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Una Nato per l'estremo oriente. Quanto vale l'avvicinamento tra Tokyo e Seul
Washington si appoggia sul Giappone e la Corea del sud per contrastare le ambizioni della Cina di Xi Jinping. L'articolo del Point
Ogni lunedì, nel Foglio c'è Un Foglio Internazionale, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere. Un inserto a cura di Giulio Meotti
L’alleanza pro occidentale tra il Giappone e la Corea del Sud che sta emergendo sotto la guida dell’America ridistribuisce le carte strategiche in un mondo destabilizzato dalla guerra in Ucraina – scrive Luc de Barochez, editorialista del Point e responsabile delle pagine di Esteri del settimanale parigino. Così come in Europa l’aggressione del presidente russo Vladimir Putin ai danni del suo vicino ha resuscitato la Nato, in Asia le provocazioni della Cina e del suo protetto nordcoreano hanno gettato giapponesi e sudcoreani gli uni tra le braccia degli altri. Conoscendo la grande ostilità reciproca che da decenni perturba le relazioni tra questi due grandi alleati degli Stati Uniti, ci si rende conto dell’impresa realizzata da Joe Biden, che lo scorso 18 agosto ha riunito a Camp David il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol e il primo ministro giapponese Fumio Kishida.
Nulla di simile si era verificato durante tutta la Guerra fredda. Ciò che i coreani non perdonano ancora ai giapponesi è la brutalità dell’occupazione della loro penisola tra il 1910 e il 1945. Fu imposta loro una politica di assimilazione forzata e migliaia di coreane furono costrette a fare da schiave sessuali nei bordelli militari giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. Il Giappone, indubbiamente, è ben lungi dall’aver seguito una politica di riconciliazione generosa come ha saputo fare la Germania in Europa dopo la sconfitta del nazismo. Resta troppo spesso ambiguo nei confronti del suo passato imperialista. Il pragmatismo del presidente Yoon e il suo coraggio nel superare l’amaro retaggio della Storia sono esemplari. L’avvicinamento tra Tokyo e Seul è la conseguenza di tre grandi scosse politiche. La prima è la moltiplicazione degli atti bellicosi e nucleari di Kim Jong-un, il dittatore di Pyongyang.
La seconda è il tacito sostegno apportato dalla Cina a Vladimir Putin nella sua avventura ucraina. Il terzo e più importante è la politica ostile portata avanti dal numero uno cinese Xi Jinping verso i suoi vicini: minacce e intimidazioni incessanti contro Taiwan, manovre militari congiunte con la marina russa nell’immediata prossimità delle acque giapponesi, occupazione e militarizzazione di isolotti inabitati nel mare della Cina meridionale, sanzioni decretate contro la Corea del sud dopo che quest’ultima ha dispiegato sul suo suolo dei missili antibalistici americani… A Camp David, americani, giapponesi e sudcoreani hanno gettato le basi di un’alleanza sul lungo periodo. Hanno deciso di tenere un vertice annuale; di intensificare il loro lavoro comune nella difesa balistica; di creare una linea di comunicazione d’emergenza tra i tre esecutivi; di mettere in pratica un programma pluriennale di manovre militari congiunte. Hanno sottolineato la loro opposizione ai “tentativi unilaterali di modificare lo status quo nelle acque dell’indo-pacifico” e invocato la “stabilità nello stretto di Taiwan”. Anche se la Cina non è stata nominata nel comunicato congiunto, il destinatario del messaggio si trova proprio a Zhongnanhai, il complesso di edifici che ospita l’alta dirigenza del Partito comunista a Pechino.
L’aggressività della politica di Xi Jinping da quando ha preso il potere nel 2013 ha fatto di più per spingere i suoi vicini a serrare i ranghi sotto l’ombrello degli americani rispetto a tutto ciò che questi ultimi avrebbero potuto immaginare. Anche il Vietnam, paese comunista che ha perso almeno 1,5 milioni di persone durante la guerra che ha incendiato il suo territorio dal 1955 al 1975, e l’India, gigante che tiene molto al suo non allineamento, cercano oggi di costruire dei ponti con gli Stati Uniti. L’amministrazione Biden ha saputo sfruttare con abilità questo stravolgimento geopolitico su diversi fronti in questi ultimi anni: la rivitalizzazione del Quad, il forum securitario che riunisce l’America, l’India, il Giappone e l’Australia; il lancio dell’Aukus, l’alleanza con il Regno Unito e l’Australia che ha affievolito in maniera considerevole le ambizioni francesi nell’indo-pacifico; rafforzamento della presenza militare americana nelle Filippine; e oggi abbozzo di un’alleanza trilaterale con Tokyo e Seul.
Questa alleanza resta fragile e sottomessa alle incertezze della politica interna dei tre paesi che vi fanno parte. Ciò non toglie che essa sia portatrice di una lezione importante per l’Europa: nonostante la guerra in Ucraina, la priorità della politica estera degli Stati Uniti continua a essere la questione cinese. Gli europei farebbero bene a ricordarsene in un momento in cui tutto lascia pensare che il conflitto in Ucraina rischia purtroppo di protrarsi. Verrà un giorno in cui gli europei dovranno contare sulle proprie forze per garantire la loro sicurezza.
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