Un foglio internazionale
La minaccia di un'invasione di Taiwan ha ucciso il pacifismo giapponese
Il paese sta diventando una potenza militare. Ma chi pagherà l’aumento della spesa per la Difesa? Lo spettro di un aumento delle tasse. Il punto di Unherd
"Il paese da tempo legato – o protetto, a secondo del punto di vista – dalla costituzione ‘pacifista’ imposta dagli americani dopo la Seconda guerra mondiale sta per tagliare questo legame”. Così inizia l’analisi dell’accademico Philip Patrick sulla fine del pacifismo giapponese. La spesa per la Difesa verrà raddoppiata nei prossimi cinque anni per fronteggiare la minaccia cinese, e in misura minore quella nordcoreana, trasformando così il Giappone in una “superpotenza militare”. Questa svolta è dettata dalla minaccia di un’invasione cinese a Taiwan, che metterebbe in pericolo le forniture di materiali per la manifattura e il petrolio. Non sapendo quale possa essere la risposta dell’America, il Giappone sente di dover prendere delle precauzioni.
Il piccolo esercito giapponese, creato nel 1954, aveva il compito di garantire la sicurezza interna e rassicurare la popolazione che non fosse completamente indifesa. Da tempo la protezione dalle minacce esterne viene affidata alle forze statunitensi presenti nel paese; dunque la trasformazione del Giappone in una potenza militare libererà gli americani da questo peso. Sta avvenendo qualcosa di simile anche nel campo energetico, dove il paese ha riavviato il suo programma per sviluppare energia nucleare, che era stato sospeso dopo la tragedia di Fukushima, per essere meno dipendente dalle importazioni dall’estero. Il paradosso è che Kishida, un leader mansueto e alla sinistra del suo predecessore Shinzo Abe, ha realizzato l’obiettivo di Abe: rendere il Giappone una potenza globale. Molte delle riforme portate avanti da Kishida sarebbero state infattibili per il suo predecessore, considerato da molti un ultra nazionalista troppo vicino ad alcuni ambienti militari. Kishida non è gravato da questa reputazione, e dunque le sue riforme sono più accettabili per gran parte dell’opinione pubblica giapponese, che generalmente ha risposto in modo positivo.
La grande incognita, secondo l’accademico Patrick, è quanto sia sostenibile questo aumento della spesa pubblica; in molti temono che possa ulteriormente aumentare il debito pubblico, rendendo necessario un aumento delle tasse. Kishida ha già promesso di combattere la crisi demografica – il Giappone è il paese più vecchio al mondo: gli anziani muoiono e i giovani si rifiutano di procreare – aumentando il peso dello stato sociale. Conclude Patrick: “La soluzione più ovvia è un massiccio aumento nei livelli d’immigrazione, che però è ancora visto con sfavore da molti giapponesi, che vedono la loro cultura come qualcosa di unico e delicato e temono non possa sopravvivere all’importazione di orde di cittadini stranieri. Molti giapponesi si domandano: investiremo sui bambini o sulle bombe?”.
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