un foglio internazionale
Scienziati separati in casa
Politica e supponenza hanno allontanato la scienza come istituzione dalla filosofia e dal metodo che dovrebbero guidarla, dice Matt Ridley al Wsj
"La ‘scienza’ è diventata un’espressione politica. ‘Credo nella scienza’, ha twittato Joe Biden sei giorni prima di essere eletto. ‘Donald Trump non ci crede. E’ semplice, amici miei’. Ma cosa significa credere nella scienza?”. In un’intervista a Tunku Varadarajan del Wall Street Journal, il commentatore scientifico Matt Ridley fa una distinzione tra la “scienza intesa come filosofia e la scienza intesa come istituzione”. La prima deriva dall’Illuminismo, che Ridley definisce come “il primato del pensiero obiettivo e razionale”. La seconda, come tutte le istituzioni umane, è erratica e fallibile.
Ridley dice che il Covid “ha messo in luce la differenza tra la scienza-filosofia e la scienza-istituzione”. Ridley, 63 anni, si autodescrive come “un critico scientifico, che è una professione che non esiste davvero”. Paragona la sua vocazione a quella di un critico artistico e liquida gli altri commentatori scientifici come dei “cheerleader”. Questo atteggiamento supponente, scrive il Wsj, si addice a un aristocratico e membro ereditario della Camera dei Lord britannica.
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Ridley sta scrivendo un libro in cui sostiene che il Covid ha avuto origine in un laboratorio cinese. Secondo lui questa teoria è stata esaminata soprattutto da chi si trova al di fuori della comunità scientifica. Gli insider non sono stati solamente “poco curiosi” ma hanno provato a fare morire sul nascere l’inchiesta per “proteggere la reputazione della scienza-istituzione”. “Se il Covid è uscito da un laboratorio – spiega Ridley – allora la scienza si trova in una brutta posizione”. Ci sono stati anche altri fattori. Le autorità cinesi hanno tentato di insabbiare l’indagine, pretendendo di approvare i risultati dei test prima di inoltrarli alle agenzie internazionali. Secondo, gli scienziati sono molto sensibili alle accuse di razzismo, che sono state usate dal Partito comunista cinese per evadere dalle domande più scomode. Terzo, la comunità scientifica ha sviluppato una sorta di dipendenza dalla Cina, che finanzia molte riviste scientifiche e manda i propri giovani a studiare nelle università occidentali.
Ridley aggiunge che gran parte della comunità scientifica britannica prova grande ammirazione nei confronti della Cina, e questo non lo sorprende più di tanto. La scienza-istituzione tende a essere rigida e dogmatica, e ritiene che un mondo governato dagli scienziati sia un mondo migliore. Al contrario, la scienza-filosofia ha una mentalità più aperta ed è più incline a cambiare idea. Ridley teme che “per la prima volta, la pandemia ha seriamente politicizzato la scienza”, per colpa degli epidemiologi che “pubblicano ciò che conferma i loro pregiudizi politici e ignorano tutto il resto”. Ridley crede che in molti casi i lockdown siano stati controproducenti, e basati su previsioni catastrofiste. “I modelli sull’andamento della pandemia – sostiene – sono stati presentati come un progetto apolitico. Ma ci sono stati troppi casi in cui gli epidemiologi hanno pubblicato dei modelli che facevano affidamento su assunzioni estreme”. Perché? “Non vieni mai criticato per essere stato troppo pessimista, però solleciti attenzione. Questo si vede anche nella scienza sull’ambiente. Le previsioni che suscitano paura hanno maggiori possibilità di essere riprese dai media”.
Passando al tema dei vaccini, Ridley “sostiene con vigore” che, almeno per gli adulti, questi siano “il rischio minore”. Lo scrittore dice che la vaccinazione è “probabilmente il beneficio maggiore e più incredibile della scienza”. Tuttavia, aggiunge che questo tema “è controintuitivo e difficile da comprendere”, e questo spiega perché i fautori dei vaccini sono stati sempre contestati in passato. Il tema dei vaccini è al centro della questione della “disinformazione” e dei tentativi della Casa Bianca di censurare alcuni contenuti sui social media.
Ridley teme il problema opposto: che i social media hanno contribuito a “imporre il conformismo” attraverso il fact checking, l’indignazione di massa e la censura, che ora viene direttamente incoraggiata dall’amministrazione Biden. Ridley fa notare che Facebook e Wikipedia hanno vietato ogni riferimento alla teoria secondo cui il virus è uscito dal laboratorio di Wuhan. “Il conformismo – spiega Ridley – è il nemico del progresso scientifico, che fa affidamento sulla differenza di opinione. Come ha detto (il fisico Richard, ndt) Feynman, la scienza è la fiducia nell’ignoranza degli esperti”.
Invece, sostiene Ridley, un numero crescente di scienziati “sembrano essere vittime del pensiero di massa, e il processo di revisione accademica e pubblicazione consente ai custodi del dogma di sbarrare la strada a nuove idee”. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è in parte colpevole di questo. “Una dozzina di scienziati occidentali si sono recati in Cina a febbraio per lavorare assieme ad alcuni scienziati cinesi sotto l’egida dell’Oms”. In una conferenza stampa, hanno detto che la teoria del laboratorio “è estremamente improbabile”. L’organizzazione ha anche ignorato l’allarme di Taiwan nel gennaio 2020. “I taiwanesi hanno detto: ‘Ci sono dei segni di una trasmissione da uomo a uomo che rischia di diventare un’epidemia su grande scala. Vi prego, potete indagare’. E l’Oms gli ha praticamente risposto: ‘Voi siete di Taiwan. Non vi è consentito parlare’”. (…)
Secondo Ridley, l’establishment scientifico ha sempre avuto una tendenza a “trasformarsi in una chiesa, esigendo obbedienza all’ultimo dogma ed espellendo gli eretici e i blasfemi.
In precedenza, questa tendenza è stata tenuta sotto controllo dal fatto che la scienza era frammentata: il professore A in una certa università costruiva la sua carriera sostenendo che le idee del professore B in un’altra università erano sbagliate. Nell’era dei social media, “lo spazio per la divergenza di opinione sta evaporando”. “Chiunque creda nella scienza-filosofia si sente sempre più estraneo dalla scienza-istituzione – conclude il Wsj –. E sarà un divorzio che pagheremo a caro prezzo”.
(Traduzione di Gregorio Sorgi)
Il Foglio internazionale