Un Foglio internazionale
“La Chiesa cinese è diventata una setta semi-cristiana sottomessa al regime”
L’ex cardinale Zen viene processato per aver difeso la democrazia a Hong Kong mentre il Vaticano rinnova l’intesa con Pechino. L'analisi dello Spectator
Questa settimana (l’ultima di ottobre, ndr) il cardinale Joseph Zen Ze-kiun – novant’anni, ex vescovo di Hong Kong ora in pensione – è stato processato al tribunale di Kowloon per avere sostenuto i movimenti pro democrazia durante le proteste di massa a Hong Kong. (…) Le probabilità che venga assolto sono minime, per usare un eufemismo. Per Pechino, questo è il modo di confermare che Hong Kong è ormai uno stato di polizia. Anche un chierico fragile e pio che cammina con un bastone non è libero di sostenere la democrazia. Nessuno lo è”. Così inizia il commento di Damian Thompson sullo Spectator, che traccia un nesso tra il calvario del cardinale Zen e il rinnovo dell’accordo, pochi giorni fa, tra il Vaticano e il regime cinese.
Il presidente Xi Jinping detesta la pratica religiosa, e in particolare il cristianesimo. Non può deportare 44 milioni di cristiani nei campi di concentramento – questo è il trattamento che è stato riservato a un milione di uiguri musulmani – ma può demolire le chiese, e lo fa con piacere.
Sulla carta, l’accordo tra Cina e Vaticano significa che i vescovi vengono eletti dalla comunità cattolica in Cina e approvati dal Papa; inoltre, il Vaticano è tenuto a mantenere un “dialogo rispettoso” con il regime. “Traduciamo. Il ‘dialogo rispettoso’ consiste nel fatto che la Santa Sede dica delle bugie per conto dei propri partner a Pechino. Questi nuovi vescovi approvati da Francesco non sono stati eletti dalla comunità cattolica in Cina; sono stati nominati da un organo del Partito comunista cinese. In precedenza, alcuni di loro avevano dei legami con la chiesa clandestina. Ma questo è irrilevante: oggi sono interamente sottomessi al partito”.
Il testo dell’accordo non è mai stato reso pubblico, ma ogni singolo vescovo a essere stato nominato sulla base di questo compromesso riconosce l’autorità suprema di Xi Jinping. “Questa autorità si manifesta grottescamente nelle messe che vengono ufficialmente approvate dal regime cinese”, scrive Thompson. “Le congregazioni dedicano inni al partito, il cui status sembra essere al pari di quello di Gesù Cristo. E lo fanno con il beneplacito del Vaticano”. Questo si lega al caso Zen, dato che l’ex vescovo era un feroce critico dell’accordo. “Presumo che questo sia il motivo per cui la Chiesa cattolica si è rifiutata di pronunciare una sola parola in sua difesa dopo l’arresto”, aggiunge Thompson. Il rinnovo dell’accordo tra Cina e Vaticano ha coinciso con la notizia che il cardinale Zen non finirà in prigione. Questo è un sollievo solo parziale: il tribunale ha deciso di non andare avanti nel processo, ma non ha ritirato le accuse. “Joseph Zen può tornare a casa, ma non è un uomo libero”, conclude Thompson. “Può solamente trascorrere i suoi ultimi anni osservando la sottomissione di Hong Kong al totalitarismo, e la trasformazione della sua amata Chiesa cinese in una setta semi-cristiana comunista mentre il successore di Pietro non dice nulla”.
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