Ursula von der Leyen e sullo sfondo il presidente ucraino Zelensky durante il discorso al Parlamento europeo (Ansa)

un foglio internazionale

“L'Europa ha appena detto no al suo declino annunciato”

“La guerra in Ucraina, come qualsiasi guerra, è un’accelerazione della Storia”, sottolinea lo storico francese Jacques Julliard scrive Le Figaro (6/3)

Pochi francesi conoscono la parola Holodomor – scrive Jacques Julliard –. È un termine ucraino che indica lo sterminio per fame di cui è stata vittima l’Ucraina, così come il Kuban e il Kazakistan nel 1932-1933, e che fece secondo le stime tra i 2,5 e i 6 milioni di morti. La cifra considerata più attendibile è 4 milioni. Quasi l’equivalente della Shoah. L’Holodomor sta al popolo ucraino come la Shoah sta al popolo ebraico. La maggior parte degli storici, sulla scia di Robert Conquest, concordano nel dire che tale carestia, in una regione che è il granaio d’Europa, è il risultato di una decisione volontaria di Stalin, che ha deliberatamente punito gli ucraini, ribellatisi a più riprese contro il totalitarismo bolscevico (…). Questo promemoria era necessario. Come si può pensare che una tragedia di tale entità non sia presente nella mente degli uni e degli altri mentre si fanno la guerra? Come si può pensare che l’idea dominante che hanno gli ucraini del potere centrale russo sia altro che la barbarie? Come si può non capire l’aspirazione della quasi-totalità del popolo ucraino ad avvicinarsi all’occidente? 

 

Perché alla maniera dei peggiori dittatori, che non sopportano che i fatti resistano loro più delle persone, Vladimir Putin non ha paura di fare dell’Ucraina una creazione di Lenin, che avrebbe in sostanza staccato dalla Russia: “L’Ucraina contemporanea è stata interamente e completamente creata dalla Russia, e più precisamente dalla Russia comunista, bolscevica (…). Lenin e i suoi compagni hanno agito in modo poco rispettoso con la Russia. Le hanno strappato una parte dei suoi territori storici”. È difficile in un testo, estratto del suo discorso del 21 febbraio, dire così tante contro-verità in così poche parole, quando si conoscono i fatti di cui ho parlato poc’anzi, il martirio inflitto dai bolscevichi al popolo ucraino. Che mancanza di rispetto, in effetti. Non sorprende nemmeno che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, lui stesso ebreo, diventato la figura emblematica del suo popolo, abbia lanciato un appello agli ebrei di tutto il mondo per resistere a un progetto che sottende la distruzione dell’Ucraina. E’ in questo contesto che il missile russo caduto vicino a Babi Yar, ossia al monumento commemorativo del massacro di 33.700 ebrei da parte dei nazisti, è diventato un simbolo. In queste condizioni, l’esigenza formulata da Putin di una “denazificazione” dell’Ucraina è humour nero (…). 

 

L’invasione dell’Ucraina nel 2022 non è un atto isolato. Tutta la storia dell’Urss, da Lenin a Stalin fino a Putin, con la sola eccezione di Gorbaciov (1985-1991) è un’interminabile serie di aggressioni e di atti di forza all’interno dell’ex Urss; ma anche delle ex democrazie popolari come a Budapest nel 1956; o a Praga nel 1968, sotto la guida di Leonid Breznev. Putin non è stato a guardare, con la Cecenia (1999-2006), la Georgia (2008), la Crimea (2014) e ora l’Ucraina. Preferisco cedere qui la parola a Wiktor Stoczkowski, che in un articolo pubblicato sul Figaro Vox il 1° marzo ha dichiarato: “Se la politica di Putin fosse il frutto di una follia, allora bisogna giungere alla conclusione che tutti i dirigenti russi da un secolo a questa parte erano pazzi, perché tutti, ad eccezione di Gorbaciov, hanno portato avanti la stessa politica brutale e cinica” (…). La guerra in Ucraina, come qualsiasi guerra, è un’accelerazione della Storia. 

 

L’evento primordiale, quello che sovrasta tutti gli altri, è la fine del dominio americano sul mondo. Che un Putin, al vertice di un paese con un’economia precaria, una demografia in declino e una perdita di prestigio, possa pagarsi il lusso, forte del suo potenziale militare e nucleare, di un’aggressione di grande entità ai danni di uno stato delle dimensioni dell’Ucraina, la dice lunga sulla fine della dominazione americana. Al tempo della grandeur degli Stati Uniti, Putin, molto semplicemente, non avrebbe mai osato. Ma successivamente, in modi diversi, gli ultimi tre presidenti, Obama, Trump e Biden, hanno fatto sapere al mondo che avrebbero chiuso i battenti. Le conseguenze in Afghanistan, nel Medio oriente e più ancora nel Mar cinese si sono fatte rapidamente sentire. Ovunque i regimi autoritari, dalle democrature ai più totalitari, hanno rialzato la testa. Ma grazie a un’altalena che per una volta pende dalla nostra parte, l’Europa si è risvegliata, o meglio, visto che è un fatto nuovo, si è svegliata. Sta intraprendendo il cammino opposto a quello che seguono attualmente gli Stati Uniti d’America. L’Europa, gigante economico e allo stesso tempo nano politico, si è ritrovata improvvisamente al primo rango della storia che si sta scrivendo, e tutto ciò con l’accordo unanime dei suoi membri.

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