Un foglio internazionale
Orwell ha soltanto sbagliato l'anno ma il suo 1984 è davvero realtà
In Germania si vota la “non parola dell’anno”. Concetti e idee da maledire e bandire dall’opinione pubblica
Lo scorso 6 maggio, Jean-Michel Blanquer (ministro dell’Istruzione francese, ndr) ha pubblicato una circolare per proscrivere, nel quadro scolastico, l’utilizzo del ‘punto mediano’, alterazione della nostra lingua richiesta dalle associazioni militanti contro il sessismo”, scrive Nicolas Jadot. “Contrariamente a ciò che alcuni sostenevano, questa ingiunzione del ministro dell’Istruzione era utile e necessaria. Il ‘punto mediano’ conquista terreno: è utilizzato, in particolare, dallo Snes, il sindacato maggioritario tra gli insegnanti, così come dagli organismi sostenuti dal ministero dell’Istruzione, come il popolare concorso Alkindi (concorso scientifico per liceali che verte sulla criptoanalisi: l’arte di decifrare i codici segreti, ndr). I francesi non sono gli unici a subire gli assalti del progressismo in questo campo. Così, la Verein Deutsche Sprache, associazione di difesa della lingua tedesca, denunciava due anni fa le ‘violazioni sempre più numerose della lingua tedesca in nome dell’uguaglianza di genere’.
Bisogna dire che, in questi ultimi anni, la guerra civile della lingua ha preso una piega veramente orwelliana nella terra dei nostri vicini. Vi piaceva lo Newspeak di ‘1984’? Lo avete sognato? Allora apprezzerete Nina Janich, titolare di una cattedra di linguistica all’università di Darmstadt e autrice di una tesi sulle strategie in pubblicità commerciale. Dal 2011, Nina Janich è la portavoce della giuria che ogni anno, nel mese di gennaio, elegge la ‘non-parola dell’anno’ (Unwort des Jahres, in versione originale). Il concetto è semplice: alcuni cittadini propongono una serie di parole che vorrebbero mettere all’indice, una lista viene così costituita e sottoposta al giudizio di una giuria composta da quattro linguisti e un giornalista. La giuria si mette d’accordo sul termine da disprezzare, a cui sarà affibbiato l’infamante etichetta ‘Unwort’. Spetta poi a tutta la società non utilizzarlo più.
Allora, che tipo di parole deve sparire? Ecco, per informazione, il palmares degli ultimi anni. 2012: Opfer-Abo (abbonamento-vittima): ricorso sistematico alla vittimizzazione. 2013: Sozialtourismus (turismo sociale): venire in un paese unicamente per approfittare del suo sistema di aiuti sociali. 2013: Lügenpresse (stampa menzognera). 2015: Gutmensch (benpensante). 2016: Volksverräter (traditore del popolo): personalità politica che trascura le questioni che preoccupano i cittadini. 2017: Alternative Fakten (fatti alternativi). 2018: Anti-Abschiebe-Industrie (industria anti espulsioni): le persone che vanno in soccorso degli immigrati che devono essere espulsi dal paese e vi traggono beneficio. 2019: Klimahysterie (isteria climatica): l’isteria attorno alla questione dei cambiamenti climatici. 2020: Rückführungspatenschaften (sponsor di ritorno): termine utilizzato dalla Commissione europea affinché gli stati che rifiutano i rifugiati si incarichino del loro rimpatrio. 2020 ex-aequo: Corona-Diktatur: insieme di misure che vanno a scapito delle libertà individuali nella lotta contro la pandemia. Il Newspeak, come viene descritto da Orwell, riduce volontariamente il linguaggio al fine di rendere impossibile la comunicazione di idee sovversive. Siamo arrivati a questo punto.
In occasione di un’intervista al Goethe Institut nel maggio 2018, la giornalista Marlene Halser ha chiesto a Nina Janich cosa risponde a quelli che la accusano di partecipare a una ‘polizia del pensiero’. Risposta: ‘Non si può ignorare il fatto che esista un legame tra il linguaggio e il pensiero. La questione cruciale è: il comportamento può cambiare prima della lingua? O la postura può cambiare grazie a una riflessione consapevole sul linguaggio? Noi, linguisti della giuria, portiamo avanti un approccio costruttivista e pensiamo che il linguaggio modelli la realtà. Ne consegue che, riflettendo e criticando la lingua, si possa influenzare il comportamento delle persone’. Orwell diceva la stessa cosa, soltanto in maniera più diretta. Quando la giornalista ha chiesto a Nina Janich se le Unwörte (non-parole) seguono un orientamento politico, la linguista ha risposto: ‘Certo, siamo persone con un’opinione politica, dunque è possibile.
Tuttavia, cerchiamo di argomentare e di dibattere sul piano della lingua e non sulla base delle nostre opinioni personali. È possibile che l’orientamento dipenda dai mittenti. Noi operiamo una scelta fra le parole che ci vengono inviate e non siamo dunque responsabili della selezione di partenza. I membri della giuria sono vicini a diversi partiti politici. Ci sforziamo di non dettare alcuna linea politica in occasione dell’elezione della non-parola. Ma una cosa è certa: probabilmente non inviteremo mai un politico dell’Afd (Alternative für Deutschland) nella giuria solo per ottenere un dibattito più equilibrato’. Detto in altre parole: siamo aperti alle varie opinioni delle persone che la pensano come noi”.
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