Un Foglio internazionale
Quest'anno terribile per la pandemia è stato una manna per la censura
Abbiamo visto un’accelerazione di molte tendenze che erano già all’opera nella società. Big Tech e la necessità del dissenso. Scrive lo Spectator (29/4)
"L’ultimo anno ha accelerato molte tendenze verso cui le nostre società si stavano avviando da tempo", scrive Tom Slater sullo Spectator: “L’atomizzazione sociale, il declino delle attività e delle comunità locali e l’ascesa dell’interventismo statale. Tra le tendenze più preoccupanti c’è l’aumento della censura del Big Tech, che ha fatto in modo che una manciata di oligarchi della Silicon Valley possa decidere ciò che è vero”. In una seduta parlamentare con i vertici delle piattaforme digitali, racconta lo Spectator, è stata presa in esame un’affermazione di Martin Kulldorff, un professore alla Harvard Medical School e uno degli autori della Great Barrington Declaration, il manifesto anti lockdown. Il suo tweet lo scorso mese, suggerendo che non tutti dovessero essere vaccinati, specialmente chi è già stato contagiato, è stato giudicato ‘ingannevole’ da Twitter. I twittatori non hanno potuto interagire con il tweet, e gli è stato detto che ‘le autorità sanitarie raccomandano un vaccino per la maggior parte delle persone’.
Lo scorso novembre Facebook ha etichettato un articolo dello Spectator scritto da Carl Heneghan e Tom Jefferson del Centre for Evidence-Based Medicine dell’Università di Oxford come una ‘falsa informazione’. Qui abbiamo due giganti dei social media che di fatto intervengono in un dibattito scientifico”, scrive Slater. Kulldorff, Heneghan e Jefferson non sono dei complottisti o dei principianti che si avventurano in un territorio sconosciuto. Sono degli scienziati che dissentono e dei medici che ricoprono dei ruoli importanti in delle istituzioni rispettate. Katy Minsall, a capo delle politiche pubbliche a Twitter Uk, ha detto essenzialmente che qualunque cosa contraddica le indicazioni delle autorità sanitarie è considerata ingannevole dalla piattaforma. Twitter non sta invitando la gente a “farsi la propria idea”, ma sta etichettando alcune affermazioni come incorrette e impedendo che gli utenti possano interagire con esse. Dato che le autorità sanitarie hanno sbagliato molto durante la pandemia, questo sembra un criterio discutibile.
La censura sui social non è di certo una novità, scrive lo Spectator, però il Covid ha spinto i giganti tecnologici ben oltre i limiti che venivano considerati accettabili. Soltanto nel 2018, Mark Zuckerberg sosteneva che Facebook non dovesse censurare le teorie complottiste perché non era il suo compito stabilire cosa fosse vero. Ora Facebook e Twitter non censurano soltanto i negazionisti lunatici ma anche gli scienziati che dissentono dall’ortodossia ufficiale. “Questo è un disastro per la libertà di stampa”, conclude lo Spectator: “Anche se c’è un grande sostegno popolare per una certa politica, come il lockdown, il dissenso resta vitale. Se non altro perché costringe i potenti di turno a presentare le prove e affinare i loro argomenti. In tempi di crisi la libertà di stampa e più, non meno, importante. E tuttavia Big Tech ha imparato la lezione opposta. Il Covid è diventato il pretesto per aumentare il controllo”.
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