Un Foglio internazionale
“Oggi Philip Roth verrebbe condannato per appropriazione culturale”
Il filosofo Alain Finkielkraut deplora la disfatta della letteratura, rifugio della pluralità umana, dinanzi alle ideologie manichee. Da l’Express (8/11)
L’Express – Nel suo ultimo libro, “L’Après littérature”, lei evoca diverse definizioni della letteratura, da Mona Ozouf a Marc Fumaroli. Qual è la sua?
Alain Finkielkraut – “La vera vita, la vita finalmente riscoperta e illuminata, la sola vita, dunque, pienamente vissuta, è la letteratura”, dice Proust. I grandi romanzi non raccontano solo delle storie, mi sottraggono all’influenza della fantasia, ossia delle storie che mi racconto continuamente. Mi aprono gli occhi sul mondo, mi aiutano a guardare dentro di me. Mettono delle parole su ciò che sento in maniera confusa. Inoltre, come ha dichiarato Solženicyn nel suo “Discorso di Stoccolma”, solo gli artisti possono “far capire a una creatura umana fanatica e limitata le gioie e le pene dei suoi fratelli lontani”. Solo attraverso la letteratura possiamo superare l’abisso che ci separa dagli altri uomini. Non è solo un beneficio, è un miracolo. Abbraccio la letteratura, come altri abbracciano la Bibbia.
Lei pone un’attenzione particolare ai suoi due scrittori prediletti, Philip Roth e Milan Kundera, che sono o sono stati suoi amici…
È una delle grandi fortune della mia vita quella di aver stretto una lunga amicizia con Milan Kundera e in seguito con Philip Roth. Li ho letti, li ho frequentati. È attraverso questa frequentazione che ho potuto approfondire la mia lettura. Devo a Kundera il fatto di aver capito che il compito del romanziere era quello di elevare la materia letteraria alla sfera della conoscenza. Mi ha anche definitivamente guarito dalla tentazione della tabula rasa, dando del modernismo questa definizione: “Avanzare, mediante nuove scoperte, sulla strada ereditata”. Quanto a Roth, amo tutto di lui, e sono molto sensibile, in particolare, all’importanza della sua opera di filiazione. Tutti i suoi eroi sono dei figli, tutti sono avidi di libertà, ma nessuno intraprende, per affrancarsi, la via troppo segnata dell’assassinio del padre. In più, il cognome da nubile di sua madre era Finkel. Lo considero dunque come una sorta di cugino lontano, e continuo a piangere la sua morte.
Entrambi non sono mai stati ricompensati con il Nobel, fatto che può apparire sorprendente alla luce della loro opera immensa…
La giuria di Stoccolma era “woke” prima ancora che la parola apparisse. Philip Roth è stato accusato di misoginia dopo la pubblicazione del libro “La mia vita di uomo”, nel 1974. Questa accusa lo ha perseguitato, e la giuria del Nobel lo ha punito. Kundera è vittima dello stesso rimprovero. Inoltre, alcuni ex dissidenti, colti da una gelosia oscura nei suoi confronti, hanno fatto campagna nel 2008 affinché non vincesse il premio. Questo doppio rifiuto è una macchia indelebile. Bisognerebbe delocalizzare il Nobel, ma dove?
“La macchia umana”, appunto, è il grande romanzo che annuncia il wokismo. All’epoca, persino la stampa di sinistra lo incensava…
Oggi Philip Roth verrebbe condannato per appropriazione culturale, poiché fa il ritratto di un nero che ha pelle chiara e si fa passare per un bianco. Ciò non gli verrebbe perdonato. Tra l’altro, il suo biografo, Blake Bailey, è stato accusato di aggressioni sessuali, il suo libro è stato ritirato dalle librerie, e questa accusa rimbalza ora su Philip Roth, perché si mormora che Bailey fosse il suo complice e che non ha voluto esplorare la parte d’ombra della sua vita. Temo veramente per la sua sorte postuma nell’America contemporanea.
Lei cita questa frase meravigliosa tratta da “Ho sposato un comunista”: “Sofferenza generalizzata? Ecco il comunismo. Sofferenza particolarizzata? Ecco la letteratura”…
La letteratura è l’incessante esplorazione della pluralità umana. Ma l’ideologia oggi in vigore riduce spietatamente questa pluralità allo scontro tra due forze, i dominanti e i dominati. Il muro di Berlino è crollato, l’ideologia comunista è morta, ma al loro posto sono subentrati il nuovo femminismo e il nuovo antirazzismo.
(Traduzione di Mauro Zanon)
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