un foglio internazionale

La resistenza dell'Ucraina è sostenuta e armata da un occidente diviso

Il tentativo russo di guerra lampo è fallito, ma il conflitto si gioca su una doppia linea di fronte: in prima linea nel Donbas; nelle retrovie nelle società democratiche. La seconda è ancora più vulnerabile della prima, scrive Le Figaro 

La visita molte volte rinviata di Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Mario Draghi a Kyiv doveva simboleggiare l’unità dell’Unione europea nel suo appoggio all’Ucraina dinanzi all’invasione russa. L’annuncio di uno statuto di “candidata immediata” all’adesione all’Unione per Kyiv, e di un aiuto militare fornito finché sarà necessario per contrastare l’aggressione russa, non basta tuttavia a mascherare, tra le democrazie, l’aumento delle divergenze sull’obiettivo del conflitto così come sulla gestione della crisi planetaria che questo ha scatenato. Portando la guerra ad alta intensità nel cuore dell’Europa, l’invasione dell’Ucraina ha provocato il risveglio dell’occidente. Gli Stati Uniti hanno fornito un ampio sostegno a Kyiv, quarantatre miliardi, e si sono impegnati nuovamente nel continente, che accoglie ora più di centomila soldati americani. Gli europei hanno chiuso con le illusioni sulla pace perpetua. L’Unione europea ha deciso di aiutare l’Ucraina, anche sul piano militare, ha applicato delle sanzioni inedite contro la Russia e si è impegnata in un vasto piano di riarmo. La Nato è resuscitata attorno alla sicurezza collettiva e ha accolto la candidatura della Svezia e della Finlandia. Tuttavia, mentre il fallimento del blitzkrieg russo contro l’Ucraina si trasformava in una lunga e sanguinosa guerra d’attrito nel Donbas, si è insediato uno scontro senza pietà tra la Russia e le società occidentali, scontro che riguarda la loro rispettiva resilienza dinanzi alle conseguenze del conflitto.
 

Non c’è dubbio che la Russia ne uscirà sconfitta a lungo termine, in ragione del crollo della parte moderna della sua economia, ma resiste, come dimostrato dal valore del rublo e dall’aumento degli introiti garantiti dalle esportazioni di idrocarburi con l’impennata dei prezzi (novantatre miliardi di euro dall’inizio della guerra). Al contrario, la fatica della guerra avanza nelle opinioni occidentali, e allo stesso tempo si insedia una stagflazione – anche se le sue cause profonde sono estranee al conflitto. Ciò si traduce in tensioni crescenti tra le democrazie che la Russia cerca di inasprire, in particolare attraverso la riduzione della sua fornitura di gas. La resistenza dell’Ucraina dipende dalle consegne di armi dell’occidente, dinanzi al diluvio di fuoco che riversa Mosca. Ma gli stock di armi occidentali sono limitati. La consegna di attrezzature moderne presuppone di formare dei soldati incaricati di utilizzarle. Questi sistemi di armi, soprattutto, devono essere utilizzati efficacemente per la difesa dell’Ucraina senza che colpiscano il territorio russo. I disaccordi sugli obiettivi della guerra persistono, opponendo i fautori di una sanzione ai danni della Russia e i sostenitori della pace.
 

I paesi dell’Europa orientale e del Baltico, appoggiati dal Regno Unito, hanno fissato come obiettivo la sconfitta della Russia, al fine di impedirle qualsiasi nuova aggressione. I paesi dell’Europa dell’ovest – Francia, Germania e Italia – privilegiano una soluzione diplomatica per porre fine alla guerra, negoziando un compromesso territoriale con Mosca – anche se un cessate il fuoco attorno alle posizioni del 24 febbraio sembra fuori portata. Gli Stati Uniti applicano una linea intermedia: forniscono un aiuto militare decisivo a Kyiv, assicurandosi allo stesso tempo che non ci sia alcuna escalation, soprattutto nucleare, ed escludendo per ora un’iniziativa diplomatica. Anche le visioni sul dopoguerra sono diverse. Il conflitto si concluderà probabilmente con un cessate il fuoco precario e instabile. L’Ucraina non entrerà nella Nato, ma è candidata all’Unione, secondo una procedura e un calendario che restano da definire. La pianificazione e soprattutto il finanziamento della ricostruzione, che costerà almeno cinquecento miliardi di euro, vanno ancora pensati. La Russia uscirà indebolita e isolata dalla sua folle iniziativa imperialistica, ma sarà ancora più pericolosa. La normalizzazione delle relazioni economiche, finanziarie e strategiche con Mosca resterà impossibile per molti anni. Poiché importa i due terzi dei suoi equipaggiamenti militari, l’Unione deve rafforzare la sua industria e colmare le sue lacune nell’aviazione, nel settore dei droni, dello spazio e del cyber. Per ora, tuttavia, dominano le commesse all’industria americana. La guerra d’Ucraina si gioca su una doppia linea di fronte: in prima linea nel Donbas; nelle retrovie nelle società democratiche. La seconda è ancora più vulnerabile della prima. Dopo la mobilitazione unanime dettata dall’emozione, c’è il rischio della stanchezza e della divisione, che può essere superato soltanto con la ragione politica. Il riallineamento delle democrazie attorno a chiari principi è imperativo: la difesa della sovranità dell’Ucraina; il rifiuto di qualsiasi relazione normalizzata con la Russia fino a quando non rinuncerà ai suoi progetti imperialistici; il riequilibrio della Nato attraverso la costruzione di un pilastro europeo.