un foglio internazionale
Il pil non è tutto, ma tutto il resto funziona grazie alla crescita economica
La recessione ci renderà meno nostalgici verso il passato pre industriale. La cultura e l’equità sociale funzionano meglio nei paesi ricchi, scrive il Financial Times
Il commento di Janan Ganesh sul Financial Times inizia con una delle frasi più famose di Robert Kennedy, risalente al 1968: “Il prodotto interno lordo conta l’inquinamento dell’aria e le pubblicità delle sigarette, ma non la bellezza della nostra poesia e la forza dei nostri matrimoni”. Molti anni dopo, nel 2006, l’allora capo dei conservatori britannici David Cameron fece lo stesso discorso: “E’ ora di ammettere di nuovo che nella vita non ci sono solo i soldi”. Quindici anni dopo, molte persone hanno visto il lockdown come un segno che Madre Natura ci stesse indicando di andarci piano con la produzione economica. Secondo Ganesh, questa ideologia rischia di fare la stessa fine della morte del turismo (è tornato ai livelli del 2019) e della morte della movida (“provate a prenotare un tavolo”, scherza il commentatore). Per quanto dolorosa, la recessione alle porte renderà meno appetibile il cosiddetto post materialismo e ci farà rivalutare la crescita economica.
Ci sono due problemi con la teoria che il pil non è tutto. Primo: nessuna persona di buon senso ha mai sostenuto che lo sia. Secondo: il pil è quasi tutto. Molti dei conflitti che dividono la nostra società – città contro provincia, immigrati contro sovranisti – sono esistiti ben prima della crisi del 2008. La differenza è che il governo riusciva a mascherarli con una massiccia spesa sociale. Inoltre, Kennedy e Cameron (non a caso, entrambi di buona famiglia) ignorano che i paesi ricchi performano meglio degli stati poveri in quasi tutti gli indicatori – anche quelli che non implicano alcun costo, come il voto alle donne o il tasso di omicidi. Inoltre, la distinzione che fanno i due leader tra la crescita economica e i veri piaceri della vita è piuttosto labile. La manutenzione dei monumenti richiede soldi, le poesie si scrivono nel tempo libero, che presuppone denaro.
Questa ideologia anti materialista è sempre esistita, come si evince dalle allusioni medievali dell’intrattenimento di massa del ventunesimo secolo: Wolf Hall, Game of Thrones, i riferimenti alla Gran Bretagna pre industriale nell’inaugurazione olimpica di dieci estati fa. La pandemia ha solamente dato credibilità a questa nostalgia per un passato meno dinamico. “Quello spazio politico dove i verdi, i conservatori e la sinistra si incontrano ora è affollato”, scrive l’Ft. Non c’è dubbio, la recessione porterà un po’ di buonsenso – conclude Ganesh – e farà riscoprire quanto sia importante la crescita per garantire tutto ciò che teniamo a cuore. “La domanda è se questa lezione imparata duramente sopravviverà al prossimo boom economico, alla prossima orazione contro la crescita e al suo più probabile fautore: il prossimo monarca”.
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