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Un Foglio internazionale

Il patrimonio urbano dell'Ucraina è bersaglio della guerra totale russa

Il professore Maxime Forest e lo scrittore Owen Hatherley, in una lettera aperta, invocano la difesa strenua dei beni culturali ucraini. È in corso una negazione sistematica delle specificità culturali del popolo ucraino

Ametà luglio, l’Unesco ha recensito 160 siti culturali parzialmente o totalmente distrutti in Ucraina, tra i quali 70 edifici religiosi, 30 palazzi storici, così come diversi musei e biblioteche. La direttrice dell’Unesco, Audrey Azoulay, ha sottolineato che queste ripetute violazioni ai danni dei siti culturali dovevano cessare. Ma per l’organizzazione, fondata nel 1945, e la cui missione verte soprattutto sulla protezione e la valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale dell’umanità, il ritorno della guerra totale in Europa costituisce una sfida importante. Lanciata in violazione delle leggi internazionali, la guerra condotta dalla Russia in Ucraina porta avanti obiettivi ideologici poco propensi alla negoziazione e favorevoli invece all’esecuzione di crimini di guerra. Essa è accompagnata dalla negazione sistematica delle specificità culturali del popolo ucraino, costitutive della sua identità collettiva, e presenta dunque numerose similitudini con le circostanze che hanno preceduto la fondazione dell’Unesco. In più, il regime di sanzioni imposto alla Russia suscita dei riallineamenti senza precedenti dai tempi della guerra fredda, indebolendo i meccanismi di sicurezza collettiva e i consessi multilaterali. Teatro di queste tensioni, le minacce di boicottaggio che hanno portato al rinvio della quarantacinquesima riunione del Comitato del patrimonio mondiale inizialmente previsto a Kazan, sotto la presidenza russa. Ma l’Unesco non ha comunque intenzione di rinunciare alla sua missione.

 

Essa si appoggia in primo luogo sulla Convenzione per la protezione dei beni culturali in occasione dei conflitti armati del 1954 e la Convenzione del 1970 sulla proibizione del traffico dei beni culturali. Oltre al precedente creato nel 2016 attraverso la condanna di un membro del gruppo terrorista Ansar Dine per la distruzione dei siti religiosi a Timbuctù, questo quadro permette di documentare le devastazioni commesse, di realizzare delle classifiche di emergenza o di prevenire la vendita dei beni rubati. Il secondo fondamento dell’azione dell’Unesco è di ordine tecnico e si basa sulla mobilitazione di esperti e di strumenti tali che le risorse satellitari dell’Istituto delle Nazioni unite per la formazione e la ricerca (Unitar) e del centro satellitare delle Nazioni unite (Unosat) permettono di repertoriare i siti colpiti, come oggi nelle regioni di Kyiv o Kharkiv (…). Poiché la Russia punta deliberatamente a causare delle distruzioni di massa nel tessuto urbano, prendendo di mira obiettivi civili situati nei quartieri residenziali, l’entità dei danni inflitti al patrimonio culturale impone di ridefinirne i contorni. Infatti, al di là dei sette siti ucraini iscritti al patrimonio mondiale dell’Unesco o nella lista provvisoria – per ora restano intatti – bombe e missili russi colpiscono essenzialmente il patrimonio architettonico del Ventesimo secolo. Un patrimonio culturale che beneficia della protezione più debole, sia a livello nazionale che internazionale, ma al quale è strettamente associata la memoria dei crimini e dei conflitti del Ventesimo secolo, che hanno definito la società ucraina contemporanea. E’ alla preservazione di questi siti profani – centri culturali, edifici ufficiali, università, “microdistretti” residenziali del periodo sovietico – spesso contestata dagli effetti congiunti della corruzione e della speculazione, che sono collegate numerose mobilitazioni di cittadini che hanno contribuito alla democratizzazione e all’europeizzazione dell’Ucraina dalla rivoluzione di Maidan in poi. In un momento in cui l’Unesco si appresta a prendere delle forti iniziative, tre questioni meritano di essere chiarite. Da una parte, è imperativo riconoscere la portata reale delle distruzioni inflitte a ciò che forma l’urbanità delle città in Ucraina, allargando il beneficio dell’assistenza tecnica al censimento dei danni subìti dal patrimonio modernista del Ventesimo secolo. Dall’altra, è indispensabile dare tutto lo spazio necessario agli attori non governativi: architetti, attivisti e centri di ricerca indipendenti, che hanno saputo riprodurre una pluridisciplinarità innovativa, mobilitando artisti, designers, attivisti e cittadini impegnati. Infine (…), ci sembra opportuno sottolineare che non c’è patrimonio se non quello vissuto dai suoi abitanti; la sua preservazione è essenziale per il legame culturale e sociale. Per questo motivo, lanciamo un appello all’Unesco, affinché instauri una struttura di coordinamento fondata su queste diverse expertise, capace di monitorare gli sforzi futuri e garantire il rispetto del patrimonio.

 

(Traduzione di Mauro Zanon)

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