Il controllo delle nascite in Cina vale solo per le minoranze
Il governo racconta che nello Xinjiang gli uiguri seguono regole uguali per tutti, ma anche i documenti ufficiali smentiscono questa versione
Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, a cura di Giulio Meotti
"Di fronte ai fatti scomodi, la risposta della Cina solitamente si articola in due parti. Primo, cerca di negare e offuscare. Se questo non funziona, i dirigenti di partito mettono in dubbio la buona fede dei critici stranieri. Il dibattito sullo Xinjiang, una regione all’estremo ovest che la Cina governa con il pugno di ferro, ha raggiunto questo punto pericoloso”. Così inizia l’analisi di Chaguan sull’Economist. Negli ultimi mesi molti paesi occidentali hanno condannato gli abusi e le violazioni cinesi nei confronti della minoranza musulmana nello Xinjiang, gli uiguri. I diplomatici cinesi ritengono che queste critiche siano parte di un complotto ordito dai nemici di Pechino, e mirato a compromettere l’ascesa della Cina.
Chaguan si è recato nello Xinjiang con l’obiettivo di valutare la tesi secondo cui gli uiguri sono vittime di un’ingegneria sociale di stampo razzista, usando solamente documenti e interviste con persone provenienti dall’etnia dominante han, che non possono essere facilmente accusati di avere un pregiudizio anticinese. Chaguan si è recato a Bachu, una zona rurale popolata quasi interamente dagli uiguri e in cui il tasso di natalità è quasi pari a diciannove per ogni mille abitanti. Questo significa che ogni donna fa in media tre o quattro figli. Gli studiosi cinesi si lamentano che i giovani uiguri esauriscono le scorte d’acqua, rubano il lavoro e alimentano le tensioni in una zona di confine. Nel 2017 il Partito comunista ha lanciato una campagna contro le nascite illegali; nel gennaio 2018 il governo di Bachu si è vantato di avere portato sotto controllo la “crescita eccessiva” della popolazione. Nel 2017 il tasso di natalità è calato da 19 a 13 per ogni mille; nel 2019 è diminuito ulteriormente a 4,15 per ogni mille. Questo è uno dei tassi di natalità più bassi al mondo. La propaganda del regime riconosce questo calo oggettivo, ma sostiene che sia dovuto alla sterilizzazione “spontanea” delle donne uigure, o alla loro emancipazione “dall’estremismo religioso”. La versione ufficiale è che gli uiguri e gli han ora seguono le stesse regole, promuovendo “meno nascite ma migliori”.
Ma i documenti ufficiali raccontano un’altra storia. Tiemenguan è una piccola città fondata dalla Xinjiang Production and Construction Corps, un’organizzazione paramilitare creata per amministrare le fattorie della regione e fare trasferire i cinesi han dal resto del paese. Lo scorso anno ha reclamizzato alcune posizioni da agente ausiliario di polizia, destinate esclusivamente ai candidati di origine han, che sono stati incoraggiati ad avere più figli. Molti cinesi han nella regione raccontano all’Economist di avere ricevuto degli incentivi per fare il secondo figlio – e hanno aggiunto che tutto questo avviene mentre il governo cerca di limitare le nascite tra le minoranze etniche. “Questo doppiopesismo dovrebbe essere abbagliante sia per i critici che per gli ammiratori della Cina – conclude l’Economist –. I fatti sono una cosa testarda”.
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