Il Foglio internazionale
Il vicolo cieco dell'Europa sui migranti
“Le grandi ondate migratorie devono ancora iniziare” dice Sarkozy. E il Regolamento di Dublino si è rivelato impraticabile anno dopo anno
Quando centinaia di migranti africani sono fuggiti dal centro di trasferimento di Porto Empedocle lo scorso fine settimana e hanno iniziato a vagare per le panetterie e i negozi della città chiedendo cibo, il sindaco si è rivolto ai social media. ‘Ci sono 2.000 migranti stipati in una struttura destinata a 250 persone’, ha detto alla gente del posto terrorizzata. I ripetuti tentativi di fuga erano inevitabili”. Si apre così la storia di copertina dello Spectator a firma di Christopher Caldwell, già autore per Garzanti dell’“Ultima rivoluzione dell’Europa”.
“Nell’isola di Lampedusa erano arrivati 11.000 migranti nel giro di cinque giorni”, scrive Caldwell. “C’erano 6.000 migranti in una struttura destinata a 600 persone. Gli africani subsahariani combattevano con i nordafricani. ‘Procurarsi il cibo è un problema’, ha detto un migrante a un giornalista. ‘Se non combatti, non hai cibo’. I trasporti pubblici erano fermi mentre le autorità requisivano gli autobus per spostare i migranti. La gente del posto – e un numero crescente di politici italiani – definisce quella che sta accadendo come un’invasione. Gli arrivi di migranti sono raddoppiati quest’anno arrivando a 130.000 e l’enormità della crisi sta per scuotere la politica europea nel profondo”. Per quanto schiacciante possa sembrare ora la situazione, “è solo un mero assaggio dei problemi che ci attendono” scrive Caldwell. “La popolazione europea sta diminuendo, e velocemente. Nei paesi in cui la maternità è fuori moda da molto tempo – tra cui l’Italia – ogni generazione nativa è solo due terzi più grande della precedente. Poiché l’Europa è ricca e pacifica, i migranti si precipiterebbero in ogni caso a riempire il vuoto, ma l’Africa, soprattutto a sud del Sahara, sta crescendo a un ritmo mai visto in nessun continente. L’Africa sub-sahariana ha superato la soglia del miliardo di abitanti nel 2015 ed è destinata a raddoppiare, raggiungendo i 2,12 miliardi entro il 2050. A quel punto la popolazione sarà dieci volte quella del 1950. La politica italiana appare già diversa rispetto a una settimana fa. Giorgia Meloni è entrata in carica promettendo una linea dura sull’immigrazione. Ma ha abbandonato la politica che l’ha portata al potere, governando come una moderata filo-Ue, anche sulle questioni relative all’immigrazione. Ospite della Meloni a Lampedusa nel fine settimana è stata la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Le due sollecitano una ‘razionalizzazione’. Prevedono una migliore cooperazione con la Tunisia e una distribuzione più efficiente dei richiedenti asilo in tutti i 27 paesi dell’Unione Europea. Ma gli elettori italiani si preoccupano meno del fatto che i trafficanti mentano ai migranti piuttosto che del fatto che li portino con sé. Gli elettori non vogliono percorsi legali e corridoi umanitari”.
Il problema con von der Leyen è che l’approccio burocratico ordinato non è logico, scrive ancora Caldwell. “Ci sono solo due modi in cui Bruxelles può aiutare un paese nella posizione dell’Italia. Il primo è fornire le risorse per bloccare il traffico dei migranti prima che raggiunga l’Italia. Ma l’Ue non è fatta per questo: non ha una propria marina. Le decisioni su tali questioni esterne richiedono un voto unanime nel Consiglio europeo e i migranti in transito vengono portati al porto più vicino, che spesso è italiano. Un secondo modo è quello di garantire un’equa distribuzione dei migranti che arrivano sulle coste italiane. Ma ci sono una mezza dozzina di paesi europei – Austria, Danimarca, Ungheria, Lettonia, Polonia e Slovacchia – che escludono di accogliere migranti. L’Italia stessa è stata poco entusiasta di offrire tale solidarietà. Gran parte del problema ruota attorno a una questione di vecchia data, il ‘Regolamento di Dublino’ dell’Ue, che si è rivelato impraticabile anno dopo anno. Per evitare che i migranti convergano verso la Germania, la Scandinavia e altri stati, la responsabilità di nutrirli e alloggiarli dovrebbe ricadere sul paese in cui arrivano per la prima volta. Ma questo non fa altro che dare carta bianca ai paesi del nord.
A novembre, l’Italia ha rifiutato di concedere i diritti di sbarco a una nave chiamata ‘Ocean Viking’. I 230 migranti a bordo sbarcarono a Tolone e scomparvero, tra la furia di una certa parte dell’opinione pubblica francese. Ecco perché Éric Ciotti, uno dei Républicains, dice: ‘Se la Francia abbraccia la logica della condivisione dei migranti si apre la porta ad arrivi ancora più massicci’. Sembra che tutti la pensino così. La crisi siriana del 2015 è scoppiata in una regione, il medio oriente, dove la crescita della popolazione aveva da tempo superato il suo picco. L’Africa, demograficamente parlando, è un pozzo senza fondo. Di conseguenza, il potenziale di una perturbazione radicale è più elevato. Quindi l’Austria ha rafforzato la sorveglianza del confine con l’Italia. La Germania, che riceve molti più migranti rispetto ad altri stati, ha ritirato un accordo per accettare migranti dall’Italia: 400.000 nuovi arrivati avranno presentato domanda di asilo politico entro la fine di quest’anno, e la pazienza con la migrazione si sta esaurendo. Alternative für Deutschland, il partito della destra radicale che ha iniziato a concentrarsi sulle questioni relative all’immigrazione nel 2015, ha superato il 20 per cento nei sondaggi a livello nazionale. Il ministro-presidente bavarese Markus Söder ha chiesto un ‘limite di integrazione’ di 200.000.
Ciò che sta accadendo ora a Lampedusa è un problema di civiltà più che di congiuntura. E’ legato alle priorità mal riposte dell’Occidente e alle valutazioni distorte delle minacce. Lampedusa era una frontiera imperiale, un luogo dove il mondo libero e il Terzo mondo erano in comunicazione. Era una risorsa per il mondo libero; ora questo è meno certo. Vista dai posteri, l’invasione della Libia lanciata da Barack Obama, Nicholas Sarkozy e David Cameron nel 2011, che ha aperto un corridoio per il traffico su larga scala di migranti, probabilmente verrà considerata come una minaccia più grande al ‘modo europeo di vivere’ rispetto all’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin lo scorso anno. Nel lungo momento in cui il ruggito si attenua, la politica europea sull’immigrazione determinerà la politica della prossima generazione. Ci saranno quelli che temono che ci sia poca difesa contro l’imminente ondata di immigrati. Ci sarà chi proporrà (come il compianto romanziere Jean Raspail, autore de ‘Il campo dei santi’) che li combattiamo sulle spiagge. Come ha affermato il mese scorso l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, ‘la crisi migratoria non è nemmeno iniziata’”.
(Traduzione di Giulio Meotti)
Il Foglio internazionale