Un Foglio internazionale
“Addolcendo l'islamismo, una parte della sinistra è diventata inascoltabile”
Christophe Naudin, superstite del Bataclan e professore di storia e geografia come Samuel Paty, contro i compiacenti
Christophe Naudin, superstite del Bataclan e professore di storia e geografia come Samuel Paty, temeva che la scuola potesse essere un bersaglio per i terroristi. Insegnante in un istituto della regione parigina, Naudin è l’autore di “Journal d’un rescapé du Bataclan” (Libertalia, 2020), un libro in cui ritorna sul dramma e sul suo percorso di ricostruzione, prima di criticare duramente una parte della sinistra, che giudica compiacente con gli islamisti. Nel 2015, con William Blanc, aveva cofirmato per lo stesso editore “Charles Martel et la bataille de Poitiers. De l’histoire au mythe identitaire”. Le Monde lo ha intervistato.
Le Monde – L’assassinio di Samuel Paty da parte di un giovane jihadista, a partire dall’accusa diffusa da un genitore islamista e con la complicità di alcuni allievi che l’hanno segnalato, è stato per lei un momento sconvolgente?
Christophe Naudin – Certo, come tutti, sono rimasto scioccato quando si è verificato l’attentato. Scioccato ma non sorpreso perché, fin dall’inizio dell’anno scolastico 2016-2017, temevo – ne parlo fin dalle prime pagine del mio libro – che i jihadisti potessero attaccare la scuola, come avevano annunciato nella loro propaganda. Sapevo che potevano prendersela con gli insegnanti, per tutto ciò che rappresentano ai loro occhi e che odiano. La minaccia incombeva. Alcuni ragazzini, è vero, sono stati in un certo senso complici, anche se, naturalmente, non sapevano cosa sarebbe potuto accadere, ma è stato anzitutto un attentato jihadista. Sono più arrabbiato con i genitori che erano dietro ai fatti e che hanno alimentato la spirale. Ciò che è accaduto riflette anche i problemi che noi insegnanti possiamo incontrare a causa della pressione esercitata da alcuni genitori e delle proteste di alcuni allievi. Ma non penso assolutamente che ci fosse una motivazione “jihadista” dietro il comportamento degli studenti implicati. Con i social network, storie che vanno fuori controllo, senza spingersi così lontano, ne viviamo a intervalli regolari.
Nel libro, lei esprime la sua rabbia nei confronti di due correnti: da un lato, verso quelli che sfruttano gli attentati per propagare l’odio nei confronti dei musulmani, dall’altro, verso i militanti della sinistra che “si associano con gli islamisti”. Lei definisce questi ultimi “islamistofili”.
Non direi che questa corrente perdona o giustifica il terrorismo, ma, a varie intensità a seconda delle personalità, direi che lo addolcisce, fatto che trovo caricaturale e insopportabile. Sono più duro con i rappresentanti di questa corrente perché, effettivamente, è il mio campo politico. Dai miei avversari politici, non mi aspetto nulla. Dal mio campo, per la sua stessa natura, mi aspetto invece qualcosa. Ciò continua a farmi arrabbiare, anche se oggi c’è meno rabbia nell’espressione del mio pensiero rispetto a quando ho scritto il libro.
Ma lei mette sullo stesso piano gli uni e gli altri. Dice persino che tutti, indistintamente, la fanno “vomitare”…
E’ vero, quando scrivo non ritiro nulla (…). C’è in me un insieme di rabbia e di delusione nel vedere alcune persone che stimo su altri temi aggrapparsi a griglie di lettura a mio avviso completamente anacronistiche. Per esempio, coloro che vorrebbero spiegare gli attentati con il presunto anti imperialismo dei terroristi e non con il loro fanatismo religioso. Questo fanatismo precede di gran lunga i primi bombardamenti occidentali in Siria, e precede anche la guerra in Iraq, perché lo scontro fa parte del loro progetto. Su questi temi, il dialogo è quasi impossibile con una parte dei militanti di sinistra. Si arriva persino a un punto in cui si deve ricordare a queste persone che la Francia si era opposta all’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003. Dopo lo choc provocato dall’assassinio di Samuel Paty, ho avuto la speranza, purtroppo di breve durata, che queste illusioni si dissipassero. Poi sui media sono riapparse le lettere aperte di intellettuali e star del cinema che descrivevano il terrorismo come una risposta agli interventi occidentali in Siria, in Libia o in Mali.
Parallelamente, a destra, è andato affermandosi un discorso che accusa una parte della sinistra di essere “complice del terrorismo”…
Anche questa affermazione è assurda, è evidente. In compenso, questa sinistra ha una grave responsabilità per la situazione in cui ci troviamo: quella di aver contribuito a portare l’estrema destra ai massimi livelli. A forza di addolcire l’islamismo, di rifiutare di parlare di alcune cose, di dire che è tutta colpa dei media, di non voler ammettere che gli integralisti rappresentano una parte dell’islam, una parte della sinistra è diventata inascoltabile. A forza di entrare in combutta con persone che, senza avere simpatie jihadiste, sono comunque in una forma di islamismo radicale, e tengono discorsi ambigui anche rispetto al terrorismo, questa sinistra ha aperto le porte ai peggiori discorsi islamofobi.
(Traduzione di Mauro Zanon)
Il Foglio internazionale