un foglio internazionale
Odessa testimone di una storia tormentata: quella dei veterani ucraini a Kabul
Anche in altre città alcuni monumenti continuano a commemorare i militari uccisi in occasione dell’invasione sovietica dell’Afghanistan. L'articolo del Monde
A gennaio, l’Unesco ha deciso di iscrivere il centro storico di Odessa al patrimonio mondiale dell’umanità – scrive Jean-Pierre Filiu, professore di storia del Medio oriente a Sciences Po Parigi –. La sua direttrice generale, Audrey Azoulay, si è anche recata sul posto, in aprile, per sottolineare la determinazione della sua organizzazione. Una targa commemora tale impegno davanti al museo archeologico di Odessa, non lontano dai due celebri siti della città che sono il Teatro nazionale accademico dell’opera e del balletto e la scalinata Potemkin. L’organizzazione onusiana ha “condannato con fermezza” i bombardamenti russi di questi ultimi giorni che hanno colpito il centro di Odessa. I musei hanno rimesso le loro collezioni in sicurezza, e quelli che non sono chiusi si accontentano di mostre temporanee (il Museo delle arti occidentali e orientali presenta “Vintage”, una selezione di affiche francesi che risalgono al periodo 1960-1980). Il duca di Richelieu, che fu il primo governatore di Odessa dal 1803 al 1814, prima di diventare presidente del Consiglio sotto la Seconda Restaurazione in Francia, ha la sua statua protetta da dei sacchi di sabbia. Ma basta allontanarsi verso la strada panoramica a picco sul mar Nero per vedere delle statue non protette. Una di queste celebra i 200 militari di Odessa caduti dal 1979 al 1989, in occasione dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan. Questo “Monumento ai compagni soldati morti durante la guerra in Afghanistan” è una statua gigante di un combattente stremato, con la schiena piegata, il kalashnikov appoggiato a terra, e il cannone rivolto verso di lui. Alla sua sinistra, le date “1979-1989”.
L’Armata russa, alla fine del 1979, aveva invaso l’Afghanistan dove la “Repubblica democratica” insediata da Mosca a Kabul stava per crollare a causa dei dissidi tra i comunisti locali. Ma l’invasione sovietica ha provocato la moltiplicazione dei focolai di insurrezione islamista, repressi con una violenza inaudita e lontano dagli occhi del mondo. Su una quindicina di milioni di afghani, tre milioni si rifugiarono in Pakistan e altri due milioni in Iran. Nessuna delle tragedie che ha vissuto da allora questo sfortunato paese può essere paragonata alla devastazione di quei dieci anni di occupazione. I civili sono morti a centinaia di migliaia, a fronte di 15 mila militari sovietici e 90 mila combattenti afghani uccisi. Eppure il Cremlino dovette riconoscere la sua sconfitta, con la ritirata dell’ultimo soldato dell’Armata rossa il 15 febbraio 1989. Il 15 febbraio commemora da allora, nell’Ucraina indipendente, i veterani d’Afghanistan. Sono 150 mila gli ucraini ad aver combattuto laggiù per più di tremila uccisi. Questi “afghani” (afhantsi-s), come vengono designati familiarmente, sono organizzati in un’unione nazionale, con centinaia di sezioni locali. Per molto tempo, hanno aspirato a trasmettere “la fiamma dell’eroismo” della generazione della “Grande Guerra patriottica” a quella dell’indipendenza. Ma un nuovo discorso emerge progressivamente, denunciando una guerra imposta dall’“imperialismo russo”, sullo sfondo dell’esaltazione del “cameratismo del fronte”, opposto alla corruzione dei dirigenti civili e militari dell’Urss. In occasione della rivolta democratica del novembre 2013, gli “afghani” intervengono, con la bandiera della loro unione spiegata, per protestare contro la repressione delle manifestazioni studentesche. Nel febbraio 2012, sono un migliaio ad accamparsi a Maidan, nel centro di Kyiv, garantendo una parte della protezione dei ribelli, fino alla fuga del presidente pro russo. Vladimir Putin si vendica della rivoluzione ucraina occupando e in seguito annettendo la Crimea, prima di scatenare il conflitto del Donbas. I veterani d’Afghanistan, benché sulla quarantina, se non addirittura sulla cinquantina, sono numerosi a offrirsi volontari, con l’obiettivo di apportare il loro bagaglio militare a un esercito ampiamente inesperto. Sono un migliaio a unirsi, tra gli altri, al battaglione Aidar della difesa territoriale, con 74 uccisi dal novembre 2014. Fra i morti durante i combattimenti, Oleh Mikhniuk, vice presidente dell’unione degli “afghani” per l’Ucraina e loro capo a Maidan, e Mykola Lychak, responsabile dei veterani per la città di Irpin’. La rottura è totale con i veterani russi, spesso in prima linea nella mobilitazione in favore dei “fratelli” del Donbas. Delle associazioni pro russe di veterani d’Afghanistan non tardano tra l’altro a essere installate nelle repubbliche separatiste. Non c’è solo Odessa, in tutta l’Ucraina i veterani d’Afghanistan hanno il loro monumento. A Kyiv, è di fronte al monastero delle grotte, uno dei luoghi più sacri dell’ortodossia locale. A Dnipro, si slancia verso il cielo sulle rive del fiume.
(Traduzione di Mauro Zanon)
Il Foglio internazionale