Il foglio internazionale
Taiwan, il nuovo 1939
Niall Ferguson spiega che, caduta Hong Kong, l’isola sarà il cuore dello scontro fra America e Cina. Aiuta una storia di Isaiah Berlin
In un famoso saggio, il filosofo Isaiah Berlin prese in prestito una massima del poeta greco antico Archiloco: ‘La volpe sa tante cose, ma il riccio sa solamente una cosa importante’. Secondo Berlin, ‘c’è una grande differenza tra coloro che mettono tutto in relazione…. a un unico principio universale in base a cui tutto ciò che loro sono o dicono assume un significato – i ricci – e dall’altra parte coloro che perseguono molti fini, spesso slegati e persino contraddittori’ – le volpi”.
Così Niall Ferguson su Bloomberg. “Berlin parlava degli scrittori. Ma questa stessa distinzione può essere applicata alle relazioni internazionali. Oggi esistono due superpotenze al mondo, gli Stati Uniti e la Cina. La prima è una volpe. La sua politica estera è ‘frammentaria’ e si muove su più fronti. Al contrario, la Cina è un riccio: mette tutto in relazione ‘a una visione interna, unitaria e immutabile, onnicomprensiva e a volte auto contraddittoria e incompleta e altre volte fanatica’. Cinquanta anni fa l’arcivolpe della diplomazia americana, Henry Kissinger, si recò a Pechino per una una missione segreta che avrebbe fondamentalmente alterato l’equilibrio tra le potenze globali. Essendo una volpe, l’allora consigliere alla Sicurezza nazionale americano aveva molti obiettivi (…) Nel suo preambolo, Kissinger ha menzionato sei argomenti di discussione. Invece il premier cinese Zhou ha risposto come un riccio. A lui interessava solo un argomento: Taiwan. ‘Se questa questione cruciale non verrà risolta – disse a Kissinger fin dall’inizio – allora l’intera questione (dei rapporti tra America e Cina) verrà difficilmente risolta’. L’obbiettivo principale di Zhou era quello di persuadere Kissinger a riconoscere la ‘provincia di Taiwan’ come una ‘parte inalienabile del territorio cinese, che deve essere restituito alla madrepatria’. Avendo gli occhi su molti obiettivi strategici, Kissinger era disposto a fare le concessioni che gli venivano chieste dai cinesi. Gli Stati Uniti avrebbero riconosciuto la Repubblica Popolare come l’unico governo cinese normalizzando così le relazioni tra i due stati? Sì, ma dopo le elezioni del 1972. Taiwan sarebbe stata espulsa dalle Nazioni Unite e il suo seggio nel Consiglio di sicurezza assegnato alla Cina. Di nuovo, sì.
Andate avanti di cinquant’anni, e lo stesso argomento – Taiwan – rimane la priorità numero uno di Pechino. Per il riccio cinese, l’ambiguità americana – per cui gli Stati Uniti non riconoscono Taiwan come uno stato indipendente ma allo stesso tempo si fanno carico della sua sicurezza e di fatto della sua autonomia – è una situazione intollerabile. Negli ultimi cinquant’anni, la lista delle preoccupazioni della volpe americana è cresciuta mentre il riccio cinese ha aumentato i suoi sforzi per conquistare Taiwan. Per usare le parole del giornalista Tanner Greer, l’esercito cinese ha ‘eguagliato ogni sistema che può essere usato da Taiwan (o acquistato da noi in futuro) e in alcuni casi lo ha persino superato’. Da ex studente di storia, vedo una situazione molto pericolosa. La protezione americana nei confronti di Taiwan è diventata verbalmente più forte ma militarmente più debole. Quando un impegno viene descritto come ‘granitico’ ma in realtà ha la consistenza della sabbia, esiste un pericolo che entrambi i lati sottovalutano.
Non sono l’unico a essere preoccupato. L’ammiraglio Phil Davidson, il capo delle forze americane nell’Indo Pacifico, ha avvertito il Congresso che la Cina potrebbe invadere Taiwan entro il 2027. Qualche settimana fa Max Hastings ha scritto che ‘Taiwan evoca tra i cittadini cinesi lo stesso sentimento che Cuba evocava tra gli americani sessanta anni fa”. L’ammiraglio James Stavridis ha recentemente pubblicato il romanzo ‘2034: A Novel of the Next World War’, in cui l’accerchiamento navale cinese di Taiwan dà inizio alla terza guerra mondiale. Forse la parte più discutibile di questo scenario è la sua data, tra soli tredici anni. L’accademico Misha Auslin ha preconizzato una guerra navale tra America e Cina già nel 2025.
Robert Blackwill e Philip Zelikow – due vecchi studiosi e artefici della politica estera americana – hanno delineato quattro opzioni per gli Stati Uniti, delle quali l’ultima è la loro preferita.
Gli Stati Uniti dovrebbero preparare – almeno assieme al Giappone e Taiwan – un piano parallelo per contrastare un blocco cinese dell’accesso internazionale a Taiwan e fornire delle risorse belliche per aiutare Taiwan a difendersi da un’eventuale attacco di Pechino (…). Gli Stati Uniti e i suoi alleati dovrebbero reagire all’attacco rompendo tutte le relazioni finanziarie con la Cina, e congelando o requisendo tutti i beni dei cinesi nel loro paese. Blackwill e Zelikow hanno ragione che lo status quo è insostenibile. Però ci sono diversi argomenti contro la strategia della deterrenza. Il primo è che ogni mossa per rafforzare le difese di Taiwan provocherà una reazione stizzita dalla Cina, aumentando le possibilità che la guerra fredda diventi calda. Un altro problema è la riluttanza dei taiwanesi di trattare la loro sicurezza nazionale con la stessa serietà con cui gli israeliani trattano la sicurezza del proprio stato.
L’incontro in Alaska tra la delegazione americana e cinese ha confermato che l’èra della cooperazione tra Washington e Pechino, la cosiddetta ‘Chimerica’, appartiene al passato. Nei suoi commenti di apertura ai giornalisti, il direttore del ministro degli Esteri di Pechino, Yang Jiechi, ha spiegato che i ricci non hanno solamente un’unica idea, ma sanno essere anche molto spinosi. Gli Stati Uniti, ha detto, esprimono una doppia morale: farebbero bene a preoccuparsi dei loro ‘problemi atavici’ con i diritti umani, come il razzismo, anziché fare le ramanzine alla Cina. La domanda che resta è tra quanto l’amministrazione Biden si ritroverà a gestire la crisi Taiwan, e in che forma scoppierà. Se Hastings ha ragione, questa sarà la crisi dei missili cubana della seconda guerra fredda, ma a parti invertite. Se Stavridis avrà ragione, Taiwan sarà più simile al Belgio del 1914 o alla Polonia del 1939”.
Traduzione di Gregorio Sorgi)
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