Foto Epa via Ansa  

UN FOGLIO INTERNAZIONALE

"In Russia anche un fiammifero può scatenare l'incendio", dice il direttore europeo di Novaya Gazeta

“La guerra durerà e il potere di Putin entrerà in crisi”. La storia di Kirill Martynov, direttore di Novaja Gazeta Europa, in esilio a Riga.

Il giorno dopo l’invasione russa in Ucraina, il 25 febbraio, Kirill Martynov scrive queste righe su Twitter, come una consegna che si lascia sulla tavola prima di partire: “Siate lucidi, non lamentatevi, rifiutatevi di aiutare i criminali di guerra in qualsiasi modo, organizzatevi autonomamente. Perderemo i nostri posti di lavoro, le nostre illusioni, la nostra patria, ma non è nulla rispetto a quello che stanno vivendo ora gli ucraini”. Poi il giornalista ha sbattuto la porta di casa e ha abbandonato la Russia, portando con sé, in Lettonia, una trentina di collaboratori del giornale indipendente Novaya Gazeta. Ora insediato a Riga, Kirill Martynov, 41 anni, dirige Novaya Gazeta Europa, una versione nata d’urgenza, che si unisce alla coorte dei media russi in esilio, sempre più numerosi.

 

L’aggressione avvenuta in Russia lo scorso 7 aprile ai danni del direttore di Novaya Gazeta Dmitri Muratov, premio Nobel per la pace nel 2021, attaccato con della vernice rossa, ha precipitato le cose. Il giorno stesso è stata presa la decisione di delocalizzare una parte della redazione a Riga per portare “la voce dei russi che condividono i valori europei”. Creata nel 1993 con il sostegno di Mikhail Gorbaciov, Novaya Gazeta conosce il prezzo della libertà. Dagli anni 2000, sei dei suoi giornalisti, tra cui Anna Politkovskaja, sono stati uccisi nell’esercizio del loro mestiere in tempo di pace. Ma questa volta, la minaccia pesa su tutti, con l’introduzione di nuovi articoli nel codice penale russo che puniscono con pene fino a quindici anni di prigione chiunque propaghi informazioni che “discreditano” l’esercito russo.

 

“Tutti quelli che sono contro la guerra finiscono in prigione, è una tragedia. E Putin è identificato con la guerra, non c’è possibilità di tornare indietro”, afferma Kirill Martynov. Lo scorso 29 agosto, le notizie non erano buone. Andrei Zaiakine, uno dei giornalisti della redazione rimasto in Russia, cofondatore tra le altre cose della piattaforma Dissernet – molto nota nel paese perché dà la caccia ai plagi dei lavori universitari da parte dei politici – è stato posto in regime di semi-libertà (divieto di abbandonare la propria casa tra le 20 e le 8 di mattina, di utilizzare il telefono, internet e di ricevere la posta) in attesa di comparire davanti al giudice. Accusato di finanziamento di “attività terroristica” per aver versato 1.000 rubli (16 euro) alla Fondazione per la lotta contro la corruzione dell’oppositore politico Andrei Navalny, Zaiakine rischia fino a otto anni di colonia penale. “Una vendetta contro i giornalisti”, sospira Kirill Martynov. Uno in più. 

   


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Nato a Kemerovo, in Siberia, nel bacino minerario del Kuzbass, Martynov non immaginava di diventare giornalista. Laureato in filosofia all’Università Mgu di Mosca, dove nel 2007 ha ottenuto il suo dottorato, inizia a insegnare. Ma due eventi fanno deviare la sua traiettoria. Il primo riguarda la sua prima moglie, accusata nel 2007 dalla polizia russa di aver voluto uccidere la propria figlia nata dal precedente matrimonio, caduta dalle scale e vittima di un trauma cranico. Una storia sordida, infondata, assicura Kirill Martynov. “Un mese dopo l’incidente, la polizia ha trovato un pretesto per aprire un’inchiesta penale. All’epoca, avevo 26 anni e nessun precedente politico”. Lavora nell’orbita di Gleb Pavloski, consigliere del Cremlino passato in seguito nei ranghi dell’opposizione. Il secondo fatto importante ha avuto luogo nel 2014, con l’annessione della Crimea da parte della Russia. Il 24 gennaio di quell’anno, Kirill Martynov si proclama “ucrainofilo”.

 

“L’Ucraina – scrive sul suo blog – è la nostra opportunità storica per liberarci finalmente della pesante eredità della Moscovia come principio di dominazione tirannica, dove tutto, comprese le persone-schiave, appartengono al sovrano sul territorio russo”. Il 14 marzo di quell’anno, dopo che le truppe russe invadono la penisola ucraina, entra nella redazione di Novaya Gazeta e firma il suo primo articolo intitolato “Petrolio e dispotismo”. Kirill Martynov, che conserva un volto giovanile da eterno studente, ha continuato a insegnare, in particolare alla Higher School of Economics di Mosca. Quantomeno fino al 2020, anno in cui diversi professori – lui compreso – vedono il loro contratto interrompersi brutalmente, dopo le loro critiche agli emendamenti introdotti dal governo nella Costituzione russa.

 

Questi dissidenti creano allora l’Università libera online, “l’unica accademia ad aver preso posizione contro la guerra”, che Kirill Martynov continua a animare da Riga con altri insegnanti, anche loro per la maggior parte in esilio. Oggi direttore di Novaya Gazeta  Europa, Kirill Martynov si arrabatta, invocando la solidarietà dei giornali europei – il Monde ha risposto il 10 maggio pubblicando alcuni articoli del media in esilio – e organizzando la resistenza contro la propaganda senza limiti dei media ufficiali russi. “Ci battiamo, non abbiamo ceduto di un millimetro”, sottolinea il giornalista, che intravede sempre più il rischio di una “guerra civile” in Russia. “L’odio si accumula nella società, ma la guerra durerà, e il potere di Vladimir Putin andrà inevitabilmente incontro a una crisi. Anche un piccolo fiammifero può scatenare l’incendio”.

(Traduzione di Mauro Zanon)