Un Foglio internazionale
Né con l'America né con la Cina: l'Indonesia guida il fronte dei paesi non allineati
La seconda guerra fredda ha molti punti in comune con la prima: summit in luogo neutro e leader del sud globale che non si schierano. L'intervista del Financial Times al presidente indonesiano Joko Widodo
"Non vogliamo essere una pedina nella nuova guerra fredda”. Questa è la frase chiave nell’intervista del presidente indonesiano Joko Widodo al Financial Times, alcuni giorni prima di ospitare il G20. Il commentatore del Ft Gideon Rachman sostiene che quest’incontro sia stato il primo summit globale della seconda guerra fredda. Tuttavia, ci sono alcune analogie con la prima guerra fredda. “Nel suo tentativo di restare naturale in un conflitto tra superpotenze, l’Indonesia si riallaccia a una vecchia tradizione. Il paese ha avuto un ruolo importante nella creazione del movimento non allineato nella conferenza di Bandung del 1955”. Nel secolo scorso i summit tra americani e sovietici avvenivano in paesi neutrali; lo stesso avviene oggi negli incontri tra i leader americani e cinesi. L’istinto naturale dell’Indonesia e di tanti altri paesi non occidentali che si sono riuniti a Bali, spiega Rachman, è di non schierarsi con alcuna superpotenza.
Le priorità dell’Indonesia sono diverse da quelle dell’occidente. Il paese cresce al ritmo del cinque per cento, uno dei dati più alti nel G20. Per Widodo la preoccupazione principale in materia di geopolitica è la risoluzione della guerra civile in Birmania, un conflitto a lui vicino. La guerra in Ucraina non lo preoccupa più di tanto; lui si confronta sia con Zelensky sia con Putin ma non crede che al momento la pace sia fattibile. La preoccupazione principale di Widodo sono gli effetti economici della guerra, come l’aumento nel prezzo del cibo. Anche rispetto alla Cina, Widodo è piuttosto cauto. Il suo stesso vicepresidente sostiene che Pechino abbia assunto un potere eccessivo, ma il presidente fa notare a Rachman che gli investimenti cinesi hanno creato molti posti di lavoro per gli indonesiani. Il commentatore del FT traccia un parallelo tra Widodo e il suo omologo brasiliano Lula: entrambi hanno umili origini, vantano un legame profondo con il popolo e vogliono avere un buon rapporto con gli Stati Uniti, pur essendo scettici riguardo alle reali intenzioni di Washington. Tuttavia, il verdetto di Rachman su Widodo è positivo. Il giornalista loda il suo pragmatismo – assai raro in un’epoca di uomini forti al comando – e il suo ritegno. L’Indonesia non aspira a diventare una superpotenza globale né un egemone regionale, ma si accontenta di cooperare con gli altri paesi del sud est asiatico. Gli altri leader del G20 dovrebbero prendere esempio da Widodo, conclude Rachman.
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