un foglio internazionale
Siamo vicini a un'emergenza climatica? Nessuno si pone la domanda in Cina
Alluvioni, morti e disastri, ma per i funzionari del partito in estate è normale, e Xi Jinping si è speso molto per la prevenzione
L’articolo dell’Economist inizia con il racconto dei danni provocati dagli allagamenti nella provincia di Henan in Cina. Alcuni residenti hanno impiegato vari giorni per ritrovare la propria macchina ricoperta dal fango e dalle alghe; sono morte tante persone, alcune nei vagoni della metropolitana e nelle gallerie che sono rimaste aperte nonostante i meteorologi avessero diramato l’allarme rosso.
Un Foglio Internazionale è l'inserto a cura di Giulio Meotti segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere
La propaganda cinese è sulla difensiva, e si ostina a descrivere questa terribile tragedia umana come “un atto improvviso della natura”, un evento eccezionale e imponderabile che non poteva essere previsto. I funzionari di partito hanno detto che le alluvioni estive sono abituali in Cina, e che il leader supremo Xi Jinping si è speso molto nella prevenzione dei disastri naturali. Nei principali organi di partito e di governo non è stata discussa una possibile causa delle piogge: il cambiamento climatico. Quest’estate il clima estremo in Canada, in Germania e in Giappone ha dato vita a un dibattito: siamo all’inizio di un’emergenza climatica? Ma nessuno si è posto questa domanda in Cina.
L’Economist ha parlato con molti residenti della città di Mihe, e alcuni hanno detto che non c’è ragione di credere che un disastro simile si ripeterà in futuro. Altri hanno ammesso che il clima in Cina è cambiato molto nell’arco della loro vita, e altri ancora si sono rifiutati di parlare con un giornalista straniero, temendo di dire qualcosa di proibito. Ciò che nessuno osa dire a Mihe è che i cittadini devono fare di più per convincere il proprio governo a intervenire sull’ambiente.
Li Shuo di Greenpeace dice che “non è una sorpresa che i media ufficiali non stanno esplorando il collegamento tra il clima estremo e il cambiamento climatico”. “Il ruolo dei media – aggiunge – è quello di mobilitare l’opinione pubblica, e i leader cinesi non si aspettano che siano i cittadini a guidare la politica sull’ambiente. E non gradiscono le pressioni, tra cui quelle derivanti da disastri naturali, ad alterare i loro programmi”.
Xi ha detto che le emissioni di carbone vedranno il loro picco nel 2030, e la Cina raggiungerà le emissioni zero entro il 2060. Ma secondo l’Economist questo programma non basta. “Pechino deve raggiungere il picco di emissioni prima del 2030 per evitare una catastrofe climatica – conclude la rivista –. La Cina non può continuare a investire nelle centrali a carbone né in patria né all’estero”. In passato le mobilitazioni dal basso hanno spinto il governo a ripulire il cielo inquinato dallo smog a Pechino e in altre grandi città. “Dinanzi a queste grandi perdite, la resilienza e la grinta dei residenti di Mihe è qualcosa a cui aggrapparsi. Se gli venisse offerto un dibattito più informato sul perché sono stati colpiti dal disastro, quella stessa energia potrebbe aiutare a salvare il mondo”.
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