Un foglio internazionale
Il caso Forbes e la demonizzazione dei cristiani
Qualcosa non va se un politico non può esprimere una visione religiosa senza essere attaccato. La controversia attorno alla politica scozzese vista dal Financial Times
“Kate Forbes, che puntava a succedere a Nicola Sturgeon come leader del partito nazionale scozzese, ha ammesso che avrebbe votato contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso se fosse stata membro del Parlamento scozzese nel 2014. Ne è seguito un clamore pubblico”. Così Jonathan Derbyshire sul Financial Times. “Forbes è un membro devoto della Free Church of Scotland. La National Secular Society ha affermato che il suo ingresso nella corsa alla leadership ha sollevato dubbi sul fatto che ‘le sue opinioni religiose siano compatibili con l’essere leader di partito e nazione’. Dall’altra parte della barricata, l’editor della rivista The Spectator, Fraser Nelson, ha scritto che i protestanti come Forbes sono ora le ‘vittime di una nuova intolleranza’. La controversia è stata in gran parte poco edificante: molti di coloro che si sono maggiormente esercitati su Forbes, sostenitori o oppositori, hanno scelto di ignorare la sua insistenza sul fatto che avrebbe difeso il matrimonio gay come un ‘diritto legale’ ora che è nei libri di legge.
La nozione di laicità al centro di questo dibattito è quella in cui lo stato dovrebbe essere neutrale tra concezioni contrastanti, religiose e non, di ciò che significa condurre una vita buona o degna. Se il Regno Unito, più per caso che per scelta, è una società laica in questo senso, non lo è nell’altra accezione largamente accettata del termine. Non osserva la separazione tra chiesa e stato, vantando piuttosto non una ma due chiese consolidate: la Chiesa d’Inghilterra e la Chiesa di Scozia. Ma è il secolarismo nel primo senso che è in gioco su Forbes. In una conferenza del 2006 tenuta a Roma, Rowan Williams, allora arcivescovo di Canterbury, fece una distinzione chiarificatrice tra due versioni del secolarismo, che chiamò ‘programmatica’ e ‘procedurale’. Il secolarismo programmatico, sosteneva Williams, è guidato dall’ansia ‘che qualsiasi sistema religioso o ideologico che richieda un’udienza nella sfera pubblica miri a prendere il controllo della sfera politica’.
La nozione francese di laicité, che vieta l’esposizione di simboli religiosi negli edifici pubblici, è un buon esempio di ciò che ha in mente. In questa prospettiva, le profonde convinzioni religiose non hanno posto nella pubblica piazza, il cui compito è semplicemente quello di sperimentare metodi diversi per il mantenimento dell’ordine pubblico e del benessere. A questo, Williams contrappone il suo modello preferito del cosiddetto laicismo procedurale. Ciò consentirebbe alle profonde convinzioni religiose di essere ‘udite pubblicamente nel dibattito’ – non, in modo cruciale, trattandole come al di là delle critiche, ma riconoscendole come formanti le ‘basi morali’ delle scelte che i cittadini, e in effetti i loro politici, fanno quotidianamente. Questo tipo di laicità si adatta molto meglio alla caratteristica distintiva della maggior parte delle democrazie moderne: la diversità di ogni tipo”.
(Traduzione di Giulio Meotti)
Il Foglio internazionale