Un Foglio internazionale
Berlino 1936 e Pechino 2022: lo spirito olimpico al servizio del totalitarismo
La Cina di Xi Jinping non è la Germania di Hitler. Ma esistono punti in comune nelle configurazioni e nelle dinamiche
Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere a cura di Giulio Meotti
Dal 1° al 16 agosto 1936, i Giochi olimpici estivi di Berlino furono messi a servizio della propaganda nazista, per magnificare la potenza dello stato totalitario e l’ideologia che rivendicava la superiorità della razza ariana – scrive Nicolas Baverez sul Point –. Attribuiti alla Repubblica di Weimar nel 1931 per marcare la reintegrazione della Germania nella Società delle nazioni, i Giochi di Berlino permisero così a Hitler di consolidare la propria legittimità davanti ai tedeschi e nel mondo. Diedero del Terzo Reich l’immagine totalmente ingannevole di una nazione pacifica, tollerante e moderna, che mascherava il razzismo di stato così come il riarmo a tappe forzate. Il giorno dopo la cerimonia di chiusura, le persecuzioni contro gli ebrei, sospese durante le gare, si intensificarono, fino a sfociare nella Notte dei cristalli dal 9 al 10 novembre 1936. La corsa alla guerra, avviata con la rimilitarizzazione della Renania nel marzo 1936, si accelerò, punteggiata dall’annessione dell’Austria, dallo smantellamento della Cecoslovacchia, e in seguito dall’invasione della Polonia. Il mondo degli anni Venti del Ventunesimo secolo è molto diverso da quello degli anni Trenta del Ventesimo secolo. E la Cina di Xi Jinping non è la Germania di Hitler. Ma esistono punti in comune nelle configurazioni e le dinamiche.
Designando Pechino per organizzare i Giochi olimpici invernali del 2022 dopo quelli estivi del 2008, il Comitato olimpico internazionale ha deliberatamente ignorato l’avvertimento di Churchill che ricordava che “un popolo che dimentica il proprio passato è condannato a riviverlo”. Ciò offre a Xi Jinping, nel pieno della crescita delle tensioni internazionali, un’occasione unica per celebrare il suo modello di totalitarismo digitale e per mettere in scena la solidarietà dei regimi autoritari, che vogliono liquidare la democrazia così come i valori universali di cui l’olimpismo è uno dei frutti, al fine di ritagliarsi delle sfere di influenza in cui qualsiasi libertà verrà proscritta. I Giochi olimpici invernali, iniziati lo scorso 4 febbraio a Pechino, resteranno nella storia non per la loro dimensione sportiva, ma per il loro carattere aberrante, che spinge fino all’estremo le derivi mercantilistiche e l’assenza di etica del Comitato olimpico internazionale.
Aberrazione sportiva, con gare senza pubblico e falsate dalla bolla securitaria che ha permesso soltanto agli atleti cinesi di allenarsi nei luoghi delle competizioni e che concentra il rischio di esclusione in caso di test positivo sui loro avversari stranieri. Aberrazione sanitaria, con la valorizzazione del paese che ha fatto sorgere e lasciato diffondersi per colpa del suo silenzio la peggiore epidemia dai tempi dell’influenza spagnola del 1918, strumentalizzando allo stesso tempo il Covid per rafforzare il suo controllo sulla vita quotidiana della popolazione. Aberrazione ecologica di Giochi olimpici organizzati in una regione molto arida, e, per la prima volta nella storia, su una neve 100 per cento artificiale prodotta da 100 generatori e 300 cannoni sparaneve che hanno consumato 185 milioni di litri d’acqua nel quadro della riserva naturale di Songshan, amputata di un quarto della sua superficie per tracciare delle piste da sci e da bob. Aberrazione finanziaria, con un costo faraonico di più di 34 miliardi di euro. Aberrazione politica, con la strumentalizzazione dei Giochi a favore del culto della personalità di Xi Jinping nell’anno in cui vuole ripristinare i princìpi maoisti del potere a vita.
Aberrazione internazionale con il mantenimento della scelta di Pechino nel momento in cui le minacce di un conflitto armato da parte della Cina e della Russia verso Taiwan e l’Ucraina toccano il culmine. Aberrazione morale, con la celebrazione di un regime totalitario organizzato attorno a un Big Brother digitale che ha internato la popolazione uigura dello Xinjiang, annesso il Tibet e Hong Kong, e posto ogni individuo sotto una sorveglianza digitale permanente. I Giochi invernali di Pechino ci offrono un’immagine fedele del mondo degli anni Venti del Ventunesimo secolo.
Un mondo dove si parla della transizione ecologica ma si continua a investire in attività predatorie in materia ambientale. Un mondo in cui l’olimpismo si è dissolto nello sport business e nella corruzione. Un mondo in cui gli uomini forti delle democrature manifestano le loro ambizioni di potenza e la loro solidarietà, come mostrato dalla cerimonia di apertura dei Giochi di Pechino trasformata in un ballo degli autocrati. Sono passati soltanto tre anni tra i Giochi di Berlino e il patto Molotov-Ribbentrop dell’agosto 1939 che sancì l’alleanza dei totalitarismi e diede a Hitler il via libera per conquistare l’Europa. E’ giunta l’ora che i cittadini delle democrazie, e in particolare nel nostro continente, smettano di comportarsi da spettatori della loro servitù annunciata, per prendere coscienza dei pericoli cui vanno incontro e mobilitarsi a servizio della difesa della libertà.
Un Foglio internazionale