Un foglio internazionale
Il Cremlino fa tacere le ultime voci dissidenti del teatro russo
La regista Yevgenia Berkovich e l’attrice Svetlana Petriychuk sono state chiuse in carcere per “giustificazione del terrorismo”, scrive il Monde
Salutata positivamente dalla critica, la pièce aveva ricevuto nel 2022 due Maschere d’oro, il principale premio teatrale russo. Un anno dopo, “Finis, il falco coraggioso”, il nome di questa creazione, ha condotto la sua autrice e la sua regista in prigione. Venerdì 5 maggio, un tribunale moscovita ha posto in detenzione provvisoria Yevgenia Berkovich e Svetlana Petriychuk. Le due artiste saranno giudicate per “giustificazione del terrorismo”, un crimine passibile di sette anni di prigione. Come è spesso accaduto in questi ultimi mesi, il caso è partito dalla denuncia di un gruppo ultranazionalista. Le due artiste sono state anzitutto ascoltate come testimoni, prima di essere arrestate. Le forze di sicurezza si sono spinte fino a condurre delle perquisizioni a casa della madre e della nonna di Yevgenia Berkovich. La pièce incriminata racconta il modo in cui delle giovani e ingenue ragazze russe siano state attirate in medio oriente, grazie a delle conversazioni su internet, per essere sposate da alcuni jihadisti. All’epoca, l’opera scritta da Svetlana Petriychuk, denuncia assai chiara del terrorismo, aveva ricevuto il sostegno del ministero della Cultura. A inizio maggio, una expertise giudiziaria vi ha trovato gli indizi di una “giustificazione del terrorismo”, ma anche segni “dell’ideologia del femminismo radicale e della lotta contro il modo di vivere sociale androcentrato della Russia”. “E’ come se si mettesse in prigione Dostoevskij per aver giustificato l’assassinio di vecchie signore in ‘Delitto e castigo’”, ha reagito il politologo Alexandre Baunov sul sito Meduza. In realtà, i dettagli dei capi di imputazione contano poco, alla luce della vasta gamma di accuse a disposizione dei servizi di sicurezza. Al di là delle due artiste, l’attacco prende di mira gli ultimi bastioni di libertà in seno alla cultura e al teatro russi. La prima fase di questa offensiva è stata condotta nella primavera del 2022 in tutti i settori della cultura. Si era concretizzata con innumerevoli partenze dalla Russia, ma anche con la sostituzione dei direttori di teatri e di istituzioni culturali giudicati ostili alla nuova ondata patriottica e militarista. Ora sono presi come bersaglio quelli che speravano di passare tra le gocce e credevano possibile una forma di compromesso. Yevgenia Berkovich non era tra questi. Madre di due bambini adottati, la regista di 38 anni, allieva di Kirill Serebrennikov, molto apprezzato dal pubblico, ha rifiutato la fuga. Era soprattutto l’ultima ad aver osato affrontare di petto alcune questioni politiche e il tema della guerra. Il Monde ha assistito nel 2023 a due dei suoi spettacoli – uno sulla guerra del 1992-1993 in Abcasia, l’altro nel corso del quale erano state lette delle poesie che menzionavano esplicitamente i crimini di cui è accusato l’esercito russo in Ucraina. Questa audacia implicava il fatto di mettere in scena degli spettacoli in una sala minuscola e di supplicare gli spettatori di non filmare nulla né di registrare – spettatori che finivano immancabilmente per scoppiare in lacrime e alzarsi in piedi ad applaudire. Yevgenia Berkovich, tuttavia, non si nascondeva: aveva anche scritto e diffuso dei versi che condannavano la guerra. Le disavventure altrettanto recenti del Teatro Maly a San Pietroburgo mostrano che non basta attaccare frontalmente il potere per scatenare la sua collera.
Per questa istituzione diretta da Lev Dodin, 78 anni, maestro del teatro russo dalla statura internazionale, la sentenza è ancora in sospeso: le porte del teatro sono state sigillate fino al 12 maggio, prima di un probabile prolungamento della chiusura per tre mesi. Il pretesto utilizzato è una violazione delle norme sanitarie, un’arma impugnata da diversi anni dal potere russo contro quelli che considera come i suoi nemici. Il Maly (“piccolo” in russo) Teatr paga allo stesso tempo una certa libertà di tono e la presenza nella programmazione dell’attore vedette Danila Kozlovskij. Quest’ultimo è stato il bersaglio di diverse denunce per “discredito dell’esercito” e due pièce con la sua partecipazione sono state rimosse dal programma in questi ultimi giorni. Lev Dodin, invece, aveva firmato lo scorso 28 febbraio 2022 una lettera aperta che chiedeva lo stop della guerra contro l’Ucraina. Il suo teatro non affrontava direttamente il tema, ma il lavoro che porta avanti da quarant’anni sulla storia della Russia lo metteva nel mirino. Lev Dodin ha firmato degli spettacoli emblematici della perestroika, come “Fratelli e sorelle” o “Gaudeamus”, satira sull’assurdità della vita dei giovani coscritti dell’esercito russo, ma anche una messa in scena memorabile di “Vita e destino” di Vasilij Grossman.
(Traduzione di Mauro Zanon)
Il Foglio internazionale