un foglio internazionale
“Il neofemminismo è inutilmente aggressivo, radicale ed estremista
La giornalista e scrittrice Tristane Banon, che nel 2011 denunciò Dominique Strauss-Kahn, invoca la “pace dei sessi”, scrive L’Echo (27/12)
La giornalista e scrittrice Tristane Banon, che nel 2011 denunciò Dominique Strauss-Kahn, ex presidente del Fondo monetario internazionale, per un tentativo di stupro, ha pubblicato un saggio (“La paix des sexes”, Éditions de l’Observatoire) in cui invoca la “pace dei sessi” proponendo un “femminismo universalista” che riconcilierebbe gli uomini con le donne.
L’Echo – Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Tristane Banon – Non mi riconosco più nel movimento neofemminista, che demonizza ed esclude gli uomini. Oggi, secondo le neofemministe, un uomo non può parlare di femminismo. Ma non c’è bisogno di essere una donna per parlare di femminismo, così come non c’è bisogno di essere nero per parlare di razzismo. Il fatto che nel 2021 gli uomini decidano di parlare di femminismo mi sembra una buona cosa.
Come caratterizzerebbe questa guerra tra i sessi?
La guerra tra i sessi è esistita in un’epoca in cui il diritto sacralizzava una differenza tra i sessi. Quando la donna poteva essere sposata a partire dai 15 anni d’età, quando doveva chiedere l’autorizzazione per lavorare, etc., gli uomini e le donne erano nettamente in opposizione, poiché non beneficiavano degli stessi diritti. Ma oggi non è più così. L’ultima legge che differenziava donne e uomini è caduta: quella dell’età minima del matrimonio. Va detto che tutte le leggi che hanno fatto progredire l’uguaglianza tra uomini e donne sono state soprattutto votate dagli uomini. L’attuale quadro giuridico, dunque, non giustifica più alcuna guerra tra i sessi.
Il problema, secondo lei, esiste dunque soltanto nell’applicazione della legge?
Sì, non esiste uno stato “fallocratico” o un mondo diretto dal patriarcato. Il problema è diverso: lo stato ha provato a costruire un’uguaglianza che non esiste nel quotidiano. Per accedere a questa applicazione dei diritti, bisogna impegnarsi tutti insieme. E’ un lavoro collettivo. E’ per questo motivo che difendo un femminismo universalista. Non si raggiungerà l’obiettivo tagliando fuori metà dell’umanità…
Ma lei non pensa che sussistano comunque delle tracce di patriarcato nelle nostre società, che favoriscono gli uomini mantenendoli in una posizione di dominazione rispetto alle donne?
Il sessismo sistemico non esiste più, così come non esiste più il razzismo sistemico. Ciò che esiste ancora sono i riflessi sessisti. Non si possono prendere dei casi particolari per descrivere delle cose generali. Questi luoghi dove il sessismo resiste, bisogna combatterli. Ma sottolineiamo una cosa: molto spesso, gli uomini sono d’accordo su questo aspetto. Prendiamo l’esempio della disuguaglianza salariale: è vietata dalla legge. Non ho mai visto degli uomini reclamare la disuguaglianza salariale in un’azienda! Certo, a qualcuno fa sempre comodo. Ma perché non immaginare che, collettivamente, si possano cambiare le cose? Queste possibilità non sono messe in rilievo dalle attuali femministe. Mi piacerebbe che le femministe decidessero di prendere veramente in mano la questione dell’uguaglianza salariale.
Il neofemminismo, ai suoi occhi, non apporta dunque nulla di positivo?
Influisce sulla coscienza collettiva a forza di battage mediatico. Può avere un impatto collettivo. Ma il neofemminismo, ai miei occhi, resta inutilmente aggressivo, radicale e estremista. Non solo non apporta una soluzione, ma molto spesso sfocia in qualcosa di controproducente, come si è visto nell’affaire Mila.
E’ antidemocratico?
Quando le neofemministe reclamano la presunzione di veridicità siamo di fronte a qualcosa di antidemocratico. Il neofemminismo vede ogni cosa attraverso il filtro della donna e si rifiuta di prendere in considerazione l’interesse collettivo. E’ la peculiarità della radicalità: allontanarsi dal compromesso. Le neofemministe compromettono il compromesso. Ma la convivenza implica sempre un compromesso. Non ho mai visto nella società dei progressi che devono qualcosa alla radicalità.
La traduzione è di Mauro Zanon