Putin non è certo un genio
Robert Service contro l’immagine da grande leader del presidente russo. Le sue scelte scriteriate ricadranno sul suo popolo oltre che sull’Ucraina
"L’invasione russa dell’Ucraina è la conseguenza di due enormi errori strategici”. Così inizia l’intervista di Tunku Varadarajan del Wall Street Journal a Robert Service, professore emerito al St. Antony’s College dell’Università di Oxford e tra i massimi esperti di Russia. “Il primo errore si è verificato lo scorso 10 novembre, quando gli Stati Uniti e l’Ucraina hanno firmato il Charter on Strategic Partnership, un’intesa che affermava il sostegno americano a un’eventuale adesione dell’Ucraina nella Nato. Il patto ha reso più probabile l’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza prima o poi, una prospettiva intollerabile per Vladimir Putin. E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, dice Service. In seguito, la Russia ha iniziato a preparare la cosiddetta “operazione militare speciale”, ovvero l’invasione dell’Ucraina.
In un altro vertice Nato tenutosi cinque mesi prima, l’occidente aveva garantito che Kiev sarebbe entrata a fare parte dell’organizzazione nel momento in cui avrebbe soddisfatto i criteri di ingresso. Secondo Service, questa strategia è stata disastrosa. L’occidente ha spinto l’Ucraina sulla questione Nato senza riflettere sulla reazione di Mosca. “Non è stato fatto nulla per preparare gli ucraini alla risposta negativa che avrebbero ricevuto”, dice lo studioso. L’occidente sapeva che l’Ucraina era una delle fissazioni di Vladimir Putin, il quale aveva esternato in più di un’occasione la sua opposizione all’ingresso di Kiev nella Nato. Il presidente russo è contrario non solo perché considera l’Ucraina uno stato satellite russo, ma anche perché non può permettere che un paese slavo, e per di più confinante, possa seguire uno sviluppo democratico. “Al popolo russo potrebbero venire in mente strane idee”.
Il secondo errore strategico è stata la sottovalutazione da parte di Putin dei suoi rivali. “Lui disprezza l’occidente e quella che considera la sua decadenza – spiega Service –. Questo lo ha portato a credere che l’occidente fosse a pezzi, sia politicamente che culturalmente”. Il presidente russo era anche convinto che i leader dei paesi Nato “avessero poche qualità e fossero inesperti in confronto a lui, che è al potere da vent’anni”. Putin credeva che l’invasione sarebbe stata una passeggiata, e contava sul fatto che l’addio dell’ex cancelliera tedesca Angela Merkel avesse indebolito ulteriormente i suoi rivali. Non si aspettava che l’invasione avrebbe unito i leader dei paesi Nato, e dato vita a una risposta unita e decisa. Service non è d’accordo con chi crede che Putin sia un “genio”, e sostiene invece che il capo del Cremlino sia “mediocre e scriteriato”. “Quale sorta di leader russo può rendere impossibile per il suo omologo tedesco evitare l’aumento degli armamenti?”, si domanda Service.
Nella seconda parte dell’intervista, lo studioso si sofferma sulla psicologia e l’ideologia di Putin, e gli scenari futuri della guerra. La chiave per capire il presidente russo è l’idea che il suo paese “sia una grande potenza globale”, e che la sua sfera d’influenza si debba estendere al maggior numero possibile di ex repubbliche sovietiche. Nella sua visione del mondo, “non esiste paese più importante dell’Ucraina”. Putin ha una visione messianica di se stesso; crede che il suo compito sia quello di restituire alla Russia il suo destino storico.
A differenza di Stalin, Putin non estromette chi la pensa diversamente, a meno che questi non entri a fare parte dell’opposizione. Piuttosto, il presidente li “neutralizza, intimidisce e tratta come degli scolaretti”. Putin gestisce il suo governo come una corte, con la differenza che “gli zar erano più educati nei confronti dei loro ministri”.
Il capo del Cremlino vede il periodo sovietico come una rottura dal percorso di grandezza che la Russia avrebbe dovuto intraprendere. A volte il presidente russo si esprime positivamente su Stalin, ma non ha mai detto nulla di buono su Lenin, che a suo dire ha commesso un peccato originale nel 1922, quando ha dato vita a una federazione di repubbliche, ciascuna con i propri confini, all’interno dell’Unione sovietica. “Questo ha fatto sì che nel 1991 l’Urss si frammentasse in tanti stati indipendenti”. L’ideologia di Putin non c’entra nulla con il comunismo, anche se alcuni dei suoi metodi – ad esempio, l’idea che la polizia segreta sia uno strumento nelle mani del governo – ricordano quelli utilizzati dall’Urss. Putin è stato un dirigente del Kgb – i servizi segreti dell’epoca sovietica che nel frattempo sono diventati l’Fsb – e quella continua a essere la sua impronta. “Putin disprezza la democrazia – sostiene Service –. Lui crede nel diritto del leader di imporre l’autorità dello stato sulla società. Secondo lui, questo è positivo per i cittadini perché porta stabilità e prevedibilità nelle loro vite”.
Quando gli viene chiesto di prevedere come finirà la guerra, Service risponde che la Russia vincerà riducendo l’Ucraina a un cumulo di macerie, anche se questo non farà altro che aumentare il disprezzo degli ucraini nei confronti di Mosca. Guardando al passato, la guerra in Ucraina ricorda l’invasione dell’Ungheria del 1956 più che l’intervento in Cecoslovacchia del 1968. “Quando i sovietici hanno represso la rivoluzione ungherese, hanno scontato delle conseguenze economiche pesanti. Hanno fornito gas e petrolio a basso costo agli ungheresi. Mosca pagò il mantenimento dell’Ungheria nella sua orbita politica a caro prezzo, e lo stesso succederà con l’Ucraina. E allo stesso modo, i russi verranno odiati”.
Secondo Service, l’unica soluzione a questo conflitto è la deposizione di Putin. Questo potrebbe accadere in due modi. Il primo è una congiura di palazzo, che al momento appare “molto, molto improbabile”. Il secondo è una rivolta popolare: proteste di piazza e manifestazioni anti governative causate dai costi della guerra e dalle sanzioni economiche imposte dall’occidente. Il buon esito di una congiura di palazzo necessita del sostegno dell’establishment russo, che al momento ancora non si vede. La Chiesa ortodossa non ha condannato la guerra, e lo stesso si può dire dell’Accademia delle scienze. L’establishment finora è stato silenzioso ma questo potrebbe cambiare con il passare del tempo, quando i costi della guerra diventeranno chiari. Le sanzioni occidentali non vieteranno solamente agli oligarchi di trascorrere le vacanze nella riviera francese o mandare i loro figli a Eton, ma li porteranno a “sostenere una condotta scriteriata, che costringerà la Russia a presidiare lo stato più grande d’Europa, pieno di persone arrabbiate e assetate di vendetta”.
Service evoca il precedente storico di Lavrentiy Beria, il capo dei servizi di sicurezza stalinisti e grande favorito per la successione del leader dopo sua morte nel 1953. Tuttavia, la nomenclatura comunista dell’epoca processò e giustiziò Beria perché non si sentiva al sicuro con lui. Service suggerisce che anche Putin potrebbe fare la stessa fine. “E’ abbastanza possibile che gli uomini vicini al presidente si convincano che il miglior modo di servire l’interesse collettivo della Russia sia liberarsi di lui (…). Più va avanti la guerra più aumenta il rischio che nascano dei movimenti di protesta difficilmente controllabili. Specialmente se alcuni elementi della polizia si trovano a simpatizzare con le stesse persone che devono reprimere. La storia russa è piena di agitazioni e rivoluzioni. Le proteste del 1905 hanno quasi portato a un rovesciamento. Nel febbraio 1917 è successo proprio questo. Alcune manifestazioni negli anni trenta hanno fatto tremare Stalin; intere città si sono ribellate contro il rincaro nel prezzo della carne nel 1962; e lo sciopero dei minatori nel 1989 ha destabilizzato la politica sovietica”.
La rivoluzione c’è stata solamente in due occasioni ma, argomenta Service, “esiste una possibilità remota che il combinato disposto tra il disordine nelle strade e il malcontento dell’élite” possa portare alla fine del putinismo. Lo studioso è certo che gli ucraini continueranno a opporsi ai russi anche in caso di conquista.
“Gli ucraini hanno sviluppato un forte senso di patria nel ventesimo secolo; sono un popolo fiero che ha visto ciò che gli è successo durante il dominio sovietico, e per questo non vuole essere dominato un’altra volta. L’Ucraina viveva sotto il controllo di Mosca negli anni Trenta, quando milioni di persone sono morte a causa della carestia di Stalin; lo stesso è successo alla fine degli anni Quaranta, dopo il termine della guerra. Penso che i cittadini non vogliano che la storia si ripeta di nuovo. L’invasione dell’Ucraina non è una tragedia solamente per l’Ucraina – conclude Service –. E’ una tragedia anche per la Russia. I russi non meritano un leader come Putin. In effetti non hanno avuto molta fortuna con i leader negli ultimi 150 anni. Anzi, hanno avuto una gran sfortuna”.
(Traduzione di Gregorio Sorgi)
Il Foglio internazionale