Un Foglio internazionale
Così, dopo il crollo dell'Urss, Mosca ha riscritto il suo romanzo nazionale
Lo storico Nicolas Werth: “Nei manuali scolastici russi di oggi la Seconda guerra mondiale comincia nel 1941”
Nel momento in cui i manuali scolastici russi vengono introdotti in Ucraina nelle zone occupate, lo storico francese Nicolas Werth, autore di numerose opere sull’Unione sovietica, spiega come Mosca ha riscritto il suo romanzo nazionale. L’intervista, sul Figaro, è di Martin Bernier.
Le Figaro – Si dice spesso che Vladimir Putin faccia riferimento alla storia imperiale russa e allo stesso tempo a quella dell’epoca sovietica. Qual è la realtà di questo “sincretismo”? E perché Putin accetta l’eredità di Stalin ma respinge quella di Lenin?
Nicolas Werth – Per capire ciò che sta accadendo oggi, bisogna analizzare ciò che è avvenuto negli ultimi trent’anni. Il crollo dell’Unione sovietica ha creato un vuoto di senso assolutamente fondamentale. Negli anni Novanta, i politici e i media russi hanno risposto a questo vuoto insistendo sul ritorno al passato glorioso zarista; la Russia avrebbe ripreso il cammino che era stato tracciato e interrotto dall’incidente storico del 1917. C’è dunque stata una valorizzazione del periodo zarista, in particolare degli ultimi due decenni, durante i quali si poteva vedere la Russia come un paese sulla via della modernizzazione e della convergenza con il modello di sviluppo occidentale. Questo schema non ha funzionato, poiché il capitalismo e la liberalizzazione selvaggia degli anni Novanta sono sfociati in un disastro economico e in una regressione sociale senza precedenti. Arrivando al potere, nel 2000, Vladimir Putin ha dato un’altra svolta al romanzo nazionale, riabilitando una parte della storia sovietica. La rivoluzione del 1917 non è valorizzata perché è un momento di grande crisi e di divisione nazionale. Putin si richiama alla storia dell’Unione sovietica solamente attraverso il suo episodio più glorioso, ossia la Grande Guerra patriottica; decomunistizza tutta la storia sovietica e riprende la tradizione della grandeur della storia russa attraverso i secoli. E’ questo il sincretismo putiniano. La valorizzazione della vittoria nella Grande Guerra patriottica era già cominciata sotto Breznev in occasione del ventesimo anniversario del trionfo, perché il potere si era reso conto che questo grande momento era più valorizzato dalla popolazione rispetto al 1917. I dirigenti russi hanno preso coscienza che il patriottismo aveva maggior peso nella società rispetto all’internazionalismo proletario.
Il sentimento anti occidentale di Putin era presente negli anni Duemila o il presidente russo ha voltato le spalle all’occidente più tardi?
Questa svolta si è verificata assai rapidamente, e il discorso di Putin a Monaco nel 2007 è stato un momento importante in questo senso: ha preso in contropiede le cancellerie occidentali e indicato l’affermazione di una via autonoma per la Russia. L’aspetto anti occidentale è veramente nel Dna del putinismo in quanto ideologia.
Putin ha imposto un nuovo romanzo o si è piegato a delle aspirazioni profonde che ha saputo cogliere nella popolazione?
Una delle ragioni del successo di questa ideologia è che risponde a qualcosa di più profondo; si tratta di lavare l’umiliazione della sconfitta durante la Guerra fredda, “la più grande catastrofe geopolitica del Ventesimo secolo”, secondo Putin. La sua volontà di ridare fierezza al popolo russo è alla base della sua popolarità e spiega il fatto che tra il 70 e l’80 per cento della popolazione lo sostiene da così tanto tempo. La sua popolarità è legata anche a una forma di contratto sociale che ha stipulato con le classi medie: “Voi mi lasciate fare una certa politica e io vi assicuro un certo benessere”.
Lei mostra che Putin è particolarmente interventista nel campo della storia. Come ha imposto questa nuova storia della Russia?
Ciò è avvenuto progressivamente. Anzitutto, ci sono state le misure simboliche, con l’introduzione di nuove feste nazionali: come quella del 4 novembre per celebrare l’insurrezione popolare del 1612, che ha permesso di cacciare i polacchi. In seguito, è stata creata la società di storiografia e storia militare della Russia per strutturare e controllare i manuali scolastici (…). Nei manuali scolastici di oggi, la Seconda guerra mondiale comincia il 22 giugno 1941; gli studenti russi non sanno che la Germania ha invaso i Paesi Bassi e la Francia né che la Gran Bretagna è stata il solo oppositore della Germania nazista tra l’estate del 1940 e l’estate del 1941.
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