Mairie de roubaix, tramite Wikimedia Commons 

Un foglio internazionale

"Roubaix è  il simbolo della debolezza dello stato dinanzi all'islamismo"

Il giurista Amine Elbahi è minacciato di morte e sotto protezione della polizia da quando è stato diffuso un documentario sulla sua città 

Un Foglio Internazionale, le segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere a cura di Giulio Meotti




C’è voluto un nuovo reportage per mostrare l’ampiezza della frattura economica e sociale a Roubaix, lì dove si trovano le fondamenta del separatismo islamista, radicato in alcuni nostri quartieri – scrive il giurista Amine Elbahi sul Figaro. Mi sorprende la nostra capacità di indignarci collettivamente per una situazione che conoscevamo da molto tempo. Alla stregua di altri cittadini, avevo già lanciato l’allarme nel 2016 sull’assenza dello stato e sulla crescita progressiva dell’islam radicale in una lettera aperta intitolata “Elle est partie défier la République qui n’a pas su la retenir” (parlava della sorella, partita a fare il jihad in Siria, ndr). Roubaix, come numerosi territori in Francia, è diventata il simbolo del fallimento dello stato, incapace di affermare la propria autorità. Eppure, all’indomani del reportage della trasmissione “Zone interdite” sull’islam radicale nella città di Roubaix, sono state ordinate diverse operazioni di controllo da parte della polizia e sono stati chiusi alcuni negozi per decisione del prefetto. Ancora una volta, una volta di troppo, lo stato non ha agito: ha reagito. E’ dunque la concezione dell’esercizio del potere al vertice dello stato che deve poter essere discussa liberamente, all’alba delle elezioni presidenziali del 2022. Per vigliaccheria, l’inazione di alcuni responsabili politici ha consacrato un diritto alla differenziazione. Gli islamisti l’hanno sfruttato come dovere di appartenenza comunitario. Questo rafforzamento della discriminazione tramite l’astensione ha alimentato i nostri nemici che considerano la Francia una parolaccia nei territori perduti della Repubblica. 

Per ritrovare una fiducia nella società, sarà necessario individuare la responsabilità di alcuni eletti e inasprire le loro pene. Quando dei rappresentanti politici lasciano agire i nostri nemici, per inazione o accecamento ideologico, devono rispondere dei loro atti e essere sanzionati. Resisteremo contro l’islamismo solo se martelleremo a voce alta il nostro attaccamento alla Repubblica francese, la nostra fierezza condivisa di essere francesi. Dinanzi all’islamismo, è necessaria una risposta. Ma ha bisogno di strumenti e di un’ambizione che attualmente mancano. Per questo, bisogna uscire dalla negazione della realtà, senza stigmatizzare, né sprofondare nell’esagerazione

 

Oggi, la quasi-totalità dei musulmani in Francia rispetta le leggi della Repubblica, ma una minoranza rumorosa, che aderisce a un islam radicale, si esprime e agisce in loro nome. Ma chi è islamista e chi non lo è? La battaglia contro l’islamismo è diventata uno slogan di fronte al quale i nostri responsabili politici sono incapaci di determinare precisamente chi è il loro nemico. La sfida per la Repubblica sarà quella di affermare ciò che tollera e ciò che vuole sul suo territorio. Per questo, mi auguro che venga lanciata una controffensiva repubblicana attraverso l’instaurazione di una Convenzione nazionale contro l’islamismo. Agire per la riconciliazione significa anche consultare su larga scala alcuni cittadini volontari, intellettuali, giornalisti, professori, eletti e rappresentanti dei culti per liberare i musulmani di Francia dal fondamentalismo islamista. Solo mettendoci d’accordo tutti assieme sull’identità del nostro nemico agiremo in maniera efficace contro l’islamismo, utilizzando l’apparato dello stato, ma garantendo allo stesso tempo la libertà di culto e la laicità. 

Se la Repubblica deve agire dappertutto, la scuola deve affermare la sua volontà unificatrice attorno alla nostra eredità comune. Deve essere l’incarnazione della trasmissione della nostra storia, della nostra memoria e del nostro patrimonio. La scuola deve permettere di esportare la nostra cultura francese e i nostri ideali universali, grazie alla nostra lingua. Per questo, bisognerà rafforzare le esigenze in materia di sintassi, di ortografia, di coniugazioni, di lettura e di letteratura. La scuola non è solo il luogo della trasmissione dei diritti, deve anche far rispettare i doveri rafforzando l’istruzione pubblica, esigere la conoscenza dei saperi e affermare l’autorità del professore. Deve essere l’impulsione della meritocrazia repubblica: il lavoro deve essere ricompensato con l’instaurazione di scuole professionali di eccellenza, con un piano di trasformazione sociale e professionale per rispondere all’attuale tensione sul mercato del lavoro. La scuola deve poter risvegliare lo spirito francese, condividerlo, farlo amare. La scuola di domani ha l’obbligo di far riflettere i nostri futuri figli e di annientare le ideologie totalitarie.

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