Il foglio internazionale
Il supplizio di Mikheil Saakashvili, l'ex presidente georgiano anti Putin
In carcere a Tbilisi, lo scorso anno è stato avvelenato con metalli pesanti. “Ogni mattina, mi chiedo se lo ritroverò vivo”, dice la madre
Sono le 10. Per lei, è l’ora di andare a visitare il figlio. Giuli Alassania, 76 anni, storica di formazione, posa alcune cose sul pianoforte bianco su cui troneggia uno spartito di Chopin, chiude una tesi universitaria consacrata alla Georgia medievale e si dirige verso la cucina. Poi torna con in mano un sacchetto di plastica contente del grano saraceno, una zuppa e due uova. Esce dal suo immobile, recentemente equipaggiato di un ascensore già usurato. Ed eccola abbandonare il centro di Tbilisi a bordo di un’auto guidata da un amico. Presto si ritroverà nella periferia della capitale georgiana, davanti a un edificio dai vetri opachi: la clinica Vivamed, la cui amministrazione penitenziaria è al quinto piano. Suo figlio, Mikheil Saakashvili, 55 anni, ex presidente della Georgia, vi è stato trasferito quasi un anno fa, dopo il suo arresto avvenuto nell’ottobre del 2021. Viene tenuto in uno stato deplorevole e privato di cure. L’uomo, alto 1 metro e 94 centimetri, pesa soltanto 60 chili e soffre di una cachessia giunta a uno stadio avanzato, un forte indebolimento che lo espone a un rischio di arresto cardiaco. “Ogni mattina, mi chiedo se lo ritroverò vivo”, dice Giuli, autorizzata a visitarlo due volte al giorno. Sale al quinto piano sorvegliata da quindici uomini armati e torna mezzora dopo. E’ preoccupata. “Non ha appetito”, dice, mimando le sue guance scavate. “Non mangerà quello che gli ho portato”, aggiunge.
E’ così dal tentativo di avvelenamento di cui Saakashvili è stato verosimilmente vittima nel corso dello scorso anno. Dopo l’esame di un campione dei suoi capelli e delle sue unghie, cinque esperti americani sono giunti alla conclusione che è stato avvelenato con l’arsenico e il mercurio, sostanze probabilmente presenti nel cibo che gli è stato servito e che necessiterebbero di un trattamento all’estero. In mancanza di ciò, “il rischio aggravato di mortalità è imminente”, secondo il rapporto degli esperti americani.
E’ lontano il tempo in cui Saakashvili trionfava. Lui, l’ex avvocato con base a New York, era tornato all’inizio del secolo nel suo paese per rovesciare l’apparatcik Edouard Shevardnadze e riformare l’ex repubblica sovietica del Caucaso di meno di 5 milioni di abitanti. Eletto presidente nel gennaio 2004, a 36 anni, era diventato il più giovane dirigente europeo. Si era circondato di trentenni georgiani, la maggior parte dei quali si erano formati negli Stati Uniti. Aveva sradicato la corruzione nella polizia, modernizzato l’amministrazione e ricoperto il territorio di cantieri. Aveva anche voltato le spalle alla Russia chiedendo un posto nella Nato e nell’Unione europea. Gli occidentali lo celebravano. Nel 2005, aveva accolto George Bush in un aeroporto nuovo di zecca. Era deciso persino di ribattezzare la strada che portava all’aeroporto con il nome del presidente americano. Strabordava di energia (…).
Oggi, il governo georgiano pro russo si mostra inflessibile. E’ fuori discussione il trasferimento di Saakashvili all’estero. I motivi del rifiuto? Anzitutto, il detenuto si starebbe autodistruggendo volontariamente rifiutandosi di mangiare. E in secondo luogo, rilasciare un nemico di Putin farebbe precipitare la Georgia nella guerra. “Saakashvili è un loro agente”, accusa il primo ministro georgiano Irakli Garibashvili, in risposta al Parlamento europeo, che reclama la liberazione dei prigionieri politici (…).
L’ex presidente ci ha trasmesso, attraverso i suoi fedelissimi, delle risposte scritte a mano alle nostre domande il 5 aprile 2023.
Le Point – Se verrà liberato, quale sarà la sua ambizione?
Mikheil Saakashvili – Dopo tutto ciò che ho subìto in termini di tortura, umiliazione e trattamento disumano, ci penserò due volte. Sicuramente ritornerò a casa, in Ucraina, ma devo prima sbarazzarmi di questo veleno nel mio organismo e sottopormi a un lungo trattamento.
Teme che l’occidente sia tentato dal negoziare col presidente russo Vladimir Putin se la controffensiva ucraina non andrà a buon fine?
Sono fiducioso. L’offensiva ucraina sfocerà in una vittoria totale. I pessimisti dell’ovest parlano della stanchezza delle truppe nel Donbass, ma dimenticano una cosa. Mentre l’offensiva russa si sgonfiava, gli ucraini, in altri parti del territorio, preparavano un esercito totalmente nuovo, essenzialmente addestrato all’occidentale con delle armi occidentali. Porteranno a termine il loro compito. E c’è un altro indicatore importante: il 97 per cento degli ucraini crede nella vittoria: è un’arma potente. Quando questo nuovo esercito spezzerà il corridoio a sud del paese e distruggerà il ponte di Crimea, il morale dei russi crollerà. (Traduzione di Mauro Zanon)
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