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Dopo il Covid, una grande crisi?
Fra i postumi della pandemia c’è anche una spaventosa spesa pubblica
Quando si parla dell’economia del Covid-19, i sintomi peggiori potrebbero apparire solo una volta che il virus è stato debellato”. Così inizia l’articolo di Politico sugli effetti economici della pandemia. “In tutta Europa, la pandemia e i lockdown hanno accelerato delle tendenze come l’automazione e le diseguaglianze economiche. Allo stesso tempo, hanno congelato le tensioni politiche, lasciando tuttavia intatte le cause del malcontento”. La spesa sociale da parte dei governi ha messo una toppa sulle ferite del più grande shock globale dai tempi della seconda guerra mondiale. Ma il Covid presenterà il conto economico solamente il prossimo inverno, quando il governo avrà chiusi i rubinetti. Nella fase della ripresa economica, i governanti si troveranno di fronte a una scelta brutale: alleviare la sofferenza di coloro che sono stati colpiti più duramente dalla pandemia, o usare il denaro per imprimere una svolta verde e digitale. Se ci sarà una recessione il prossimo inverno, come è probabile, i cittadini mostreranno il loro malcontento nelle strade o nelle urne. I disordini civili tendono ad aumentare in seguito alle pandemie, come ha rilevato un’analisi del Fondo monetario internazionale.
I dati indicano che la situazione non è così brutta – ma non è altro che un miraggio, spiega Politico. Le misure di emergenza del governo hanno frenato le proteste dei cittadini, ma non hanno guarito le tensioni che ne erano alla base. Queste sono solamente destinate a peggiorare. “Quando il sostegno del governo finirà, inizieremo a vedere l’impatto reale”, spiega José García-Montalvo, docente alla Graduate School of Economics di Barcellona. Al contrario, il 2020 è stato un anno buono per i conti in banca dei ricchi che hanno continuato a lavorare, ma hanno speso meno rispetto al passato. Secondo una stima, la ricchezza finanziaria delle famiglie francesi è cresciuta di 50 miliardi a causa della pandemia. Circa il 50 per cento di questi risparmi provengono dal dieci per cento più ricco. Per il dieci per cento più povero, il debito è cresciuto.
“Per quanto il Covid sia stato dannoso, non è paragonabile alla peste”, scrive Politico. “La morte di metà della popolazione europea ha avuto il vantaggio di azzerare la ricchezza dell’élite riducendo allo stesso tempo il numero di contadini – questa combinazione ha diminuito le diseguaglianze nel lungo termine. Al contrario, il coronavirus ha aumentato la domanda per i professionisti qualificati, per cui tuttavia scarseggia l’offerta (…) Il combinato disposto tra le diseguaglianze percepite e la perdita di ricchezza alimenta il risentimento e il malcontento sociale, spiega Rui Xu, un economista del Fmi che ha analizzato le pandemie del passato. Il disagio sociale presenta anche un conto economico. ‘Quindi una volta che si mette in moto il ciclo, gli effetti durano più di uno o due anni’, spiega Xu. Studiando le pandemie del passato, l’economista ha scoperto che, anche cinque anni dopo la pandemia, la produzione economica resta inferiore di circa il dieci per cento”.
Ci sono dei motivi aggiuntivi per cui questa pandemia potrebbe avere degli effetti più profondi rispetto a quelle del passato. Il coronavirus ha aumentato il processo di automazione e digitalizzazione. Le aziende che si preparano alla prossima pandemia hanno fatto degli investimenti enormi nei robot – che non possono ammalarsi – mentre le app di videoconferenze faranno in modo che i lavori qualificati verranno eseguiti sempre più da remoto. Il fatto che il Covid-19 ha colpito i poveri più duramente renderà la loro ripresa economica più difficile. Chi vive negli spazi piccoli, ed è costretto a lavorare in presenza, ha una maggiore possibilità di prendere il virus. Le condizioni economiche hanno anche un effetto sulla campagna di immunizzazione: i dati mostrano una correlazione tra il livello di povertà e lo scetticismo verso i vaccini.
I postumi della pandemia potrebbero avere un peso simile al Covid-19 sulle politiche pubbliche. Malgrado le note tutele degli stati sociali europei, in realtà le protezioni non sono così inclusive: circa due terzi delle persone che hanno perso il lavoro prima del Covid-19 non sono stati eleggibili per i sussidi di disoccupazione, secondo Mark Pearson, un alto funzionario dell’Ocse. A differenza della crisi finanziaria del 2008, che non ha cambiato granché l’atteggiamento dei cittadini nei confronti dello stato, la pandemia ha avuto degli effetti profondi, tanto che il 68 per cento dei cittadini intervistati dall’Ocse ha detto di volere vedere un ruolo più attivo dal proprio governo. Da questo punto di vista, molti osservatori hanno paragonato il Covid-19 alla seconda guerra mondiale, che ha portato alla nascita dello stato sociale in molti paesi europei. Se i governi avevano tappato i rubinetti durante l’ultima crisi, stavolta hanno fatto esattamente il contrario come si è visto dal Recovery fund approvato dall’Unione europea o dallo stimolo economico da 900 miliardi di dollari attuato dal governo americano.
Tuttavia in Europa, e soprattutto a Bruxelles, gran parte di quei soldi non sono stati spesi nel breve termine ma sono stati investiti su progetti a lungo termine che renderanno l’economia più verde e digitale. I politici vengono spesso criticati per la loro miopia. Ma usando lo stimolo post Covid come strumento per trasformare l’economia, Bruxelles rischia di sacrificare il presente per il futuro, correndo il rischio di alimentare le tensioni sociali. Pearson ha detto che il Recovery Fund è “un’opportunità unica (…) per provare a riformare la struttura economica ed è fondamentale creare un’economia verde. Tuttavia, questa non sarà un’enorme fonte di lavoro. Questo è un vero dilemma”.
(Traduzione di Gregorio Sorgi)
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