche in questo caso è il sinonimo di un declassamento storico? “Il sentimento di un declino proprio al nostro paese è ampiamente condiviso oggi. Un declino particolarmente profondo all’interno del declino dell’insieme dei paesi europei e occidentali (…). Ciò che colpisce nel caso della Francia è la prolungata indifferenza della classe politica al declino francese. Per esempio, avevamo una delle migliori industrie elettronucleari del mondo, che ci dava un vantaggio competitivo considerevole per la produzione di energia pulita e a buon mercato. Oggi si trova in una situazione penosa. Lasciamo che le competenze si sgretolino (…). Chi è responsabile di tutto ciò se non i piani alti della tecnostruttura pubblica e privata di cui eravamo tanto fieri?”.
Dinanzi alla crisi sanitaria, le restrizioni alla libertà sono ormai banalizzate in Francia e in Europa. Oltre alla crisi economica e sociale che tutti gli osservatori vedono arrivare, la pandemia non rischia forse di sfociare in una crisi democratica? “Fino a dove si spingeranno le follie dello stato gendarme? E’ vero, siamo di una straordinaria docilità (…). Il desiderio umano più profondo, quello di perseverare nell’essere, sembra che stia abbandonando il popolo che formiamo, così come gli altri popoli europei”.
(Traduzione di Mauro Zanon)
Il Foglio internazionale