Un Foglio internazionale
Le crisi che sconvolgono gli equilibri. Differenze con il mondo che era
L’economista Patrick Artus sul Point: il Covid, la guerra e la questione energetica costringono i paesi ad affrontare penurie e richiedono nuove competenze
I paesi dell’Ocse e alcuni paesi emergenti hanno subìto o subiranno tre choc molto violenti: il Covid, che ha provocato delle conseguenze impreviste sulla struttura della domanda; la guerra in Ucraina, che li priva di gran parte delle materie prime prodotte in Russia; la transizione energetica, che cambierà radicalmente la natura del capitale. E’ importante cercare di capire ciò che sarà veramente diverso dopo questi tre choc; spesso vengono messe in evidenza molteplici rotture, ma ci si accorge che alcune di esse, che non erano state annunciate, si producono, mentre altre, che erano state annunciate, non si producono. Esamineremo queste rotture, differenze e assenze di differenza rispetto alla situazione precedente agli choc per ciò che riguarda le penurie e l’inflazione, il bisogno di investimento e la “sobrietà”, le finanze pubbliche, le competenze, la globalizzazione e la situazione dei paesi emergenti.
La prima differenza deriva dalla comparsa di numerose penurie. Dopo la crisi del Covid, la struttura della domanda si è fortemente deformata dai servizi verso i beni, motivo per cui c’è stato un forte aumento della domanda di energia, di materie prime, di trasporto, di semiconduttori. Poi l’offerta di energia e di materie prime è diminuita con le sanzioni contro la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Infine, la transizione energetica farà diminuire l’offerta di energie fossili e stimolerà fortemente la domanda dei metalli necessari alla transizione (cobalto, litio, nickel, rame…). Ma le penurie non riguardano solamente le materie prime: riguardano anche il lavoro, con, in alcuni paesi (Stati Uniti, Regno Unito), il calo della popolazione che si affaccia sul mercato del lavoro, e in tutti i paesi una serie di difficoltà di assunzione che derivano dal rifiuto di svolgere mestieri usuranti in orari atipici (…).
La seconda differenza rispetto al periodo precedente agli choc è un forte aumento del bisogno di investimento. La transizione energetica necessiterà di un aumento degli investimenti di 4 punti di pil, per la decarbonizzazione della produzione di energia e dell’industria, per il rinnovo termico degli edifici e delle case. Bisognerà anche investire nelle nuove filiere industriali (idrogeno, batterie elettriche), e nel settore immobiliare, per correggere l’insufficienza cronica di costruzioni residenziali rispetto ai bisogni. Si deve capire che a breve termine la produzione è limitata: se si deve investire di più, bisogna consumare meno, risparmiare maggiormente. E’ questa la vera sobrietà: ridurre il consumo per poter finanziare i nuovi investimenti necessari.
La terza differenza deriva dalle prime due: un’economia più inflazionista porterà a dei tassi di interesse reali più elevati e il bisogno di investimento pubblico (reindustrializzazione, ricerca, transizione energetica) sarà molto importante. Quest’ultimo si aggiunge al bisogno di un aumento delle spese pubbliche in materia di sanità, di istruzione e di difesa. Con un debito pubblico elevato dopo la reazione alle diverse crisi, un bisogno accresciuto di investimenti pubblici e di spese pubbliche, e un aumento dei tassi di interesse reali, vedremo che le finanze pubbliche saranno in difficoltà. Come finanziare una maggiore spesa pubblica se i tassi di interesse aumentano e si vuole allo stesso tempo continuare a ridurre le tasse? La soluzione più efficace sarebbe l’aumento della crescita potenziale, ma ciò sarà difficile perché la maggior parte degli investimenti di transizione energetica (cambiamento dell’origine dell’energia per l’industria, il riscaldamento…) non generano alcuna produzione supplementare.
La quarta differenza è la comparsa del problema delle competenze. In molti paesi, dal 2018-2019, il livello di difficoltà di assunzione è molto elevato, il che deriva in gran parte da un problema di competenze. E la transizione energetica aggraverà questo problema, perché provocherà allo stesso tempo la scomparsa di numerosi lavori (nella produzione e nell’utilizzazione di energie fossili, nella produzione e nella manutenzione di automobili termiche…) e la creazione di nuovi lavori (produzioni di auto elettriche, isolamento delle case) che necessitano di competenze molto diverse da quelle che spariscono (difficoltà, per esempio, di trasformare un lavoratore che fabbrica dei pezzi di auto termiche in un lavoratore che rinnova delle case o si occupa della manutenzione di un parco eolico. Il bisogno di formazione e di riconversione dei lavoratori sarà molto importante.
La quinta differenza riguarda i paesi emergenti (…). Alcuni vedono la loro situazione economica migliorarsi grazie al forte aumento dei prezzi delle materie prime (la maggior parte dei paesi dell’America latina, dell’Africa subsahariana, del Medio oriente, del sud est asiatico. Ma altri vanno incontro a grandissime difficoltà. Sono i paesi che soffrono di un’insufficienza strutturale di risparmio e che hanno dunque accumulato un grande debito estero (per esempio l’Argentina, la Turchia, il Sudafrica, lo Sri Lanka).