Un Foglio internazionale
Ridateci la libertà
Dialogo sullo Spectator fra il giornalista Rod Liddle e l’attivista radicale Peter Tatchell sul nuovo puritanesimo che soffoca il dibattito
E’ un onore parlare con te, Peter, che da cinquant’anni dai fastidio all’establishment britannico. Tu sei uno dei miei pochi eroi politici. Conosco poche persone nel Regno Unito che hanno combattuto così decisamente per ciò in cui credono”. Così inizia la conversazione tra il giornalista e polemista Rod Liddle e l’attivista radicale Peter Tatchell. I due ripercorrono le tante battaglie civili di Tatchell, che dagli anni Sessanta si è battuto per i diritti dei neri quando ancora non andava di moda, ha criticato il trattamento ricevuto dagli aborigeni in Australia, ha difeso gli omosessuali quando venivano trattati come cittadini di serie B.
“Se posso permettermi, una delle cose che ho più ammirato di te è che sei sempre stato coerente con i tuoi princìpi sulla libertà di espressione; sei entrato nel merito di ogni tema senza mai assumere una posizione comoda o pregiudiziale”, dice Liddle che poi fa una domanda sulle cause indifendibili che spesso vengono perorate dalla sinistra. “Gli ideali di sinistra vanno bene in principio - risponde Tatchell - e li sostegno, ma spesso si trasformano in una nuova forma di tirannia che ne altera il significato”. Tatchell critica l’estrema sinistra per il proprio silenzio “vergognoso” nei confronti del regime di Assad in Siria: usano “due pesi e due misure: condannano i crimini sauditi nello Yemen, ma non i crimini di guerra della Russia e dell’Iran in Siria”.
A questo punto, i due autori si soffermano sull’identity politics e sulla presunta guerra culturale che è in atto in molti paesi occidentali.
“Peter Tatchell: Penso che la destra sbagli a criticare l’identity politics. E’ legittimo che la gente si batta contro la discriminazione, che si tratti del razzismo o della misoginia, ma è importante ricordare la nostra comune umanità, le cose che ci uniscono.
Rod Liddle: Questo è il punto, no? Sicuramente sarai d’accordo con me che è in corso una guerra culturale che divide le persone? E questa potrebbe essere una delle ragioni per cui il Labour ha perso le elezioni del 2019, perché tanta gente ha rifiutato il suo approccio identitario alla politica. Anche tu lo rifiuti, o sei sotto sotto un identitario?
PT: Non mi descriverei come una persona identitaria ma penso che l’identity politics è stata necessaria per spostare l’attenzione su alcune questioni che vengono ignorate dalla politica mainstream. I politici e il Parlamento hanno iniziato un processo di cambiamento solo quando le donne si sono mobilitate per reclamare particolari diritti e libertà.
RL: Ma ormai siamo arrivati, no? Molti gay non sono più esponenti di una minoranza vittimizzata, ma possiedono grandi privilegi e prevaricano su altri gruppi.
PT: Penso che dobbiamo stare molto attenti al modo in cui alcune frangie della sinistra tendono a pretendere la purità assoluta. Nessuno di noi è perfetto.
RL: Ma il problema, Pete, è che per tutta la tua carriera, per tutta la tua vita da attivista, hai tenuto in grande considerazione la libertà di espressione, ma una buona parte della sinistra crede che il dibattito sia un esercizio inutile è la libertà di espressione una comodità sopravvalutata.
PT: Non penso sia solo un fallimento della sinistra, però hai ragione - credo che la libertà di espressione sia uno dei diritti umani più preziosi e importanti. A volte recare offesa fa parte dell’esercizio genuino della libertà di espressione (...) anche se ci sono alcune linee rosse. Penso che se qualcuno fa accuse false, se ti dice che sei uno stupratore o un pedofilo, allora...
RL: O un razzista.
PT: O un razzista, ammesso che l’accusa sia falsa e infondata. Se qualcuno ti minaccia, o compie degli abusi, questa non è la libertà di espressione. E in particolare se qualcuno incita alla violenza, questa non è libertà di espressione (...) Penso che in generale il modo migliore per combattere le cattive idee sia con le buone idee.
Quindi, ad esempio, quando si parlava di mettere al bando Germaine Greer, ho chiesto di non farlo, di farla dibattere con un altro ospite e dimostrare perché si sbagliava.
RL: Ma Peter, il dibattito e la libertà di espressione sono idee borghesi, un riflesso del privilegio bianco e non tutti hanno accesso alla libertà di espressione etc.
PT: Beh, questo è vero ma molti a destra fanno esattamente lo stesso...
RL: Eddai, non sto difendendo la destra. Sono un socialista, diamine.
PT: Beh, c’è una tendenza censoria, ma penso sia piuttosto esagerata. Nei sondaggi molti studenti dicono di credere nella libertà di espressione.
RL: Qui è dove non siamo d’accordo. Io penso che le tendenze censorie si stanno diffondendo.
Ma forse te hai una tendenza verso l’utopia? Circa cinque o sei anni fa hai detto che i gay e musulmani dovevano unirsi perché entrambi oppressi. Mi ricordo di avere pensato: ‘Ma in quale diamine di pianeta vive, Peter?’ Non è irrealizzabile?
PT: So che è fattibile (...) ma la sfida è mettere in luce le esperienze comuni, i pregiudizi e le discriminazioni tra le comunità islamiche e LGBT.
RL: Posso interromperti? Una giusta osservazione però quello che intendo è: quando proverai ad andare a un gay pride a Ramallah?
PT: Ho discusso l’idea.
RL: Sei un masochista?
PT: L’ho discussa con alcuni attivisti palestinesi e mi hanno detto che per loro è troppo pericoloso e non dovrei andare lì (...)”.
Infine, Liddle fa un’ultima domanda sul pastore protestante che è stato arrestato nella circoscrizione di Boris Johnson per avere predicato in pubblico che l’omosessualità è un peccato. Questa è la risposta di Tatchell: “Certo, non era un comportamento minaccioso...stava solamente esprimendo un punto di vista con cui sono in disaccordo ma no, non penso sia stato giusto arrestarlo e processarlo”. “Assomiglia un po’ a mia sua suocera - conclude Liddle - che distribuisce volantini divulgando più o meno la stessa teoria del pastore ma quando vede un gay o un transessuale gli dice: ‘Dio non ti odia, odia solamente quello che fai’. Peter, è stato un piacere parlare con te, come sempre - grazie mille”.
(traduzione di Gregorio Sorgi)
Il Foglio internazionale