Un Foglio internazionale
Tra l'Armenia e la Francia un'amicizia speciale che va avanti da secoli
Religione, cultura, commercio: il primo stato cristiano del mondo e Parigi hanno stretto legami profondi sin dal Medioevo. L'articolo del Figaro
L’epurazione etnica di cui sono vittime gli armeni nel Nagorno-Karabakh, dopo la sua conquista da parte dell’Azerbaijan, che non ha intenzione di fermarsi, commuove i francesi, ma non il loro governo. Così come li preoccupa la grave minaccia che pesa su Erevan, la sua integralità territoriale e la sua sicurezza. Perché i legami tra l’Armenia e la Francia sono secolari e profondi – scrive Guillaume Perrault sul Figaro.
L’Armenia, paese dalle frontiere mutevoli a seconda dei secoli e degli invasori, per molto tempo, è persino sparita dalla mappa geografica. Il suo popolo è stato disseminato in diversi feudi storici. La loro identità si è forgiata attorno a una religione (è il primo stato convertito al cristianesimo, nel 313, secondo gli storici contemporanei), a una chiesa nazionale indipendente e a una lingua (l’alfabeto armeno è stato inventato da un monaco, Mesrop Mashtots, nel 400). Creato per tradurre la Bibbia (fino ad allora scritta in greco e in aramaico, e accessibile solo al clero) e insegnare la fede al popolo, l’alfabeto armeno favorisce lo sviluppo di una letteratura, essenzialmente religiosa (…).
Il mondo armeno ha stretto molto presto dei rapporti con l’Impero bizantino. In seguito, il regno armeno di Cilicia (nel sud-est dell’attuale Turchia) ha siglato un’alleanza con i regni franchi insediati in orienti a partire dalla prima crociata (1099), concretizzata attraverso matrimoni tra principesse armene e sovrani del regno latino di Gerusalemme. Le prime relazioni del mondo armeno con i sovrani capetingi si creano in quest’occasione. Un secolo dopo la fine delle crociate, l’ultimo re armeno di Cilicia, Leone di Lusignano, proveniente da una famiglia di nobili poitevini, viene sconfitto dai mamelucchi nel 1375. Riacquista la sua libertà e raggiunge la Francia. Pensionato da Carlo VI, muore a Parigi nel 1392. L’ultimo sovrano del regno armeno di Cilicia è l’unico re straniero sepolto a Saint-Denis accanto ai re di Francia. I chierici e gli eruditi francesi del Medioevo, dal canto loro, hanno familiarità con i manoscritti armeni, all’epoca molti prestigiosi, che circolano nella cristianità (…). Poi, durante il Rinascimento, generazioni di umanisti francesi (l’orientalista Guillaume Postel, sostenuto dalla sorella di Francesco I, Margherita di Navarra, nel 1538; il diplomatico, cabalista e astrologo Blaise de Vigenère, fedelissimo di Enrico III, nel 1586) inseriscono dei testi xilografici in caratteri armeni nei loro libri scritti in latino e destinati agli intellettuali d’Europa. François Pétis de La Croix (1653-1713) è il primo erudito francese a consacrarsi allo studio della lingua armena. Lancia un movimento che, un secolo dopo, nel 1810, condurrà alla creazione di una cattedra di armeno all’École des langues orientales. Ma Colbert attira anche i mercanti armeni a Montpellier e a Parigi. Il caffè, indissociabile da una nuova sociabilità, si diffonde per loro iniziativa nel regno. Nel 1672, un armeno di Costantinopoli, Pascal Haroukian, trasforma una bottega della fiera di Saint-Germain in un negozio di caffè, e propone ai consumatori tabacco e pipe. Il siciliano Francesco Procopio, futuro fondatore del Procope nel 1686, impara il mestiere da Haroukian. Il gusto del pubblico francese per ciò che proviene dal mondo armeno cresce ancora nel Diciottesimo secolo (…). Nel corso del Diciannovesimo secolo, il prestigio culturale della Francia è al suo apogeo. Numerosi figli della borghesia armena dell’Impero ottomano vengono a studiare diritto o medicina a Parigi (…).
A Costantinopoli, spiega il deputato cattolico Denys Cochin, “qualcuno ha trovato una soluzione, e non solo l’ha trovata, ma ha cominciato a metterla in pratica: risolvere la questione armena cancellando gli armeni”. In occasione di questa lunga battaglia politica per attaccare il governo, gli oratori cattolici ricevono il sostegno prezioso di Jean Jaurès. Il 3 novembre 1896, il leader socialista denuncia “una guerra di sterminio” condotta contro gli armeni per il sultano. Accusa i suoi agenti di acquistare il silenzio di alcuni giornali a Parigi e rimprovera alle autorità francesi di aver fatto di tutto per nascondere questo affare di stato, a differenza dei loro omologhi britannici. La sua eloquenza lascia il segno nell’opinione pubblica. In Francia, tra il 1894 e il 1897, nasce così un vero “partito armeno” (…).
Il 29 gennaio 2001, nonostante le proteste di Ankara, il Parlamento francese adotta la proposta di legge che proclama che “la Francia riconosce pubblicamente il genocidio armeno del 1915” (…). Oggi, mentre è in corso un’epurazione etnica nel Nagorno-Karabakh, dopo la sua conquista militare da parte dell’Azerbaijan di Aliyev, l’Armenia sembra ancora una volta abbandonata dagli stati occidentali. (…). Il capo dello stato francese, è vero, è l’unico dirigente ad aver alzato la voce in occasione della precedente aggressione militare dell’Azerbaijan nel 2020. Ma è ancora troppo poco.
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