Un foglio internazionale
“Contro l'escalation del terrore degli imperi autoritari, la risposta sia militare e morale”
Colpendo la diga di Kakhovka e devastando una parte del territorio ucraino che sostiene di controllare, la Russia oltrepassa un nuovo limite. Scrive il Figaro (18/6)
L’esplosione della diga di Kakhovka sul fiume Dnepr, lo scorso 5 giugno, segna una nuova svolta nella guerra in Ucraina” scrive Nicholas Baverez. “Tutto lascia pensare che la Russia, che controllava la struttura, sia responsabile della sua distruzione. Colpendo un’infrastruttura essenziale e devastando una parte significativa del territorio ucraino che sostiene di controllare, la Russia oltrepassa un nuovo limite nell’utilizzo della violenza, ma riflette anche i suoi dubbi sulla propria capacità di contrastare l’offensiva di Kyiv. Nella guerra in Ucraina, è meno che mai il momento della diplomazia e più che mai il momento dell’escalation militare.
Escalation operativa con la distruzione della diga di Kakhovka, in risposta alle incursioni della legione russa nella regione di Belgorod e ai raid di droni su Mosca. Escalation tecnologica con la consegna di blindati moderni, di missili a lunga gittata Storm Shadow e di aerei F-16 all’Ucraina, mentre la Russia moltiplica gli acquisti di armamenti dall’Iran, in particolare 2.400 droni Shahed, dalla Corea del Nord e dal Sudafrica. Escalation geografica con l’annessione da parte della Russia della Bielorussia, dove vengo mandate armi nucleare tattiche. La guerra in Ucraina si afferma dunque come il laboratorio dei conflitti del Ventunesimo secolo, così come la guerra di Spagna servì da banco di prova alla Seconda guerra mondiale. La guerra diventa un regime permanente. Si inserisce in un tempo lungo e deborda dal quadro in cui gli occidentali hanno tentato di mantenerla. L’attrito non riguarda soltanto gli eserciti coinvolti, ma anche la resilienza comparata della popolazione russa dinanzi alle sanzioni da una parte e dei cittadini delle democrazie di fronte agli choc a catena dall’altra. Gli Stati Uniti e l’Europa devono trarre i dovuti insegnamenti da questa nuova situazione. L’esito della guerra in Ucraina avrà un ruolo determinante per il destino della democrazia nel Ventunesimo secolo. Contrariamente all’Afghanistan, alla Siria, all’Iraq o al Sahel, questa guerra non può essere persa.
L’aggressione russa deve essere respinta e sanzionata, salvo a mettere in grandissimo pericolo la sovranità e la libertà dell’Europa. Ma le speranze riposte in un successo rapido e decisivo dell’Ucraina sono forse eccessive, così come la capacità di resistenza dell’esercito e della società russi sono sottovalutate. Dobbiamo prepararci a un conflitto molto lungo e difficile. Sotto l’escalation della guerra in Ucraina spunta l’accelerazione dello scontro tra democrazie e imperi autoritari, come dimostrato dalla moltiplicazione degli incidenti marittimi e aerei nel mare di Cina, e la crescita delle tensioni attorno a Taiwan. La violenza si affranca da qualsiasi limite e la guerra avanza in tutti i continenti. La globalizzazione si frammenta in blocchi commerciali, normativi, finanziari e monetari. In questo scontro globale, è di vitale importanza costruire una nuova alleanza tra le democrazie dell’America del nord, dell’Europa e dell’Asia, ma anche vegliare a non perdere il sud, che si allinea sempre di più agli imperi autoritari per odio dell’occidente e del passato coloniale. In questa prospettiva, conviene non lasciare che la Cina si arroghi il monopolio della pace e proporre un piano delle democrazie per la risoluzione del conflitto, che si basi sulla sovranità dell’Ucraina, sul ritiro delle truppe russe, sulla garanzia e la sicurezza in Europa.
La priorità degli Stati Uniti e dell’Europa resta quella di garantire un sostegno all’Ucraina di lunga durata. Ecco il perché dell’accelerazione del riarmo dell’Europa e del ripotenziamento dell’industria bellica. Della risposta alla guerra ibrida che la Russia conduce contro l’Unione assicurando la propria sovranità energetica, agricola e industriale, rafforzando la protezione delle infrastrutture essenziali, lottando contro la disinformazione, rispondendo ai cyberattacchi, riprendendo il controllo delle frontiere esterne. Ecco il perché, soprattutto, dell’integrazione politica dell’Ucraina tra le democrazie, senza per questo alimentare l’escalation militare con la Russia. Fintanto che durerà il conflitto, l’Ucraina non potrà aderire alla Nato. In compenso, è importante far avanzare rapidamente la candidatura di Kyiv all’Ocse e all’Unione europea, per ancorarla ai valori e alle istituzioni della democrazia, dello stato di diritto e dell’economia di mercato. Dinanzi all’escalation della violenza e del terrore degli imperi autoritari, la risposta non deve essere solo militare ma anche politica e morale.
(Traduzione di Mauro Zanon)
Il Foglio internazionale