Un Foglio internazionale
Per la civiltà, la scrittura inclusiva è paragonabile alla distruzione dei paesaggi
Secondo Robert Redeker la scrittura detta “epicena” è il frutto di un’ideologia decostruzionista scrive il Figaro (13/4)
Nel nostro paese è in corso una catastrofe che lo sta ferendo a morte, nella sua anima, che è letteraria; questa catastrofe ha un nome: la scrittura inclusiva” scrive Robert Redeker, autore de “Les Sentinelles de l’humanité”. “La lingua è quella realtà che mette in relazione ogni uomo con il suo popolo. Lo sviluppo della scrittura inclusiva è chiamato a cambiare la natura dell’essere francesi. Dopo la scrittura inclusiva, non si potrà più essere francesi come prima a causa del suo dispotismo. I politici che in alcuni comuni provano a propagarla sono perfettamente consapevoli dell’obiettivo politico a lungo termine: cambiare l’identità nazionale francese. La scrittura inclusiva – prosegue Robert Redeker – segna la fine della relazione intima tra la Francia e la sua letteratura. Affinché la scrittura inclusiva si imponesse, è stato necessario anzitutto un indebolimento della lingua attraverso la decostruzione. E soprattutto che la lingua subisse la più infamante delle accuse, ossia quella di essere fascista. Gilles Deleuze e Roland Barthes si sono incaricati della denuncia che ha preparato la sua liquidazione”.
Secondo il libro di Deleuze, scritto a quattro mani con Guattari, “Mille Plateaux” (1980), argomenta Redeker, l’essenza della lingua sta nella parola d’ordine. E riporta alcune citazioni croccanti: “Il linguaggio non è fatto per essere creduto, ma per obbedire e far obbedire”; “una regola di grammatica è un segno di potere, prima di essere una regola sintattica”; “il linguaggio è trasmissione di una parola che funziona come parola d’ordine e non comunicazione di un segno come informazione”. Il linguaggio non informa, non comunica, ordina. Barthes, dal suo lato, afferma con la serietà di un procuratore in un processo staliniano o maoista nella sua “Leçon inaugurale” al Collège de France pronunciata nel 1977 che “la lingua non è né reazionaria né progressista; è semplicemente fascista, perché il fascismo non è impedire di dire, ma obbligare a dire” (…). “Nel Medioevo, l’antropomorfismo trascinava gli animali davanti al tribunale. Deleuze e Barthes spingono il ridicolo ancora più lontano: è la lingua che compare davanti al tribunale rivoluzionario, a causa della sua presunta fusione con tutte le forme di dominazione.
Ma l’oscurantismo è lo stesso dei processi medievali (…). Una volta che la lingua è condannata come fascista, tutto diventa possibile: non merita più rispetto né venerazione. La scrittura inclusiva è in realtà il contrario di ciò che afferma di se stessa: è esclusiva, perché esclude la lingua dalla sua storia. Espelle la lingua dal suo passato, dalla sua tradizione, dalla sua dimora, dalla sua logica. Ogni lingua è una visione del mondo. La sua logica – che viene chiamata grammatica – è la messa in ordine di questa visione del mondo, la sua strutturazione. Insomma, ogni lingua è un cosmos, nel senso etimologico dl termine. Detto in altri termini: la scrittura inclusiva strappa la lingua alla visione del mondo di cui è una delle espressioni, ne distrugge il cosmos. La scrittura inclusiva è un separatismo: si tratta per lei di separare la lingua francese da ciò che è stata la Francia fino ad oggi. Dalla maniera francese di osservare il mondo, di scrivere e di parlare di esso. L’affaire non è solamente il fatto di separare la lingua dalla nazione; è garantire soprattutto la colonizzazione della lingua da parte di un’ideologia, il post-femminismo.
La nazione, fino ai nostri giorni e da diversi secoli, e almeno dai poeti della Pléiade, du Bellay, Ronsard, dalla ‘Défense et illustration de la langue française’, libro di primaria importanza di Joachim du Bellay, era l’anima della lingua francese; con la scrittura inclusiva, l’anima della nostra lingua non sarà più la nazione, ma un’ideologia. La scrittura inclusiva veicola il mito ultrarivoluzionario della tabula rasa: del passato della lingua bisogna fare tabula rasa, al fine di lasciarsi abitare dalle fantasie dei suoi avversari (…). Due aspetti colpiscono nella propaganda in favore di questo tipo di scrittura: il rifiuto di rivendicare un’eredità e il non-riconoscimento di un debito verso il passato (…). Per la civiltà, la scrittura inclusiva è esattamente come la distruzione dei paesaggi, altra eredità dei secoli passati: le pale eoliche rendono il paesaggio invisibile, cancellando il passato della nazione. La scrittura inclusiva sta alla lingua come le pale eoliche stanno al paesaggio. Escludendo la lingua dalla sua storia, distruggendo la sua logica, strappandola al popolo per imporgli il sabir delle nuove preziose ridicole, la scrittura inclusiva è la scrittura più esclusiva che si possa immaginare.
Il Foglio internazionale