Un Foglio internazionale
Il Natale al tempo del Wokistan crea “problemi esistenziali”
Da Bruxelles ai sindaci verdi, il Figaro ci spiega come gli eletti progressisti si adoperano per decostruire questa festa tradizionale
Soffermarsi sulle innumerevoli sciocchezze, non prive di inventiva, prodotte dalla maggior parte degli eletti ecologisti (i quali si preoccupano in realtà assai poco dell’ecologia), è un po’ come gustare con stupore e golosità le gioie quotidiane di un calendario dell’avvento: ogni giorno ha il suo piccolo piacere, la sua piccola decisione ridicola, la sua volontà patetica di provocare, il suo desiderio infantile di “scioccare il borghese” (e il popolo tanto disprezzato), la sua ossessione di decostruire i codici e i riferimenti tradizionali, in particolare quando sono legati al patrimonio storico cristiano (horresco referens!) della Francia (solo parolacce!) – scrive la saggista e ricercatrice universitaria Anne-Sophie Chazaud –. E le dichiarazioni o le decisioni grottesche si susseguono in una sorta di concorso segreto a cui sembrano voler partecipare questi sindaci (…). C’è stata per esempio la corsa alla scrittura inclusiva, linguaggio incomprensibile che in realtà esclude tutti quelli che hanno difficoltà di lettura e difficoltà cognitive, ci sono state le strane dichiarazioni sul 5G (che servono, secondo l’inenarrabile sindaco di Grenoble Éric Piolle, a “guardare i porno in ascensore”), i divieti di sorvolare Lione alla Patrouille de France (le Frecce tricolori francesi, ndr), le dichiarazioni imbecilli sul Tour de France e tante altre corbellerie. C’è stata anche una nebulosa semantica di nuovi termini all’interno degli esecutivi locali (…) come ha ricordato con ironia Judith Waintraub: “A Strasburgo, la ‘città resiliente’ e la ‘città inclusiva’ hanno ciascuna il suo assessore. Bordeaux dà il là con una prima vice sindaca ‘incaricata delle finanze, della sfida climatica e dell’uguaglianza tra donne e uomini’, un’altra ‘incaricata della democrazia permanente, della vita associativa e della governance attraverso l’intelligenza collettiva’, un assessore all’‘urbanismo resiliente’, consiglieri municipali delegati alla ‘sobrietà del digitale’ e alla ‘resilienza alimentare’, all’‘economia circolare’, ai ‘rifiuti zero’ e allo sviluppo di una ‘moneta locale’”.
In mezzo a questo caos linguistico ricorrente e a queste decisioni ridicole, la questione del Natale torna regolarmente come un ago (di un abete) nel piede dei nostri apprendisti politici.
Ci ricordiamo in particolare che lo scorso anno, nello stesso periodo, il sindaco di Bordeaux Pierre Hurmic aveva dichiarato all’improvviso: “Non metteremo degli alberi morti (sic) nelle piazze della città. Non è la nostra concezione della vegetalizzazione. Alla fine del 2020, adotteremo la Carta dei diritti dell’albero”. E in effetti, alcuni giorni fa, è accaduto proprio questo, perché il nostro caro sindaco, a quanto pare più interessato ai diritti degli alberi che ai diritti dei suoi cittadini di vivere in sicurezza, ha firmato mercoledì una Dichiarazione dei diritti dell’albero (sic), annunciando anche una serie di misure per vegetalizzare la città. Nessun albero morto, dunque, l’espressione aveva fatto ridere tutta la Francia. Tuttavia, dietro l’espressione grottesca, si nascondeva un’agenda ideologica che non si poteva eludere: l’obiettivo, naturalmente, era quello di non celebrare il Natale in maniera tradizionale. Aggiungiamo anche che gli specialisti della filiera del legno si erano fortemente indignati, facendo notare la stupidità anche dal punto di vista ecologico della misura: “Se ha un cervello, è bene che il sindaco di Bordeaux impari a riflettere. L’abete di Natale è come il grano, si pianta e si raccoglie. Non c’è una deforestazione. Loro, nella regione di Bordeaux, producono il vino, tagliando i grappoli di uva. Noi facciamo esattamente la stessa cosa”, faceva osservare Gérard Maternaud, produttore di abeti. Troppo complicato da capire, a quanto pare (…).
Sembra tra l’altro che Natale ponga gravi problemi esistenziali ai tempi del Wokistan, in maniera generale e al di fuori delle pagliacciate bordolesi. Di recente, si è venuti infatti a scoprire che la commissaria europea all’Uguaglianza, Helena Dalli, aveva pubblicato una guida intitolata “Guidelines for Inclusive Communication” (raccomandazioni per una comunicazione inclusiva), in cui, in non meno di diciotto pagine, vengono indicate delle raccomandazioni semantiche con l’obiettivo di modellare ideologicamente gli spiriti secondo il vento neoprogressista che soffia permanentemente sulle istituzioni dell’Unione europea e sulla loro spaventosa agenda di deculturazione. Fra le varie considerazioni assurde (come per esempio quella di proscrivere “Signore, signori”, perché il genere è troppo esplicitato), viene chiaramente indicato che la nozione stessa di Natale deve essere messa al bando, poiché sembra presupporre che tutti sono cristiani – quando invece si tratta semplicemente di rivendicare le origini e la tradizione culturale europea, che a quanto pare apprezza particolarmente tirarsi la zappa sui piedi e odiare se stessa. E’ più adatto, afferma questo nuovo Libretto Rosso, dire “vacanze” piuttosto che Natale. Di fatto, dobbiamo ammetterlo, si tratta proprio di vacanza, nel senso etimologico di vuoto, della vacuità di un messaggio il cui senso stesso non è nient’altro che il vuoto che lo costituisce. Celebriamo il vuoto con gioia e buon umore! (…). E non si deve mai dimenticare la frase illuminante di Roland Barthes che ricordava che “il fascismo non è impedire di dire: è obbligare a dire”. Obbligare a dire “Fantastico dicembre” o “Buonissime vacanze” in un gioco perverso e falsamente ingenuo.
(Traduzione di Mauro Zanon)
Il Foglio internazionale