Un Foglio internazionale
Il declino secondo Thiel
I pericoli del progresso senza freni, la crisi del cristianesimo e la stagnazione culturale. Una chiacchierata di UnHerd con il magnate della Silicon Valley
Puoi capire molto su una persona ascoltando i loro preconcetti su Peter Thiel. Che la risposta sia ‘un maligno plutocrate di estrema destra’, ‘un filantropo salvatore di tutto ciò che è buono’ o ‘chi è’, questa è una guida piuttosto affidabile per capire dove si colloca quella persona nel grande psicodramma virtuale che chiamiamo le ‘guerre culturali’”. Così inizia l’intervista di Mary Harrington a Peter Thiel, “una leggenda della Silicon Valley” che ha cofondato PayPal, ha investito nella Facebook delle origini – ed è stato membro del board dal 2005 fino a quest’anno – e ora ha fondato l’azienda di raccolta dati Palantir. Il suo patrimonio si aggira sui 4,9 miliardi di dollari. L’intervista è pubblicata da UnHerd, che paragona Thiel al mecenate rinascimentale Lorenzo de’ Medici, per via del suo carattere eclettico e dei suoi grande interesse per la cultura e la politica.
Harrington ha incontrato Thiel a un seminario di Stanford dal seguente titolo: “La macchina non ha tradizione: un seminario sulla tecnologia, rivoluzione e apocalisse”. Thiel ha trascorso la giornata con gli studenti di Stanford, prodigi della Silicon Valley e giovani politici di Washington – prima di fare l’intervista, ha tenuto un seminario di quattro ore sul filosofo francese René Girard. Il tema della chiacchierata? Harrington vuole capire “gli interessi e le priorità di questo titano sociopolitico”. In parole povere: cosa pensa Peter Thiel del suo progetto? Il tema di fondo sembra essere il contrasto tra il progresso reale e quello illusorio. Thiel sostiene che, oltre una certa soglia, la nostra fissazione con il progresso è autodistruttiva dato che il progresso materiale nella nostra società si è arenato, nonostante non vogliamo ammetterlo. “Abbiamo avuto un progresso continuo nel mondo dei computer, internet, internet mobile, ma è un’area piuttosto circoscritta. E’ stato un processo interiore, alienante e focalizzato su noi stessi”.
Secondo lui, questa lunga stagnazione con cui facciamo i conti da cinquant’anni è una vittoria per chi sostiene che la crescita infinita sia qualcosa di insostenibile. La società “piatta e decadente” di cui parla Thiel è un fenomeno pervasivo: esiste una versione culturale, demografica e tecnologica. Il risultato di questa paralisi è stato “un mondo di stagnazione tecnologica e collasso demografico”, di cui nessuno, né a destra né a sinistra, è disposto a parlare perché va contro “l’ideologia del regime”. Sia i progressisti che i conservatori amano parlare della fantasia del progresso, e non amano le tesi di Thiel, seppur per ragioni diverse. “Ai liberal della Silicon Valley non piace, perché loro credono di essere alla guida di questo grande motore del progresso” mentre i conservatori “si sono arresi ai liberal, perché credono alla propaganda di sinistra su quanto la scienza e la tecnologia stiano migliorando il mondo”. Quello che noi chiamiamo “progresso” spesso non è altro che una distrazione. Thiel utilizza l’esempio dell’iPhone “che ci distrae dal nostro ambiente e ci distrae anche dal vedere che il nostro ambiente è statico e immobile (…). Ci raccontiamo che stiamo progredendo perché nonna si compra un iPhone ma allo stesso tempo si ritrova a mangiare cibo per gatti perché i prezzi del cibo sono aumentati”.
Una delle fissazioni di Thiel è la crisi della middle class, che si evince dal fatto che meno persone credono che “i loro figli vivranno meglio di loro stessi”. Una delle ragioni per cui neghiamo questa mancanza di progresso è stato il passaggio “da tutto ciò che è misurabile” – come gli aerei supersonici e la crescita dell’aspettativa di vita – al mondo interiore dello yoga, della meditazione, dei videogiochi e delle droghe psichedeliche. La soluzione secondo Thiel è tornare a forme concrete di progresso che possono riportare l’ottimismo di massa. Il magnate tech sta facendo la sua parte, ad esempio finanziando candidati che tengono a cuore gli interessi materiali della middle class americana come Blake Masters e J.D. Vance.
“A cosa è dovuta la stagnazione culturale?”, domanda Mary Harrington. Secondo Thiel, la crisi del cristianesimo è un fattore importante: “Un mondo naturalmente cristiano è un mondo che progredisce ed è in via d’espansione, che trova il suo apice nella Gran Bretagna dell’epoca vittoriana”. L’implosione della religione di massa in Gran Bretagna ha portato alla fine dell’impero britannico. “Se tu avevi una visione espansiva e volevi rendere tutte le nazioni tuoi discepoli, mandare missionari in tutto il mondo, e poi tutto d’un tratto scopri che questo progetto non ha più alcun senso, allora questo avrà dei contraccolpi anche all’interno della tua società. Credo che la Gran Bretagna fosse meno cristiana negli anni Cinquanta, e poi è completamente collassata negli anni Ottanta. Sono gli anni della fine del colonialismo”. Secondo Thiel, lo stesso sta avvenendo negli Stati Uniti: c’è un’analogia tra l’America del 2000 e la Gran Bretagna del 1950, e l’America del 2020 e la Gran Bretagna del 1975 o 1980”, un paese che ha abbandonato la sua missione di evangelismo imperiale e si è ritirato in se stesso.
Secondo Thiel, ciò che manca alla società contemporanea è una visione del futuro. Quali sono le alternative? Innanzitutto, la riscoperta del cristianesimo: “Se fossimo più cristiani avremmo più speranza verso il futuro”. In mancanza di ciò, ogni altra visione andrebbe bene, specialmente se si tratta di una ottimista. Se tutto il resto fallisce, Thiel crede che anche le visioni pessimiste o apocalittiche siano meglio di nulla; il catastrofismo ambientale associato a Greta Thunberg è uno dei tre futuri possibili – e il meno peggiore – per l’Europa. Gli altri due sono l’affermazione della “legge Sharia islamica”, e “dell’intelligenza artificiale comunista cinese”. Secondo lui, il modello social democratico europeo non è un’alternativa, ma una variazione al tema della stagnazione.
Cos’è Thiel, si domanda l’intervistatrice, un materialista e realista che non scende a compromessi, o un visionario idealista? “Come Lorenzo de’ Medici, Thiel riordina il mondo culturale attorno a lui stesso (…). E in questo, lui rappresenta il ritorno alla tradizione. Quelli che ancora credono in una politica democratica sono tentati a trattare dei personaggi come Soros o Thiel come degli esemplari di un potere sconfinato, che esercitano un’influenza maligna su un processo democratico altrimenti segnato da pesi e contrappesi. Ma credo che questa logica sia fallace. Secondo me, Peter Thiel non è un’aberrazione nella marcia verso un processo democratico, ma piuttosto segna il ritorno al vecchio modo di gestire il potere In altre parole: la democrazia è stato un fuoco di paglia, e sta riemergendo una variazione da ventunesimo secolo di una forma antica di potere, più monarchica o feudale che ‘populista’, né tantomeno democratica. E come ho sostenuto, l’alternativa a questi personaggi non è la democrazia ma il governo da parte di un’anarchia post democratica (forse analoga a quella che Thiel chiama ‘l’intelligenza artificiale comunista cinese’).
Date le alternative, possiamo concludere che il ritorno in politica dei principi e padroni – per quanto sia sconfinato il loro potere e ottimista la loro visione del mondo e della tecnologia – non è la peggiore opzione sul tavolo. Il mondo premoderno dei mecenati aristocratici non era affatto un deserto culturale, a differenza dell’universo anti estetico (e anti umano) della politica post democratica. Se la mia prognosi della liberal democrazia nell’epoca digitale è corretta, le opzioni a disposizione per il nostro futuro sono un neo feudalesimo governato dagli umani, o un’anarchia profondamente anti culturale. E in questo caso, anche coloro di noi che rimpiangono il tramonto del mondo liberale potrebbero ritrovarsi, seppur in modo ambivalente, dalla parte di Cesare”.
(Traduzione di Gregorio Sorgi)