un foglio internazionale
Il mondo senza “Mutti”
Niall Ferguson racconta l’eredità di Angela Merkel, i suoi grandi meriti e i suoi errori. Un ricordo dell’incontro fra lo storico e la cancelliera tedesca
Da tempo Angela Merkel gode di molti ammiratori nella stampa anglofona. Nel novembre 2015 l’Economist l’ha chiamata ‘l’europea indispensabile’. Un mese dopo il Financial Times l’ha nominata come ‘persona dell’anno’. La rivista Time l’ha proclamata ‘cancelliera del mondo libero’. Quando Donald Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti, il New York Times l’ha etichettata come ‘l’ultimo baluardo dell’occidente liberale’. Confesso di non averla mai vista in questo modo”.
Così inizia la riflessione dello storico Niall Ferguson su Angela Merkel pubblicata da Bloomberg. “Il mio unico incontro con lei è avvenuto in Spagna all’inizio della crisi dell’Eurozona. Tra un incontro e l’altro con i dirigenti della Banca centrale e del Tesoro, mi sono visto arrivare la cancelliera tedesca e il suo staff, camminando con una rapidità vista raramente nei corridoi del potere a Madrid, per incontrare lo sfortunato primo ministro socialista José Luis Rodríguez Zapatero. Non avevo mai visto un politico comportarsi con una simile deferenza come Zapatero con la Merkel. Inizialmente sono rimasto colpito, perché la Merkel non sembra affatto dominante. Eppure dopo pochi minuti ho colto la sua aura sottilmente intimidatoria. (…) Questo ovviamente non è come la vedono gli elettori tedeschi. L’appeal di ‘Mutti’ è quello di una donna che non ha alcun interesse reale nel potere, ma che governa solo per dare alla sua gente ciò che desiderano più di ogni altra cosa: la stabilità. (…) Avendo trascorso i primi 35 anni della sua vita nella Repubblica democratica tedesca, il film preferito della Merkel è comprensibilmente ‘La leggenda di Paul e Paula’, una stravagante produzione della Germania dell’Est del 1973 (ma diretta secondo lo stile cinematografico francese del 1968) su una storia d’amore maledetta nella Berlino dell’Est. A un certo punto del film Paula dice a Paul: ‘La faremo durare finché dura. Non faremo nulla per fermarlo né per agevolarlo’. Questa frase riassume lo strano rapporto d’amore passivo tra i tedeschi e il loro leader. (…) Per comprendere l’appeal della Merkel, bisogna tornare indietro agli anni che precedono l’unificazione tedesca a opera di Bismarck, gli anni in cui i tedeschi si vedevano come si vedono adesso: come degli estranei al potere. Nel 1841 Robert Sabatky descrisse il ‘deutsche Michel’ – la risposta della Germania a John Bull – come la vittima ingenua di vicini senza scrupoli, che si prendevano gioco di lui e gli sfilavano la maglietta di dosso. Durante la crisi dell’Eurozona spesso mi tornava in mentre quest’immagine. E più ci pensavo, più iniziavo a vedere Angela Merkel come la reincarnazione di Michel: die deutsche Merkel, per l’appunto.
Secondo molti economisti tedeschi come Hans-Werner Sinn, la crisi aveva una spiegazione semplice. Mentre il virtuoso Michel tedesco aveva fatto i compiti a casa, riformando il mercato del lavoro, controllando il costo del lavoro per unità e riequilibrando il bilancio, i paesi periferici meno scrupolosi si sono ingozzati di debiti a basso costo resi disponibili dalle loro banche grazie all’unione monetaria”. Ferguson spiega che, quando è scoppiata la crisi, molti tedeschi non volevano salvare i “paesi periferici” con i loro soldi, e credevano che per tornare a crescere questi stati dovessero sostanzialmente copiare ciò che la Germania aveva fatto nel 2003: ridurre gli stipendi e l’inflazione, riacquisendo competitività.
“Come molti altri, all’epoca sostenevo che questi argomenti avessero poco senso. Condannavano l’Europa del sud (specialmente la Grecia) a una depressione prolungata. E sottovalutavano quanto ‘Michel’ avesse guadagnato dall’euro e quanto gli sarebbe costato caro il suo collasso.
La crisi dell’Eurozona non è iniziata perché l’Europa meridionale non è riuscita a imporre delle riforme tedesche al mercato del lavoro. Piuttosto, come ha sostenuto Adam Tooze, questa deriva da una crisi bancaria transatlantica che non ha risparmiato le banche tedesche, né grandi né piccole. Nel suo modo inimitabile, Angela Merkel ha incanalato il risentimento del Michel tedesco verso il sud Europa spendaccione – non al punto da costringere un paese a lasciare l’unione monetaria, ma appena sufficiente a infliggere il più grande dolore possibile in cambio dei bailout che hanno tenuto a galla Grecia e Portogallo. Il metodo Merkel era l’accordo all’ultimo minuto, solitamente nelle ore prima dell’alba il lunedì mattina, prima dell’apertura dei mercati finanziari. I bailout andavano in porto, ma solo dopo avere prodotto la massima incertezza e danni economici. Gli eventi del 2020 ci hanno insegnato che tutto quel rischio era inutile: sei i leader europei lo avessero voluto, avrebbero potuto creare il fondo Next Generation Eu e vendere gli Eurobond dieci anni fa per risolvere il macello in cui si trovavano le banche. Ma questo avrebbe presupposto una visione strategica che Angela Merkel, la tattica per eccellenza, non ha mai avuto”.
Secondo Ferguson il secondo grande errore della Merkel è stato aprire le porte della Germania all’immigrazione di massa, una scelta che ha portato a 1,2 milioni di richieste di asilo tra il 2015 e il 2016 di cui la metà sono state approvate, anche se solo una minoranza delle persone respinte sono state rimpatriate nel loro paese di origine. Nel breve termine, sostiene lo storico, questo flusso di migranti ha fatto lievitare i reati sessuali ai danni delle donne tedesche e ha reso la Germania un posto meno sicuro. Questa spettacolare perdita di controllo dei confini europei ha influenzato il dibattito britannico sulla Brexit, gonfiando le vele al fronte del Leave. “Per gran parte dell’ultimo secolo – conclude Ferguson – Angela Merkel è stata la personalità dominante della politica europea. Eppure in quel periodo ha incoraggiato i tedeschi a vedere lei – e loro stessi – come il vecchio Michel tedesco dell’era di Vormaerz, quel personaggio Biedermeier di stolida semplicità, costantemente sorpreso dai trucchetti e dalle estorsioni perpetrate dai suoi vicini malandrini”.
La traduzione è di Gregorio Sorgi
Il Foglio internazionale