Un foglio internazionale
Tre argomenti realisti contro i critici delle sanzioni alla Russia
Per l’esperto di geopolitica Frédéric Encel, rinunciare a sanzionare il Cremlino sarebbe controproducente per gli interessi dell’Europa. Scrive Le Figaro (18/7)
In ogni grande crisi internazionale provocata da un governo che vìola apertamente il diritto internazionale, la questione della fondatezza delle sanzioni torna a emergere in occidente come un serpente di mare. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il 24 febbraio 2022, è un caso assolutamente emblematico dei dibattiti attorno a questo tema. Affermiamolo subito: le sanzioni non costituiscono un rimedio miracoloso all’imperialismo o alla violazione massiva dei diritti umani, ma il loro rifiuto è ancora peggio, in particolare nel caso ucraino. Analizziamo in questo senso i tre principali argomenti antisanzioni.
In primo luogo, le sanzioni economiche, finanziarie, tecnologiche e diplomatiche contro il Cremlino sarebbero inefficaci, e la miglior conferma è che la Russia continua a portare avanti e intensifica la sua offensiva contro l’Ucraina. Dimostrazione per assurdo! Chi poteva credere ingenuamente che in pieno attacco, il difensore ideologico di una Grande Russia, si sarebbe mestamente inginocchiato dinanzi alle pressioni dell’occidente “decadente”? Invertiamo il postulato: senza l’effettività delle sanzioni, perché Vladimir Putin – che da due decenni a questa parte pensa e agisce principalmente in termini di rapporti di forza bruti – non dovrebbe spingersi ancora più lontano, in maniera ancora più violenta e pericolosa? (…). In geopolitica, la dimostrazione di forza richiede una risposta altrettanto forte, e da questo punto di vista l’ampiezza, l’immediatezza e la quasi unanimità delle sanzioni imposte non può non influire sulla sua spedizione; dopo tutto, l’offensiva su Kyiv è stata abbandonata, nessun soldato russo è stato dispiegato nelle vicinanze delle frontiere della Nato, e il preallarme nucleare non è mai stato azionato. Inoltre, e soprattutto, imporre delle pesanti sanzioni in questo momento significa porre una spada di Damocle sopra la testa dei regimi tentati da un avventurismo militare della stessa natura. Va aggiunto poi che le sanzioni non letali costituiscono un giusto equilibrio tra, da un lato, una colpevole compiacenza, e, dall’altro, la cobelligeranza, rigettata a giustissimo titolo poiché l’Ucraina non è membro della Nato e la Russia dispone di seimila testate nucleari…
In secondo luogo, le sanzioni costerebbero care a chi le impone.
Qualsiasi politica ha un costo, qualsiasi politica di difesa efficace ha un costo importante. La sola questione che conta è la seguente: se rinunciamo alle sanzioni che devono permettere di salvaguardare l’indipendenza dell’Ucraina e di dissuadere il suo aggressore (e altri) dal fare peggio di così, non bisognerebbe allora abbandonare la nostra politica di difesa – compresa, naturalmente, la nostra dissuasione nucleare – con la scusa che il suo costo è esorbitante? In altri termini molto concreti, bisogna dunque sacrificare l’Ucraina contemporanea sull’altare vergognoso e incerto dei vantaggi di bilancio a detrimento della nostra sicurezza futura? Una logica molto simile è stata seguita nei funesti anni Trenta con il successo che tutti conosciamo… Tra l’altro, se è vero che le sanzioni dell’Ue costano care, è vero anche che presentano quantomeno il considerevole vantaggio di riadattare dei circuiti di approvvigionamento tecnico, alimentare e soprattutto energetico in vista di una minore dipendenza futura alla Russia (…).
In terzo luogo, imporre delle sanzioni presenterebbe un problema morale perché – noi democratici occidentali – ci vediamo come dei giustizieri e interveniamo solo in alcuni casi. Anzitutto, fare mea culpa dinanzi a un potere autoritario la cui variabile primordiale per prendere una decisione è tutto fuorché etica, e che colpisce al di fuori delle sue frontiere da almeno la Georgia nel 2008, è assai grottesco! Gli stati occidentali – Stati Uniti in primis – purtroppo non sono stati sempre rispettosi del diritto e della morale, su questo non c’è molto dibattito; ma devono, per questo motivo, essere screditati per sempre? E se sì, chi sarebbe legittimato a difendere il diritto e la morale? Quelli che oggi calpestano l’uno e l’altra in maniera brutale? Certo che no. Poi, non è perché non si può (né si deve) intervenire dappertutto che non bisogna farlo da nessuna parte. Nel caso ucraino, uno stato sovrano, situato nel continente europeo e accanto ai nostri alleati della Nato, è stato rinnegato e invaso, e il suo governo democraticamente eletto è stato delegittimato come “nazista”.
(Traduzione di Mauro Zanon)
Il Foglio internazionale