Il Foglio internazionale

La causa palestinese, così talebanizzata, scivola verso il senso sbagliato della Storia

L’offensiva sanguinosa di Hamas, per lo scrittore algerino Kamel Daoud,  è la conferma di un odioso messianismo antiebraico. Scrive il Point

Ieri come oggi: il palestinese è utile agli iraniani, a Hezbollah, agli egiziani, agli algerini, a Hamas islamista, e raramente a sé stesso – scrive sul Point  Kamel Daoud, premio Goncourt 2015. Nel mondo arabo – continua lo scrittore e giornalista algerino – in pochi si interrogano sulla tempistica e sull’identità del mecenate beneficiario degli attacchi di Hamas contro Israele. Ciò che importa è credere e far credere a una vittoria. La causa palestinese? E’ una storia collettiva di eroismo arabo dove, alla fine, solo i palestinesi e gli ebrei vengono uccisi. Del resto, cosa resta oggi della “causa palestinese” che culla le gioventù del mondo detto arabo da quasi un secolo? Gli islamisti di Hamas, gli eserciti immaginari di liberatori mediatici della Palestina spesso ben insediati in un paese arabo, preferibilmente una monarchia del Golfo, la giudeofobia insegnata fin dall’infanzia e la disumanità proclamata come risposta sacra, e, infine, i reggimenti di intellettuali “arabi” per i quali “liberare la Palestina” significa processare l’occidente e aspettarsi da quest’ultimo ciò che non esigono da loro stessi. Ecco il bilancio di una lunga guerra che oggi perde la sua umanità. Per tutte queste ragioni, le immagini dei raid delle brigate di Hamas in Israele non sono una vittoria, come urlato ovunque nel mondo “arabo”, ma una clamorosa sconfitta. I video che mostrano civili legati, donne sequestrate, bambini imprigionati, anziani trascinati come trofei di guerra, vengono ormai salutati, nella “piazza araba”, non come un episodio di decolonizzazione, ma come la conferma di un messianismo antiebraico nato più di mille anni fa. Da quasi una settimana, un brivido violento attraversa gli “influencer” dell’islamismo armato o nell’opinione, i fedeli che l’esaltazione salva dalla noia del loro paese, i caffè dove vengono trasmessi a ripetizione questi bottini mediatici. Il discorso vuole essere decoloniale, ma sembra soprattutto di essere arrivati alla fine, tanto ricercata, del mondo: quella in cui l’ebreo sarà sconfitto, e l’occidente con lui, affinché domini il “regno di Dio” versione minareto. Dai regimi “arabi” – che trovano in quanto accaduto l’occasione per cantare vittoria e far dimenticare gli eclatanti fallimenti a livello locale – ai cittadini e agli intellettuali disorientati dai tempi delle indipendenze – e che pensano di rivivere l’epopea sulla schiena piegata del palestinese – tutti hanno gridato al trionfo. Eppure, è la più terribile delle sconfitte quella che stiamo vivendo con le immagini di Hamas.


 Ecco, in realtà, la “causa palestinese” definitivamente islamizzata, confessionalizzata, diventata una speranza demente di fine del mondo piuttosto che un desiderio di avere un paese vivibile accanto al paese dell’altro. Eccola questa “causa”, trasformata, altrove, in uno strumento per nascondere i fallimenti autoctoni nei paesi detti arabi. Eccola ornata di barbarie legittima in nome della legge del taglione, eccola disumanizzata con la scusa della vendetta. Perché è una sconfitta attraverso la disumanità. Quale disumanità dunque? Quella che ci si autorizza in nome della “causa”, in nome della “fine”. E la “causa” perde improvvisamente in termini di immagini, di simpatia internazionale, di senso, di fondatezza, quando si presenta sotto questa forma di barbarie mediatica che preferisce il ratto di una donna alla vittoria contro un esercito nemico. Una causa disumana perché rafforza oggi una legge delle opinioni islamizzate: si è sensibili, accessibili, solo con i musulmani. Ecco una credenza divenuta il taglione della sola umanità tollerata, la sola specie dotata di un’anima agli occhi dei suoi adepti. Gli altri, che siano ebrei, occidentali o cinesi sono degli “empi” che è legittimo uccidere, stuprare, catturare (…).
 La causa palestinese è appena stata talebanizzata. Era sacra, ora, invece, scivola verso il senso sbagliato della Storia. La “causa” si perde, è persa, quantomeno dal punto di vista dell’umanità. Ciò che aveva rappresentato un dossier di decolonizzazione appare attualmente come una questione di messianismo religioso, di fabbricazione della fine del mondo per trovare sollievo dal dovere di vivere, di esclusione dell’umanità (è umano colui che è palestinese, musulmano, non gli altri), di giudeofobia grossolana e odiosa. La scuola, la miseria culturale, l’autoghettizzazione, l’islamismo che ha il monopolio della libertà d’espressione nei paesi arabi: le sconfitte hanno fabbricato un’opinione monolitica dannosa, sterile, che non permetterà mai la pace, la liberazione, la vittoria, ma esclusivamente la fuga in avanti, il delirio, la vendetta e la teoria del complotto.

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