un foglio internazionale
I fratelli Castro hanno distrutto un paese e ispirato gli altri bolivariani
Chiunque ancora pensi che a Cuba si vive bene può mettersi in fila e fare sette ore di coda per acquistare un pollo
Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere
"C’erano una volta due fratelli che governavano un’isola soleggiata dei Caraibi che hanno reso miserabile”. Così inizia l’articolo di Roger Boyes sul Times sui fratelli Castro, che per oltre settant’anni hanno governato Cuba, “raccontando al mondo che stavano creando un paradiso socialista. “Il regime comunista ha fatto aumentare il tasso d’istruzione e creato un sistema sanitario nazionale e una polizia segreta che chiude in carcere i dissidenti”.
Qualche settimana fa l’ottantanovenne Raul Castro, fratello dell’ex presidente Fidel che è morto nel 2016, si è dimesso dal vertice del Partito comunista. Il leader dimissionario, scrive Boyes, continuerà ad avere un’influenza importante sul suo paese ma la dinastia dei Castro, che ha ispirato il sentimento antiamericano che si è diffuso nei regimi di sinistra dell’America Latina, ha finalmente terminato il suo dominio. Chiedete un giudizio sul regime cubano a chiunque è costretto a fare sette ore di fila per un pollo, scrive il commentatore del Times secondo cui le file fuori dai negozi a Cuba ricordano le esperienze dei consumatori dell’est Europa negli anni Ottanta. L’appeasement con l’America di Obama ha migliorato la reputazione globale di Castro, che per un periodo non era più “Raul il Terribile”, lo spietato supervisore delle esecuzioni di massa, l’allievo del Kgb. Ma al di là di tutto Raul non era un riformista. Per il regime Castro la possibilità di avvicinarsi all’America e al libero mercato non era una promessa, ma una minaccia.
Quasi settant’anni dopo la rivoluzione cubana, il fervore ideologico evocato da Fidel Castro e rappresentato Che Guevara non è altro che un vecchio ricordo. Nel frattempo il crollo dell’Unione sovietica negli anni Novanta ha fatto in modo che il Venezuela di Chavez diventasse lo sponsor del regime cubano. Nel momento in cui il regime bolivariano è andato in bancarotta, Cuba è stata costretta a chiedere aiuto all’Iran e soprattutto alla Cina. Ma il regime di Pechino è solamente interessato alle terre e ai minerali rari o alla soia brasiliana - non vuole essere il bancomat della rivoluzione mondiale.
Tutta la regione si sta avviando verso un periodo di polarizzazione instabile. Ad esempio, il Perù dovrà scegliere tra l’ex sindacalista Pedro Castillo, che promette nazionalizzazioni e la rinegoziazione dei trattati commerciali, e la figlia dell’ex presidente autoritario Alberto Fujimori, che è stato condannato per corruzione. Così si sta evolvendo la politica sudamericana: vince chi riesce a catturare l’umore popolare, anche se non è in grado di tenere in piedi un governo.
“Questo potrebbe essere il destino che attende Cuba – conclude Boyes – Un partito-stato che non riesce a gestire nemmeno i problemi più elementari è destinato a implodere. Questa è stata la lezione dell’Unione sovietica. I Castro non hanno dato spazio ai loro oppositori e nessun sigaro esplosivo o assassinio ordito dalla Cia ha scosso il regime. L’isola, e tutto il Sud America che tanto aveva ammirato la loro sporca rivoluzione, sta andando incontro ai guai: un paradiso dei lavoratori perduto”.
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