un foglio internazionale
L'estremismo si sta spegnendo: l'impero woke comincia a vacillare
E’ troppo presto per affermare che un giorno scomparirà, ma negli Stati Uniti questo movimento ora è in crisi. L'articolo del Figaro
A chi ha recentemente ha viaggiato negli Stati Uniti, da ovest a est, è risultata evidente una perdita di riferimenti morali, economici e politici” scrive il saggista francese Édouard Tétreau. La sua ultima opera si intitola “Les États généraux” (Éditions de l’Obsérvatoire, 2020). “A San Francisco, l’emblematica Silicon Valley Bank, che finanzia la metà delle start-up della Silicon Valley, è crollata come un castello di carta: investiva decine di milioni di dollari nelle questioni di società, grazie a una ‘chief diversity officer’ onnipresente; ma non riteneva utile avere un responsabile del controllo dei rischi negli otto mesi che hanno preceduto la sua caduta. L’America non è l’unica a perdere i suoi punti di riferimento nel mondo attuale. Ma negli Stati Uniti, la perdita di punti di riferimento è all’altezza della prima potenza mondiale: colossale. A Chicago, la città che registra ogni anno 700 morti per arma da fuoco, un certo estremismo politico si sta spegnendo. Lori Lightfoot, figura emblematica della sinistra radicale, prima sindaca lesbica nera di una grande città degli Stati Uniti, è stata sloggiata dopo un solo mandato. A Chicago, così come altrove, le persone vogliono che ci si prenda cura di loro piuttosto che dei simboli. Anche a New York tira una nuova aria: quella della Cannabis… o meglio del Cbd. Quasi 200 mila newyorchesi hanno abbandonato la loro città per la Florida negli ultimi tre anni, per respirare un’aria diversa e meno satura – oltre che meno tassata. Quella dello stato di Ron DeSantis, il repubblicano in ascesa che punta su un’agenda semplice: voltare le spalle alla linea incarnata dalle grandi municipalità democratiche (New York, Chicago, San Francisco), che mettono al centro della loro agenda la promozione delle minoranze e della teoria del gender, un approccio libertario della vita in società (depenalizzazione delle droghe), dimenticando quelli che sono i temi prioritari per la maggioranza, ossia l’economia, la sicurezza e la famiglia.
E’ troppo presto per affermare che la cultura woke scomparirà da un giorno all’altro. Ma al di là delle realtà economiche, urbane e sociali, il registro del linguaggio apporta anche una nuova luce. Prima, l’aggettivo woke impressionava. Era sinonimo di modernità, di novità; conferiva anche una certa autorità morale. Il woke aveva la legittimità universitaria, intellettuale. Oggi, il termine è peggiorativo. Ci si prende gioco del ‘Wokistan’ e del woke nelle trasmissioni popolari. Biden lo ha capito, lasciando che l’estrema sinistra del suo partito andasse da sola alla deriva, e manifestando nel suo discorso sullo stato dell’Unione un sostegno determinato alla polizia, meno di tre anni dopo la morte atroce di George Floyd. Insomma, confrontato alle realtà concrete delle famiglie, il woke è oggi in crisi negli Stati Uniti. La traduzione politica di questo cambiamento è iniziata in Europa, in Gran Bretagna, in Svezia, in Austria e nei paesi dell’est. Per quanto tempo ancora la Francia sarà un’eccezione?
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